Marx all'Est
Maximilien Rubel è nato nel 1905 a Czernowitz, all'epoca città austro-ungarica e capitale della Bucovina che è passata alla Romania nel 1918 e all'URSS nel 1947. Diplomato in diritto e in filosofia, giunge a Parigi nel 1933, dove continua i suoi studi alla Sorbona. Si diploma in lettere nel 1934 e diventa dottore nel 1954. E' durante la guerra che si rende conto che non esiste né edizione completa né bibliografia completa, né biografia soddisfacente di Marx e della sua opera. Si dedicherà d'ora in poi a cercare di colmare queste lacune. Nel 1947, entra al CNRS dove lavorerà sino al 1970. Rubel ha dato il nome di "marxologia" agli studi che ha intrapreso su Marx. Nel 1959, crea una rivista dedicata a quest'argomento, "Études de Marxologie". Uno dei risultati dell'opera di Maximilien Rubel, oltre ai suoi numerosi scritti, è l'edizione della Pléiade degli scritti di Marx di cui ha la responsabilità. Le pagine che seguiranno non possono, come Rubel stesso dice, riassumere i lavori di tutta una vita. Ma permettono di introdurre due aspetti delle sue ricerche che ci sono sembrati importanti. Innanzitutto il posto occupato da Marx all'Est: egli ha ampiamente dimostrato che anche Marx e Engels, benché qui deificati, sono tuttavia censurati. Inoltre Rubel appariva isolato e in disparte nel grande dibattito, per non dire combattimento, tra marxismo e anarchismo. Infatti, egli critica violentemente tanto il marxismo quanto gli anarchici e in modo particolare Bakunin. Ma considera che Marx è teorico dell'anarchismo.
Nicolas: Ho pensato a una intervista di circa 20 minuti, tuttavia ecco la questione Marx / marxismo / Paesi dell'Est; ecco le domande che vorrei porti (se vuoi aggiungerne altre o modificarle, non c'è problema per me):
1. Dall'URSS all'Etiopia, passando per le democrazie popolari, la Cina o Cuba, si rivendica e si invoca, da parte del potere, Marx. Puoi sviluppare, per Radio-Libertaire, la tua posizione, in quanto marxologo, a questo proposito?
2. Come spiegare il fatto che nel blocco detto socialista, il riferimento a Marx svolge un ruolo infimo presso coloro che criticano, contestano o combattono il regime costituito. Ad esempio in Polonia nel 1980/81, anche delle persone come Modzelewski o Kuron, marxisti critici negli anni dopo il 1965, hanno respinto ogni riferimento a Marx. Contro-esempio, gli intellettuali iugoslavi legati strettamente o un po' alla rivista Praxis, che si richiamano a Marx ma che sono spesso su posizioni lusemburghiane, libertarie o anche anarchiche (senza che ciò appaia loro come contraddittorio).
3. Quali sono stati gli echi delle tue ricerche su Marx negli ambienti comunisti occidentali (PC, trotskysti) e soprattutto all'Est?
4. Qual è la critica dello Stato "socialista" che tu fai a partire da Marx?
5. Potresti sviluppare la tua tesi su "Marx teorico dell'anarchismo" in rapporto alla contestazione esistente all'interno dei regimi marxisti-leninisti?
Maximilien Rubel : è dietro mia richiesta che hai letto le cinque domande che mi hai inviato per una "intervista di circa venti minuti" destinata agli uditori di Radio Libertaire, e hai voluto precisare tu o modificarle".
La mia prima reazione rileggendo il tuo questionario fu quella dello stupore, ma riflettendo, mi sono detto: di due cose l'una, o tu hai una così buona opinione della mia intelligenza e del mio sapere che mi credi capace di riassumere in poche formule incisive delle idee e giudizi che necessitano delle ore, addirittura delle giornate di riflessione e di discussioni, oppure possedevi te stesso, formulando le tue domande, le risposte a simili interrogativi che sono maturate nel tuo spirito e potevano dunque trovare facilmente risposta in un breve dialogo con me. Non so quale ipotesi scegliere, ma sia quel che sia, penso di essere in grado di formulare un certo numero di tesi generali a partire dalle quali ognuna delle tue cinque domande potrebbero trovare una risposta adeguata.
1. - Affermo che vi sia incompatibilità di natura tra non importa quale forma di marxismo da una parte, e l'insegnamento di Marx dall'altra. Se è vero, come lo pretende l'opinione comune, che un terzo del nostro pianeta è "ufficialmente marxista", è anche altresì vero che il carattere marxista di questi paesi o regimi è semplicemente un'etichetta ornamentale per far credere che si tratta di società funzionanti secondo i desideri e le ricette di Marx, allorché il semplice fatto che questi regimi hanno scelto di definirsi "marxisti" è già in sé una prova che si tratta di un'impostura o, per ricorrere alla teoria di Marx, di una ideologia. Un regime che si dica "marxista" e pretenda di governare conformemente alle regole e norme di una scienza chiamata marxismo cade per questo stesso fatto anche sotto la critica delle ideologie elaborate da Marx anche se i padroni di questi regimi si richiamano allo stesso tempo a ciò che essi chiamano "il socialismo scientifico". Questa sarebbe la mia risposta, forzatamente lapidaria e paradossale, alla tua prima domanda.
Per esprimerla sotto forma di una tesi, direi che il marxismo ufficiale di un terzo del nostro mondo prova al contrario l'esattezza della teoria materialista e critica di Marx, la sua scoperta scientifica della genesi e del ruolo delle ideologie politiche in quanto strumenti di istupidimento e di dominio dell'uomo sull'uomo. Non è il marxismo che ci fa conoscere il pensiero di Marx, è al contrario la teoria critica di Marx che ci aiuta ad analizzare l'ideologia marxista delle classi e delle caste dei paesi "socialisti" che hanno bisogno di legittimare moralmente l'esercizio del potere di Stato, leva della nuova accumulazione capitalista, ecc.
2. — In questi paesi, è normale che le masse lavoratrici sfruttate si occupano molto poco di conoscere la "verità di Marx" e che esse respingono il marxismo che non riesce nemmeno a diventare il sostituto di una religione e di suscitare una vera credenza. Gli operai polacchi si accontentano di una vera religione - non di una religione vera -, la grande religione cattolica, ma è mio parere che un grande numero tra di loro se ne freghi del cattolicesimo così come del marxismo, di Walesa e dei marxisti "ufficiali" come Adam Schaff; Modzelewski e Kuron avevano capito un tempo questo, e hanno cambiato bandiera, per delle ragioni psicologiche che sarebbe troppo lungo - e inutile - spiegare. In quanto agli Iugoslavi, in cui lo stalinismo ha potuto essere contenuto, una certa libertà di pensiero ha fatto nascere la corrente PRAXIS: ciò non ha impedito ai miei "colleghi" di rifiutare la discussione con me quando ho esposto a Korcula le mie tesi sulla nuova sulla nuova borghesia e la sua missione nei paesi etichettati "socialisti" o "autogestionari".
3. — Io pratico la "marxologia" da più di quattro decenni e se dovessi fare il bilancio dei miei "successi", direi innanzitutto, non senza una certa soddisfazione, addirittura fierezza, che i miei lavori scientifici - poiché è in quanto ricercatore collaboratore al CNRS (dunque pagato dallo Stato) che ho potuto dedicarmi alla mia specialità - dunque direi che ho dei lettori più numerosi negli ambienti non intellettuali che tra i miei "confratelli" che, anche quando utilizzano i miei scritti o le mie ricerche, preferiscono non nominarmi né citarmi: gli anti-marxisti perché oppongo Marx al marxismo, e i marxisti perché, in nome della teoria di Marx, li critico in diversi modi, a secondo della categoria o il cenacolo ai quali essi appartengono e secondo la posizione politica o "filosofica" che essi assumono nei confronti del "socialismo realmente esistente", proclamandosi discepoli di Marx. Tutto ciò per parlare degli "echi" delle mie ricerche negli ambienti occidentali, comunisti e altri, soprattutto in Francia. All'estero, diciamo negli Stati Uniti, in Giappone, in Inghilterra, un certo numero di confratelli mi apprezzano più o meno al mio "giusto valore", prendendo seriamente il mio modo di editare gli scritti di Marx: il Marx della Pléiade si offre ai lettori specialisti e non, intellettuali e non, come un autore su cui meditare e da consultare anche in questo tempo di crisi e di confusione, di nevrosi e di violenza. In quanto all'Est", dovrei parlare soprattutto dell'URSS del tempo di Stalin, fui il "falsificatore" di Karl Marx, di più. Dopo l'era staliniana, si manifesta un po' più di riserva nei giudizi sui miei lavori, pur condannando in blocco la marxologia come un pensiero "borghese" e i "marxologi" come anti.marxisti... Ma qui ancora, occorrerebbe più tempo per spiegare il perché di questo rigetto delle mie ricerche e giudizi.
4. - A questa domanda risponderei di colpo che né la parola né il concetto di "Stato socialista" si trovano in Marx. Un dettaglio: a proposito del bonapartismo del secondo impero, Marx ha parlato di un "socialismo" imperiale, e di questo fenomeno bonapartista, ha fornito degli elementi di un'analisi che si ricollegano alle moderne ricerche sul "totalitarismo"! A proposito delle riforme di Bismarck, ha parlato di "socialismo di Stato", non per approvare questo genere di socialismo, ma per condannarlo. Nel conflitto con Bakunin, Marx e Engels sono stati portati a evocare il "socialismo da caserma" di certi regimi sudamericani, lo Stato degli Inca del Perù, ecc. Ma questa critica intempestiva si basava sulla denuncia del modo di organizzazione delle società segrete di cui Bakunin si erigeva a maestro e istruttore, allora che sulla natura dello Stato e l'oligarchia capitalista, Bakunin e Marx si accordavano perfettamente, Bakunin essendosi riconosciuto discepolo di Marx che egli amava trattare da prussiano, da ebreo, da hegeliano, e dunque da "comunista di Stato". Eccomi trascinato sul terreno scivoloso della tua ultima domanda, che mi sembra la più importante: Marx teorico dell'anarchismo.
5. - In fondo, è da qui che avrei dovuto cominciare la mia comunicazione, dato che si tratta di una tesi che è difficile se non impossibile far capire e accettare quando si discute con delle persone che si richiamano all'anarchismo, benché si dovrebbe essere più specifici, viste le tendenze o modalità di anarchismo spesso contraddittorie. Tuttavia sembra esservi unanimità nella condanna di Marx e del suo pensiero, qualunque anarchico (diciamo piuttosto: adepto dell'anarchismo) condivide con le critiche più reazionarie su Marx la convinzione di trovarsi in presenza di un "comunista autoritario", e anche del principale teorico del socialismo o comunismo di Stato; nell'ipotesi meno negativa, si concederà a Marx di aver dato la critica scientifica del capitalismo, addirittura dello Stato borghese, critica che egli avrebbe sventuratamente posto al servizio di una nuova forma di dominio oligarchico, sia con il suo discorso sulla dittatura del proletariato sia sullo spirito "riformista" del programma politico chiaramente definito in Il Manifesto del partito comunista e costantemente preconizzato da allora, ad eccezione del breve episodio della Comune di Parigi, quando Marx si sarebbe, per un momento, identificato con le concezioni di Bakunin. Credo di aver rifiutato parzialmente questo genere di ragionamento nelle quattro risposte precedenti, dimostrando che non si può rendere Marx responsabile del marxismo, soprattutto dello sfruttamento leninista dell'insegnamento marxiano. E' a Bakunin che si deve il dubbio merito di aver inventato il marxismo e i marxisti come delle creazioni o prodotti del loro malinteso maestro: ed è per sfida che Engels volendo cambiare l'insulto in titolo di gloria, ha creduto bene sanzionare l'invenzione verbale di Bakunin e di rivendicare per se stesso e i suoi compagni il titolo nobiliare di "marxisti" e per la teoria elaborata da Marx e, in parte da lui stesso, la denominazione laudativa di "marxismo"; questo gesto di adozione infantile è all'origine di quel che io chiamo il nuovo culto onomastico. il feticismo del nome, in una parola così come in cento: la mitologia marxista.
Mi obietterai: cosa tutto ciò ha a che vedere con la mia domanda che mi permetto di ripeterti: "Potresti sviluppare la tua tesi su "Mar, teorico dell'anarchismo" in rapporto alla contestazione esistente all'interno dei regimi marxisti leninisti?".
Hai ragione, non ho fatto che abbozzare i preliminari di una risposta, ma non aspettarti che porti a te come ai miei ascoltatori, la prova convincente di un argomento che condensa in qualche modo l'insieme dei miei contributi a una migliore comprensione degli insegnamenti di Marx e che è il senso stesso dei miei sforzi: Marx teorico dell'anarchismo. Ho risposto, mi sembra, attraverso la negativa, con un contrattacco, rendendo una certa corrente anarchica responsabile della nascita della mitologia marxista. Ecco che è più facile giustificare la mia concezione - non dico la mia interpretazione, da parte di Marx, di una teoria dell'anarchismo, addirittura della sola teoria dell'anarchismo.
Se avessi da proporre alcune affermazioni di Marx che rivelano sotto forma di un aforisma il credo anarchico di critica del sistema capitalista, citerei innanzitutto questa frase del Manifesto del partito comunista:
"Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e coi suoi antagonismi di classe subentra un'associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo".
Questa citazione la completerei con una altro aforisma, anteriore al precedente:
"L'esistenza dello Stato e l'esistenza del la schiavitù sono inseparabili. Quanto più potente è lo Stato, quanto più politico quindi è un paese, tanto meno esso è disposto a ricercare nel principio dello Stato, dunque nell'odierno ordinamento della società, della quale lo Stato è l'espressione attiva, autocosciente e ufficiale, il fondamento delle infermità sociali, e ad intenderne il principio generale." (Glosse marginali di critica all'articolo: Il re di Prussia e la riforma sociale, Firmato: un Prussiano, Vorwarts, 1844).
Queste due citazioni, le porrei in epigrafe a un'esposizione della teoria anarchica di Marx, e poteri moltiplicare queste denunce dello Stato (di cui l'ascoltatore troverà una scelta più ricca nel mio saggio pubblicato nel 1973 "Marx teorico dell'anarchismo" e nella raccolta del 1974, "Marx critico del marxismo"). Bakunin che fu uno dei primi attenti lettori degli scritti di Marx non aveva dunque bisogno di aspettare l'Indirizzo sulla Comune di Parigi del 1871 per scoprire un adepto dell'anarchismo nella persona del preteso "comunista di Stato". Avrebbe potuto fare la stessa constatazione in un altro documento, di qualche mese soltanto posteriore a questo indirizzo, e cioè il libello redatto da Marx con il titolo "Le pretese scissioni nell'Internazionale", opuscolo diretto contro Bakunin e i suoi adepti, in cui figura quella che chiamerei la professione di fede anarchica di Marx:
"L'anarchia, ecco il grande cavallo di battaglia del loro maestro Bakunin che dei sistemi socialisti non ha preso che le etichette. Tutti i socialisti intendono con anarchia questo: lo scopo del movimento proletario, l'abolizione delle classi una volta raggiunta, il potere di Stato, che serve a mantenere la grande maggioranza produttrice sotto il giogo di una minoranza sfruttatrice poco numerosa, sparisce, e le funzioni governative si trasformano in semplici funzioni amministrative. L'Alleanza (si tratta di un'organizzazione fondata da Bakunin, l'Alleanza per la Democrazia Socialista) prende la cosa al contrario: essa proclama l'anarchia nei ranghi proletari come il mezzo più infallibile per spezzare la potente concentrazione di forze sociali e politiche tra le mani degli sfruttatori. Con questo pretesto, essa chiede all'Internazionale, nel momento in cui il vecchio mondo cerca di schiacciarla, di sostituire la sua organizzazione con l'anarchia" (Freymond II, p. 295).
Bakunin ha risposto con degli insulti razzisti e germanofobi, dapprima nel Bulletin de la Fédération jurassienne dove tratta Marx e i suoi associati come ebrei, e nel 1873, poco prima della sua morte, in Stato e Anarchia dove il ritratto di Marx è molto più completo con certi lati molto positivi in cui possiamo vedere che Bakunin ha seguito da vicino la carriera intellettuale di Marx ma dove argomenta in quanto razzista. Lo tratta da ebreo, da prussiano, vede in lui un hegeliano e condanna Lassalle come discepolo di Marx. Ma questo richiederebbe molti incontri per districare e soprattutto per analizzare e commentare ciò che io chiamo la mitologia marxista.
N. Si dovrebbe ricordare la russofobia ben nota di Marx.
M. R. Naturalmente, si deve prendere in considerazione il cattivo carattere di Marx. Per tua informazione, risponderei con la chiaroveggenza con la quale Marx si è giudicato da se stesso, quando alla domanda quale era la sua massima, egli rispondeva, in latino, "Sono umano, e nulla di umano mi è estraneo". Ha avuto dei lati negativi e tuttavia se dovessi scegliere tra due maestri per ritrovare nelle circostanze attuali un filo di spiegazione della miseria del mondo attuale, credo che sceglierei l'opera di Marx di preferenza a quella di Bakunin. Per quel che riguarda l'applicazione dell'anarchismo nella vita quotidiana, è certo che Bakunin era più vicino a un uomo emancipato rispetto ai pregiudizi borghesi di Marx. Marx conduceva una vita da piccolo borghese e anche di paria in margine alla società borghese, il che lo faceva somigliare a Bakunin inoltre, un mendicante permanente, malato, che non ha lasciato che un frammento di un'opera che egli pensava di portare a termine durante la sua carriera e che ha lasciato alla posterità come una specie di avvertimento. Ed è in quanto tale che continua a interessarmi e che dovrebbe interessare i libertari e in mondo che pensa in generale.
Radio-Libertaire, 25 febbraio 1982.
Riportiamo di seguito una breve bibliografia dei lavori di Maximilien Rubel attinenti agli argomenti trattati in questa intervista:
- Karl Marx, auteur maudit en URSS? I. l’Edition fantôme, Preuves I n°7 (Sept. 1951), 14-16 ; « II. l’Édition censurée », Ibid n°8 (Oct. 1951), 11-13, avec un appendice (K. Marx, révélations sur l’histoire de la Russie).
- Le sort de l’œuvre de Marx et d’Engels en URSS, La Revue socialiste (Avr. 1952), 327-49.
- Staline jugé par Marx, Preuves n° 12 (1952), 41-2.
- Staline et Cie devant le verdict d’Engels, La Revue socialiste (jan. 1952) , 64-74.
- La croissance du capital en URSS. Essai de confrontation critique, Économie appliquée (Archives de l’ISEA, X (Avr.-Sept. 1957), 363-408 repris dans Marx critique du marxisme.
- De Marx, au bolchevisme : partis et conseils, Arguments VI, n° 25-6 (1962), 31-9, repris dans Marx critique du marxisme.
- La fonction historique de la nouvelle bourgeoisie, Praxis 1/2 (1971), 257-68, repris dans Marx critique du marxisme.
- La société de transition. Notes critiques sur le Nouveau Léviathan de P. Naville, Sociologie du travail XIII, n° 4 (Oct.-Dec. 1971) 416-25, repris dans Marx critique du marxisme.
- Marx Théoricien de l’anarchisme, L’Europe en formation n°163-4 (Oct. Nov. 1973), 39-54, repris dans Marx critique du marxisme.
- Marx critique du marxisme. Essais Paris, Payot, 1974 (451 pp.).
Maximilien Rubel est né en 1905 à Czernowitz, à l'époque ville austro-hongroise et capitale de la Bukovine qui est passée à la Roumanie en 1918 et à l'URSS en 1947. Diplômé en droit et en ...