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25 giugno 2017 7 25 /06 /giugno /2017 05:00

Presentazione delle lettere di Anton Pannekoek

 

Maximilien Rubel

Lettere di Pannekoek

 

Avvertenza

Le lettere ed estratti di lettere che pubblichiamo provengono da una corrispondenza che abbiamo avuto con Anton Pannekoek (1873-1960) negli anni 1951-1955, in lingua tedesca. Il lettore indovinerà facilmente il contenuto delle nostre lettere dalle risposte e critiche formulate dal pensatore olandese. Così ci siamo limitati a citare i passaggi delle nostre lettere fatte oggetto di osservazioni del nostro corrispondente. Ci è sembrato tanto più importante cedere la parola all'autore di I Consigli operai in quanto così gli viene offerta l'occasione di completare e precisare le sue concezioni "marxiste" a proposito delle questioni fondamentali del movimento operaio nei suoi aspetti eziologici e la sua finalità emancipatrice. Ci riproponiamo di fornire ulteriormente sotto forma di un libricino più ampiamente documentato, un'edizione integrale di questa corrispondenza. Il lettore francese che conosce il tedesco dovrà accontentarsi nell'intervallo delle spiegazioni in francese di cui facciamo precedere ogni lettera o estratto di lettere Abbiamo rispettato il testo originale delle lettere, tranne correggere alcuni errori grammaticali (regime dei verbi) e la punteggiatura in alcuni luoghi insufficiente; inoltre, abbiamo trascritto per intero le abbreviazioni utilizzate dall'autore.

Riteniamo utile completare quest'Avvertenza, citando qualche estratto della Presentazione che abbiamo posto in testa alla traduzione del testo tratto da I Consigli operai, pubblicato nel libro Conseils ouvriers et Utopie socialiste (Cahiers du Centre d'Etudes Socialistes, Paris, maggio-giugno 1969). Riassumendo la prima parte del libro di Pannekoek, scrivevamo: "La Seconda guerra mondiale avendo lasciato l'Europa in stato di devastazione e di miseria, incombe agli operai del mondo intero prendere in mano il proprio destino e la sorte dell'economia mondiale per liberarsi da se stessi e liberare il mondo dal modo di produzione capitalista. Essi devono dapprima prendere coscienza della loro condizione e della vera natura dell'organizzazione capitalista allo scopo di diventare i padroni della produzione, perché sono le principali vittime del sistema capitalista. I rapporti sociali devono subire un cambiamento totale e profondo. Cosciente delle contraddizioni del capitalismo, la classe operaia ha acquisito un nuovo senso del diritto e della giustizia. Essa aspira a un ordine sociale fondato sulla proprietà comune dei mezzi di produzione. Questo sistema di produzione sorgerà dalla lotta di classe e non dalla testa e dalla volontà di una nuova elite dirigente. Gli operai avranno cominciato l'organizzazione della produzione sul luogo stesso del loro lavoro, nelle officine, le fabbriche, in uno spirito di cooperazione e con la volontà di coordinare i compiti da compiere, secondo le regole d'amministrazione e di ripartizione stabiliti in comune. Ma gli operai devono capire innanzitutto che il capitalismo li opprime non soltanto economicamente ma anche e soprattutto intellettualmente. Il loro primo compito è dunque di vincere il capitalismo teoricamente prima di sconfiggerlo materialmente. Essi devono anche respingere il socialismo di Stato, fondato sulla proprietà pubblica dei mezzi di produzione e sul principio della direzione autoritaria e gerarchica. La trasformazione della società sarà essenzialmente la trasformazione delle masse operaie nell'azione, la rivolta, l'auto-emancipazione. Si può pensare che Pannekoek non fa che imitare i grandi utopisti, tracciando un ritratto così idealizzato della classe operaia. Ma ciò significa dimenticare la differenza essenziale che separa questo ritratto dal Lavoratore futuro, dal quadro della città futura. Perché per Pannekoek il primo è la condizione della seconda. Se il lavoratore non cambia mentalità, la società resterà una società di sfruttamento e di oppressione. Naturalmente, l'autore non esprime delle ipotesi, ma delle convinzioni, addirittura delle certezze. Astronomo e antropologo, ha fede nell'uomo e nelle sue possibilità evolutive. E' grazie a questa fede che ha potuto scrivere I Consigli operai in piena guerra, mentre le classi operaie dei paesi industrializzati erano intente a librarsi in uno dei più grandi massacri della storia. Ci si accorge di colpo che il "socialista scientifico" Pannekoek era innanzitutto  l'uomo di una fede per cui la scienza non era che un mezzo per costruire delle ragioni di credere e di esperire. Per completare queste osservazioni aggiungeremo degli estratti di una lettera che Pannekoek rivolse a un amico francese (M. R.) nel 1952.

"E' una buona idea voler discutere, in un circolo Zimmerwald, della situazione e della tattica del socialismo (...). Il nome (di questo circolo) traccia la prospettiva di fronte alla molteplicità delle organizzazioni che, durante la Prima guerra mondiale, in Europa, hanno seguito i governi capitalisti e hanno così impedito ogni lotta operaia (union sacrée), un piccolo numero di persone si sono riunite per proclamare la loro opposizione e chiamare di nuovo alla lotta.

Oggi, si tratta di piccoli gruppi di fronte alla massa dei socialisti e dei sindacalisti governativi (...). Certo, non può ancora trattarsi di altra cosa che di discutere nuove forme di lotta e di organizzazione. Oppure ancora non di questo: tutto ciò di cui si può discutere, sono dei punti di vista generali, della teoria dello sviluppo mondiale e della lotta di classe. Ora, voi ponete una serie di domande a proposito della teoria dei consigli; vi vedete delle contraddizioni, delle difficoltà, delle impossibilità, e desiderate più chiarimenti, dei dettagli che non trovate nel libro I consigli operai. Ma non dovete dimenticare che impiegando il termine "consiglio operaio", non proponiamo soluzioni, ma poniamo dei problemi.

E ciò vuol dire che in quanto piccoli gruppi di discussione, noi non possiamo risolvere questi problemi, e non siamo noi a poter preservare il mondo dalle crisi e dalle catastrofi; e anche se tutti gli uomini politici e capi di organizzazioni si riunissero e volessero salvare il mondo, essi non potrebbero anche loro risolvere questi problemi.

Lo potrebbero fare soltanto delle forze di masse, di classi, attraverso la loro lotte pratiche (e cioè un'epoca, un periodo storico di lotta di classe).

Non siamo in grado - e non è il nostro compito - d'immaginare come esse lo faranno; le persone che si trovano praticamente e a tutti i momenti davanti a compiti dovranno farlo, per quanto ne saranno capaci. Ma allora si tratterà meno di prendere delle misure particolari o di scoprire delle forme d'organizzazione, che dello spirito che anima le masse.


E' quanto evidenziate voi stesso molto giustamente. Ciò che importa dunque e che possiamo fare, non è di immaginare al loro posto come dovranno agire, ma di far loro conoscere lo spirito, i principi, il pensiero fondamentale del sistema dei consigli che si riassumono in questo: i produttori devono essere essi stessi i padroni dei mezzi di produzione. Se il loro spirito se ne compenetra, essi sapranno essi stessi, necessariamente, ciò che si dovrà fare. Ci troviamo oggi nella stessa situazione di un tempo, quando si è rimproverato ai socialisti di rifiutarsi a rivelare esattamente come essi volevano organizzare la società futura e di rinviare la rivoluzione: le persone che faranno la rivoluzione avranno anch'essi da risolvere i loro problemi. La stessa cosa vale per il caso che ci preoccupa: quando poniamo come principio vivente che i lavoratori vogliono essere padroni dei loro mezzi di produzione, non abbiamo bisogno di romperci la testa per sapere come, in quale forma organizzativa, la cosa dovrà essere realizzata. Anche se vi si dice: "Ditecelo esattamente, altrimenti ci rifiutiamo di partecipare". E' da questo punto di vista che si dovrebbe affrontare la discussione sui mezzi di lotta. Di conseguenza, la propaganda dell'idea dei consigli non significa che se i lavoratori abolissero domani i partiti e i sindacati e li sostituissero con dei consigli tutta la situazione verrebbe di colpo cambiata. Ciò significa che le differenze di classe, il dominio di classe e lo sfruttamento non possono essere abolite con il parlamentarismo  e i sindacati, ma soltanto per mezzo dell'organizzazione dei consigli. Del resto, potete leggerlo in I Consigli operai: "i consigli sono il tipo di organizzazione naturale del proletariato rivoluzionario".

 

LETTERA DEL 21 LUGLIO 1951

NB — Avevo fatto pervenire ad Anton Pannekoek, attraverso la mediazione di Henk Canne Meijer (Henk CM), due articoli pubblicati in La Revue socialiste: "Pour une biographie monumentale de Karl Marx" [Per una biografia monumentale di Karl Marx] (ottobre 1950) e "Réflexions sur la société directoriale" [Riflessioni sulla società manageriale] (febbraio 1951). Henk anne Meijer (1890-1962), comunista dei consigli olandesi, fu uno dei principali animatori del movimento negli anni trenta, "l'anima del Gruppo dei comunisti internazionalisti" (GIC) di cui redasse in tedesco il "lavoro collettivo" pubblicato nel 1930 con il titolo Grundprinzipien kommunistischer Produktion und Verteilung (Principi fondamentali di produzione e distribuzione comunista).

In una lettera datata 11 settembre 1953, rispondendo alal domanda che gli avevamo posta di fornirci qualche elemento autobiografico, Anton Pannekoek ci scriveva "Per quanto riguarda la nota biografica (destinata a un articolo che doveva uscire in La Revue socialiste, M .R.), basterà ampiamente citare che sono nato nel 1873, che sono entrato nel partito socialista nel 1900, che sono stato membro attivo del Partito socialista tedesco (1906-1914), e che fui dal 1918 professore di astronomia e matematica ad Amsterdam"; per quanto riguarda i miei scritti, basterà menzionare I Consigli operai.

Considero sempre che l'eventuale pubblicazione di una traduzione della prima parte di questo libro sarebbe il mio migliore contributo al movimento operaio".

M. R.

 

Allegato

Estratti dai Nota Bene di alcune lettere:

 

 

LETTERA DEL 22 GIUGNO 1952

NB – Nella mia lettera del 19-6-1952, avevo ripreso la questione delle nuove forme della lotta di classe nel loro rapporto con le istituzioni democratiche che soltanto rendono possibile l'organizzazione di massa del proletariato militante. Avevo citato a questo proposito un passaggio di I Consigli operai in cui è detto, tra altre cose: "A certain amount of social equality and political rights for the working class is necessary in capitalism" (edizione inglese, 1950, p. 74). Il sindacalismo rivoluzionario non era forse un movimento della stessa natura di quello dei consigli operai in circostanze indubbiamente diverse ma che perseguivano lo stesso obiettivo con dei mezzi la cui principale risorsa era il comportamento individuale dei combattenti? Avevo scritto: "La lotta non è affare di una nuova teoria ma di uomini nuovi", qualunque sia il modo di organizzazione praticato dai lavoratori. Nessuna organizzazione di consigli è immune contro lo spirito burocratico o la volontà di potenza di minorità che sappiano sfruttare la fiducia della "base".

Terminando la mia lettera, esprimevo il desiderio di parlare del libro di Anton Pannekoek  davanti al Circolo Zimmerwald (creato da Daniel Martinet e sostenuto dal gruppo di militanti che pubblicavano La Révolution prolétarienne). Speravo di avere anche l'occasione di sollevare il problema della pubblicazione di I Consigli operai in versione francese (vedere la traduzione di un'estratto di questa lettera nella nostra introduzione).

M. R.

 

LETTERA DEL 19 MAGGIO 1954

NB – Anton Pannekoek risponde alla mia lettera del 5-5-1954 di cui non ho conservato copia. Pur dicendo di diffidare del termine "etica", Anton Pannekoek attribuisce un'importanza decisiva alle iniziative d'auto-educazione e di lotta sindacale degli operai che fanno prova in tal modo della loro volontà di affermarsi come forza intellettuale ed economica. Rinvia alla lettera che aveva spedito alla rivista marxista Socialisme ou barbarie in cui uscì sul fascicolo IV, aprile-giugno 1954. La menzione del nome di M. Mitrany si spiega con il fatto che avevo inviato a Anton Pannekoek un estratto pubblicato sulla Revue d’histoire économique et sociale e dove criticavo l'opera di quest'autore su "Marx et la paysannerie".

M. R.

 

LETTERA DEL 12 APRILE 1955

NB – Avevo relazionato (nella mia lettera del 6 aprile 1955) a Anton Pannekoek di un dibattito che avemmo nel nostro piccolo circolo di studi sulla rivoluzione in Cina, non senza sollevare indirettamente la questione del nostro "compito" di fronte agli avvenimenti di cui le ripercussioni mondiali dovevano a più o meno lunga scadenza spingere il movimento operaio in Occidente a delle scelte politiche decisive - come un tempo davanti alla rivoluzione russa.

In quanto all'estratto dell'"articolo sul libro di Kautsky", si tratta della cronaca che avevo dedicato alla voluminosa opera del teorico socialista tedesco: Die materialistische Geschichtsauffassung (…). Ci vedevo la conferma al contrario dell'argomento che avevo sostenuto lungo tutto il nostro dialogo. La società umana, infine storica, non potrebbe essere creata da esseri angosciati che costruiscono le armi di annientamento totale: ogni marxismo che trascuri la responsabilità etica degli sfruttati nella decadenza della società globale si condanna a non essere più di una speculazione "materialista" sulle opportunità di sopravvivere offre all'eterno troglodita.

M. R.

 

[Traduzione di Ario Libert]

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