Il dialogo di Daniel Guérin con il leninismo [1]
Ian Birchall
In un articolo sulla bisessualità di Guérin, Peter Sedgwick presenta quest'uomo di dialogo che era Daniel Guérin. Si augurava soprattutto di sviluppare la discussione tra le correnti spesso ostili del marxismo e dell'anarchismo: “Tutta la sua vita attiva è stata dedicata allo sforzo per interpretare l'uno e l'altro dei punti di vista che avevano una validità parziale ma che pretendevano di detenere una verità universale. In quanto mediatore tra il socialismo libertario e il bolscevismo 'Autoritario', in quanto difensore dell'anarchismo tra i marxisti e di marxista tra gli anarchicheggianti, è stato un interprete onesto allo stesso modo in cui è uno dei rari interpreti delle sessualità l'una in rapporto all'altra. Bifocale ma sinottico in politica come nel sesso, la sua impresa è stata raramente eguagliata in seno alla sinistra” [2].
Alcune volte, Guérin si fissò l'obiettivo ancora più ambizioso di riuscire in una sintesi tra Marx e Bakunin [3]. Ma insisteva anche sul fatto che il socialismo e l'anarchismo non dovevano essere soltanto giustapposti, rappresentando due correnti parallele in seno ad uno stesso movimento per l'emancipazione umana: “Anarchismo, infatti, è, innanzitutto, sinonimo di socialismo. L'anarchico è, in primo luogo, un socialista che mira ad abolire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. L'anarchismo non è altra cosa che uno dei rami del pensiero socialista” [4].
In realtà, l'importanza di Guérin poggia più sul suo ruolo di mediatore che di uomo di sintesi. Per sessant'anni, ha sempre manifestato la sua volontà di cooperare con tutte le componenti della sinistra francese, con quelli che condividevano i suoi scopi fondamentali di un'autoemancipazione del proletariato, della liberazione coloniale e della libertà sessuale. Era un polemista vigoroso, nessun lettore della sinistra, anche marginale, sfuggì alla sua attenzione. Nel 1967, scrisse una lettera piena di rabbia al bimestrale Pouvoir ouvrier [5] in difesa delle sue concezioni sull'anarchismo, accusando i suoi critici di cattiva interpretazione e di disonestà intellettuale. A quell'epoca, PO appariva sotto forma ciclostilata e non contava più di 30 persone [6]. Era anche molto generoso, non cercando mai di calunniare i suoi avversari, anche se era in profondo disaccordo con essi. Nel suo libro sull'Algeria, polemizza in modo vivace contro la difesa da parte di Francis Jeanson della politica del FLN e contro le sue critiche al Movimento nazionale algerino (MNA), ma rende subito omaggio al coraggio di Jeanson come militante anti-imperialista [7]. Desiderava sempre sfidare l'ortodossia, sia essa marxista o anarchica. Nelle prime pagine del suo libro su Proudhon, notava che molti dei suoi lettori potevano essere colpiti dalle sue critiche del pioniere dell'anarchismo [8]. Nel 1969, scriveva a proposito di sé: "I marxisti gli hanno voltato la schiena, in quanto 'anarchico' e gli anarchici, per via del suo 'marxismo', non hanno mai voluto considerarlo come uno dei loro" [9]. Al di là delle varie formulazioni, resta un principio centrale: "La Rivoluzione del nostro tempo si farà dal basso, o non si farà" [10].
Le discussioni classiche tra anarchismo e leninismo ritornano alla superficie secondo forme nuove nel movimento anticapitalista [11]. Per coloro tra di noi che si augurerebbero che questo scambio di argomenti conduca a un dialogo costruttivo, piuttosto che alla sterile futilità delle reciproche denunce, Guérin dovrebbe essere un modello, non tanto per le conclusioni alle quali approda quanto per il suo stile, E' in questo quadro che desidero esaminare alcun aspetti del suo atteggiamento evolutivo nei confronti di Lenin e del leninismo.
Critica del giacobinismo
Nel 1946, Guérin pubblicava Il suo monumentale studio La lutte de classes sous la première République, nel quale affermava che se la Rivoluzione francese era, in termini marxisti, una rivoluzione borghese, essa conteneva anche l'embrione di una rivoluzione proletaria. I salariati parigini avevano cominciato ad agire indipendentemente dai Giacobini, che Guérin considerava come diretti dall'ala sinistra della borghesia.
In questo senso, i Giacobini svolgevano un ruolo conservatore in rapporto alla minaccia dal basso. Tutto ciò sfidava la tradizionale concezione repubblicana e Fronte popolista secondo la quale la Rivoluzione era "un blocco" [12], e lo ha portato ad essere vilipendiato da storici stalinisti come George Rudé [13] e criticato in termini più sfumati da Georges Lefebvre [14].
Come contributo alla comprensione della Rivoluzione francese, i lavori di Guérin devono essere giudicati con il metro di recenti lavori universitari. La ricerca di Jean-Marc Schiappa sui babuvisti sembra confermare con certezza la concezione di Guérin di una classe operaia emergente; benché Schiappa si riferisca esplicitamente a Edward Thompson [15] piuttosto che a Guérin, il suo termine "classe operaia in gestazione" è una variante del tutto minore della metafora dell'embrione di Guérin [16].
Ma Guérin aveva anche lanciato una polemica contro la tradizione giacobina, che egli vedeva come rappresentante una corrente autoritaria estranea alle migliori tradizioni di ciò che chiamò "il socialismo libertario". In una lettera a Marceau Oiver, dichiarò che "il libro è un'introduzione a una sintesi dell'anarchismo e del marxismo che un giorno mi piacerebbe scrivere" [17].
In una prefazione a La Lutte de classes, scritta nel 1977, ma nella quale "il presente e il futuro invadono il passato a tal punto che non potevo osare porla in evidenza nel mio libro" [18], Guérin argomenta che mentre un movimento di massa deve unirsi con un'avanguardia cosciente, quest'avanguardia poteva essere "sia un partito comunista veramente comunista... o un nucleo libertario come la Federazione anarchica iberica o delle minoranze attive come quelle del sindacalismo rivoluzionario di prima del 1914" [19]. Apriva così un dibattito sulle forme organizzative che lo avrebbe occupato per i successivi quarant'anni.
La sua critica del giacobinismo è esposta in un articolo, "La rivoluzione degiacobinizzata", incluso nel suo studio del 1959, Jeunesse du socialisme libertaire" [20]. Qui, egli argomentava che vi era all'interno del marxismo una tensione non risolta tra una corrente libertaria e una corrente autoritaria o giacobina. Più tardi, Lenin "richiamandosi al contempo al 'giacobinismo' e al 'marxismo', inventerà la concezione della dittatura di un partito che si sostituisce alla classe operaia" [21]. Come faceva notare, prima del 1917, Lenin respingeva l'idea della rivoluzione permanente e credeva che la Rivoluzione russa non sarebbe andata oltre lo stadio della democrazia borghese; con questo risultato: Lenin "ha spesso tendenza a sopravalutare l'eredità della Rivoluzione francese" [22].
Guérin diede alle stampe due raccolte di articoli includenti "La revoluzione degiaconinizzata" come uno dei testi principali: Pour un marxisme libertaire (1969) - un titolo che, come ammise egli stesso più tardi, aveva colpito e disorientato i suoi nuovi amici libertari [23] - e A la recherche d'un communisme libertaire (1984).
Uno dei problemi nello studio del pensiero di Guérin è che è autocritico e in costante evoluzione, e che a partire da qui, produsse in permanenza delle versioni riviste delle vecchie versioni dei suoi vecchi testi. Molti di questi cambiamenti erano di natura puramente stilistica, ma alcuni rappresentavano una reale trasformazione nel suo pensiero. Quelli che abbiamo notato nel quadro di questo contributo sono stati osservati da noi più o meno per caso, leggendolo. Vi è posto per almeno una tesi sull'analisi delle revisioni realizzate da Guérin stesso. Il pensiero di Guérin era costantemente in movimento e, per rendere le cose ancora più complicate, non scorreva sempre nella stessa direzione.
Così, quando La lutte de classes fu ristampata nel 1968, Guérin vi portò un significativo numero di modifiche [24]. Come egli stesso pose in evidenza, trovava oramai la nozione di dittatura del proletariato "compromessa" e in questo lavoro, la sostituì con la frase "la costrizione rivoluzionaria" [25].
Nell'introduzione, due paragrafi sulla dittatura del proletariato, includenti il punto di vista di Lenin secondo il quale la dittatura del proletariato presentava una doppia faccia, essendo al contempo repressiva e diffondente la democrazia, sparivano [26].
Alcune pagine dopo, l'edizione del 1946 proponeva che, riformulando i concetti chiave del socialismo, si dovrebbe "prendere come punto di partenza il vertice della curva raggiunto dal pensiero marxista (prima che cominciasse a degenerare) e che, per quanto alto esso fosse, esso era lungi dall'essere l'ultima parola della scienza rivoluzionaria. Si potrebbe ad esempio partire, da Stato e Rivoluzione di Lenin". Queste due frasi sparivano nel 1968 e il paragrafo è riveduto. Tuttavia, l'indice dell'edizione del 1968 faceva riferimento a Lenin per la pagina sulla quale il paragrafo è rimaneggiato. Tuttavia l'indice dell'edizione del 1968 fa riferimento a Lenin per la pagina sulla quale il paragrafo in questione era situato, suggerendo che Guérin aveva preso una decisione all'ultimo istante, forse al momento della rilettura delle bozze, eliminando questo riferimento a Lenin. Il libro fu stampato nel novembre del 1968, questo cambiamento fu dunque effettuato senz'alcun dubbio negli eventi del Maggio 68 [27].
Nel secondo volume, un paragrafo che tratta della comparazione tra il ruolo dei fattori soggettivi e oggettivi supponeva che "senza Lenin e Trotsky, non è del tutto certo che le giornate d'Ottobre 1917 a Piegrogrado sarebbero terminate con una vittoria" Questo passo sparisce di nuovo nel 1968 [28]
Il capitolo finale, che tratta della sconfitta dei ceti popolari (bras nus) e delle attività di Babeuf, mostra anche delle riconsiderazioni. Nel 1946, un titolo di capitolo ci informa: "Ma una direzione rivoluzionaria manca loro". Nel 1968 ciò è trasformato in: "Ma una strategia rivoluzionaria manca loro" [29].
Un po' oltre, l'edizione del 1946 constata che "Non un istante, i babuvisti, nella loro evocazione dell'anno II, si pongono la domanda: chi aveva il potere?". Di nuovo, questa formula leninista sparisce nel 1968 [30].
disparaît en 1968 30.
Pourtant, l’argumentation principale sur les babouvistes demeure inchangée. Même si quelque part ailleurs, Guérin suggérait une continuité de Babeuf à Lénine via Blanqui, dans son analyse essentielle de Babeuf, Guérin n’a pas grand-chose à dire sur l’organisation. Il s’est peu appuyé sur les documents préparés pour le procès de Babeuf qui pourtant donnent une description vivante de la manière dont la soi disant conspiration de Babeuf avait en fait fonctionné. Au lieu de cela, Guérin dirige son tir presque exclusivement sur la manière dont les babouvistes cherchèrent à coopérer avec les anciens disciples de Robespierre, et ainsi omirent de proposer leur propre analyse de la période de pouvoir robespierriste. De fait, ce qui échappe à l’observation de Guérin, c’est que les babouvistes firent une première et hésitante tentative pour appliquer la tactique du front uni.
Pour comprendre pourquoi Guérin évolua politiquement entre 1946 et 1968, il est nécessaire d’examiner à la fois ses écrits politiques et son expérience pratique des organisations de gauche. Dans cette optique, un texte sur Lénine, publié en article dans une revue en 1957, apparaît décisif31. Il a été republié sous forme de livre avec quelques
brefs ajouts et des notes de bas de page en 1959, puis de nouveau en 1969 et en 1981, à chaque fois après le texte « La révolution déjacobinisée », apparemment comme un complément à ce dernier32.
Guérin lecteur critique de Lénine
Les critiques adressées à Lénine sont très différentes à la fois de celles des attaques des courants de droite issus de la guerre froide en même temps que de l’approche anarchiste. Sa critique n’est pas d’ordre psychologique ou historique. Il ne met pas en doute les motivations de Lénine, ni ne suggére que ses idées « autoritaires » dérivent d’un désir de pouvoir personnel. Il ne procéde pas plus à une large discussion des actions du bolchévisme au pouvoir. Au lieu de cela, il procéde presque comme s’il était en train d’écrire une histoire de la philosophie, présentant largement les idées de Lénine sur le parti et l’Etat, avec une référence particulière à certains textes clés. Cette approche présente certains avantages significatifs. Elle permet de mettre l’accent sur des thèmes décisifs plus que sur les évènements anecdotiques ou des allégations d’atrocités, et permet ainsi une présentation plus calme et plus sobre du débat. Mais en même temps, elle présente de sérieuses limites, comme je vais tenter de le montrer.
Il commence en soulignant qu’il rejette l’idée d’une continuité entre Lénine et Staline, contre le postulat central partagé par les staliniens et par les courants de droite, aussi bien que par quelques anarchistes. Guérin affirme son admiration pour la stratégie révolutionnaire qui a abouti à la première révolution ouvrière réussie en Octobre 1917 33..
(Après avoir publié ce démenti introductif en 1957, 1959 et 1969, Guérin ne le reprend pas dans l’édition de 1984 de A la recherche d’un communisme libertaire. Que ce soit parce qu’il pense que le débat était devenu obsolète ou parce qu’il accepte désormais un degré de continuité entre Lénine et Staline, il est impossible de le déterminer).
Après une brève évocation du mouvement socialiste depuis Babeuf, Guérin met l’accent sur la critique du Que faire ?de Lénine de 1902. Le tiers décisif de l’article est consacré à une critique de ce qu’il présente comme un texte central. Cependant, sa présentation de l’argumentation de Lénine n’est pas toujours précise. Ainsi, il accuse Lénine d’une admiration mal contenue pour le narodnik Tkatchev, quand la seule référence à Tkatchev dans Que faire ? lui attribue ironiquement une importance en opposition avec un de ses disciples des derniers jours, en référence à la formulation sarcastique de Marx sur la première fois comme tragédie et la seconde comme farce 34.
.
Guérin donne une importance particulière à l’usage que fait Lénine dans Que faire? d’une formulation de Kautsky : « Ainsi la conscience socialiste est introduite dans le
da pagina 5
NOTE:
[1] Traduction Georges Ubbiali, relue par l’auteur. Merci également à J.-P. Salles et J.-G. Lanuque, pour leur attentive relecture. Ce texte a par ailleurs été édité en version originale dans Revolutionary History, Vol 9,
n°2 (2006). Il est également disponible en ligne à l’adresse suivante : http://www-
staff.lboro.ac.uk/~eudgb/Birchall_paper.DOC
[2] P. Sedgwick, « Out of Hiding : The Comradeships of Daniel Guérin », Salmagundi 58-59, 1982-83, pp.
197-220, en particulier p. 219.
3
Introduction à la ré-édition de Rosa Luxembourg et la spontanéité révolutionnaire, Paris, 1982, p. 4. Pour
une contribution récente sur ce point de vue, voir A. Woodward, « Marx, Bakunin or What ? », What
Next ?, n° 28 (2004), pp. 22-28.
4
D. Guérin, L’anarchisme, Paris, 1965, p. 15.
5
Pouvoir ouvrier, n° 84, mai-juin 1967, p. 23. C’était une réponse à un compte-rendu non signé et très
hostile de son livre L’anarchisme, qui caractérisait l’autogestion comme réformiste et dénonçait le soutien
de Guérin à l’Algérie et à la Yougoslavie (n° 83, mars-av. 1967, pp. 21-23). Voir aussi les réponses dans les
numéros 85, juil.-août 1967, p. 15 et 86, sept.-oct. 1967, pp. 10-16.
6
P. Gottraux, Socialisme ou barbarie, Lausanne, 1997, p. 167.
[7] D. Guérin, Quand l’Algérie s’insurgeait, Claix, 1979, pp. 80-83.
[8] D. Guérin, Proudhon oui et non, Paris, 1978, p. 7.
9
D. Guérin, Pour un marxisme libertaire, Paris, 1969, p. 7.
10
Pour un marxisme libertaire, p. 39.
11
Pour un compte rendu de quelques-uns de ces débats, voir C. Harman, « Anti-capitalism : theory and
practice », International socialism n° 88 (autumn, 2000), pp. 3-59.
12
La phrase était de Clémenceau. Voir G. Dallas, At the Heart of a Tiger, London, 1993, p. 292-297.
13
G. Rudé, « Les ouvriers parisiens dans la révolution française », La pensée, XLVIII-XLIX (1953), pp.
108-109.
14
G. Lefebvre, compte rendu de La lutte de classes, Annales historiques de la Révolution Française, XIX
(1947), pp. 173-179.
15
Historien anglais, auteur de La formation de la classe ouvrière anglaise, Gallimard-Seuil, 1988, ouvrage
de la plus grande importance dans l’historiographie marxiste [Note du traducteur].
16 J.-M. Schiappa, Les babouvistes, Saint Quentin, 2003, pp. 34 et 146-147.
[17] Guérin, Le Feu du sang, Paris, 1977, p. 137.
[18] Le Feu du sang, p. 135.
[19] Guérin, La Révolution française et nous, pp. 55-56.
20
Guérin, Jeunesse du socialisme libertaire, Paris, 1959, pp. 29-63.
21
Guérin, Jeunesse…, p. 43.
22
Guérin, Jeunesse…, p. 61.
23
Guérin, A la recherche d’un communisme libertaire, Paris, 1984, p. 9.
24 D. Guérin, La lutte de classes sous la Première République, Paris, 1946, Paris, 1968. Ci après LDC 46 et
LDC 68. Une tentative d’analyse de quelques différences entre les deux éditions est proposée dans N. Carlin, « Daniel Guérin and the working class in the French Revolution », International socialism, n° 47
(summer 1990), pp. 197-223.
25
Guérin, A la recherche d’un communisme libertaire, Paris, 1984, p. 9.
26
LDC 46, I, pp. 38-39 ; LDC 68, I, p. 54.
27
LDC 46, p. 143 ; LDC 68, I, p. 58; II, p. 591.
28
LDC 46, II, p. 292 ; LDC 68, II, p. 326.
29
LDC 46, II, p. 333 ; LDC 68, II, p. 370.
30
LDC 46, p. 353 ; LDC 68, II, p. 392.
LINK:
Le dialogue de Daniel Guérin avec le léninisme
link
https://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:1SAun3JniI4J:www.dissidences.net/documents/complement_vol2_birchall.pdf+Le+dialogue+de+Daniel+Gu%C3%A9rin+avec+le+l%C3%A9ninisme+[1]&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEEShJTwZKCPpxrp7s5j31Ho1h2Vr166G5USHOkElUlNjPX8Pqo8RrbdPPi77AWu9cFZ14LbzO6rEsQDDLpKqM3rSUHnaypagHJw_dOqV5QbVg-sKjcmmaAzzhpAejptzdsfU86bTq&sig=AHIEtbSCmEUzfXMpsU4APYa4iHCZ_zOaNQ&pli=1