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30 settembre 2015 3 30 /09 /settembre /2015 05:00

Engels, editore di Il Capitale

 

Maximilien Rubel

 

Marx non ha lasciato un testamento scritto. Sembra che all'approssimarsi della sua fine, abbia dato a sua figlia minore delle istruzioni orali e designato Eleanor e Engels come "esecutori testamentari". Abbiamo già visto quale stimolante intellettuale Engels sapeva essere per il suo amico. Marx aveva potuto apprezzarlo anche come giudice letterario. E' Engels che, leggendo le prove del Libro I, aveva reclamato più esempi storici in appoggio dei risultati dialettici, criticato severamente la composizione del volume, le sue divisioni e suddivisioni, la mancanza di proporzioni dei cfapitolo, ecc. [1].

Marx aveva molte ragioni per rimettersi nelle sue mani. In tutto ciò che Engels ha detto a proposito delle carte inedite di Marx, non si può mancare di percepire delle impressioni mitigate. Dopo la pubblicazione del Libro I di Il Capitale, poteva pensare che i Libri successivi non avrebbero posto che dei problemi di forma. Alla vista della massa dei manoscritti, abbozzi, schizzi, di "due metri cubi" di statistiche americane e russe, grandi hanno dovuto essere la sua sorpresa e la sua delusione.

Zentralbibliothek Zürich Das Kapital Marx 1867.jpg

"Mi chiedi come sia stato possibile che mi abbia nascosto, proprio a me, a che punto fosse con il suo lavoro? E' molto semplice: se lo avessi saputo, non gli avrei lascisto un minuto di riposo; lo avrei sollecitato giorno e notte, finché l'opera non fosse del tutto compiuta e stampata" (Engels a Bebel, 30 agosto 1883).

Conosceva così male il suo amico? Pensava davvero che Marx avrebbe accettato di progredire sotto il suo pungolo? Scrivendo quelle righe, Engels ignorava ancora lo stato in cui Marx aveva lasciato i suoi lavori per i libri II e III. Se giudichiamo dalle sue lettere e le sue prefazioni, ha finito con l'arrendersi all'evidenza: gli appunti erano spesso informi.

Sin dall'inizio, il suo atteggiamento è ambiguo. Lo diventerà ancor più su un altro piano. Marx, che tardava a pubblicare il risultato dei suoi lavori, sapeva che Engels poteva incaricarsene, rimanendo fedele allo spirito di critica sociale che era loro comune [2]. Ora, Engels non ha osato sostituirsi al suo amico: se ne diceva incapace. Ha voluto fare in modo che Marx rimanesse "l'autore esclusivo" dei suoi scritti postumi, limitandosi a renderli presentabili, migliorandone lo stile soltanto se sentiva che Marx avrebbe fatto altrettanto. Non ha prodotto dei materiali per un'opera da costruire: non ha costruito l'opera a partire da questi materiali: le ha dato una facciata. Questa formula media ha dei meriti insigni e ci mostra degli scrupoli notevoli, un'estrema prudenza, una preoccupaziome di distinguere nettamente ciò che appartiene all'autore e ciò che proviene dal suo editore. Ha pure il suo inconveniente, perché fa passare come "Libri" compiuti ciò che non è stato altro  che un abbozzo, a volte disperati tantonamenti. Tre volumi, quattro "Libri", un "tutto artistico": l'augurio di Marx, che sognava di dare almeno i "Principi" della sua "Economia", non è stato compiuto, malgrado gli sforzi e la pietà del suo amico. Si può pensare che Engels ne abbia avuto coscienza. Sin dall'inizi ha constatato che il Libro II era costituito di abbozzi, di cui alcuni offrivano molte varianti. Ricopiarli, renderli leggibili, è stata una dura prova per i suoi occhi [3].

Non gli sono occorsi che due anni per pubblicare il Libro II. "Il secondo volume [si tratta probabilmente del secondo Libro] di Il Capitale mi darà molto da fare. La maggior parte del manoscritto data da prima del 1868 [ciò vale per il terzo Libro, perché il manoscritto del secondo data agli anni 1875-1878] e non è altro che un abbozzo. Il secondo Libro deluderà molti socialisti volgari; esso contiene quasi esclusivamente delle ricerche molto sottili e rigorosamente scientifiche su dei fatti che accadono all'interno della classe dei capitalisti stessi; dunque, nulla da cui si possa trarre delle formule fragorose e degli slogan" [4]. "Il secondo Libro è puramente scientifico e non tratta che di questioni da borghesi a borghesi; ma il terzo avrà dei passaggi che mi fanno dubitare della possibilità stessa di pubblicare in Germania sotto le leggi eccezionali" [5].

Vi è delusione in queste righe; esse possono essere anche un modo per consolarsi. Engels ha la sollecitudine di dire al lettore "che si tratta di un'opera di Marx" quella che egli pubblica; e che egli lo fa perché è il solo a poter "decifrare questa scrittura e quelle abbreviazioni" [5]. Dettando il manoscritto del Libro III, egli nota delle "forti lacune" nella seconda sezione; "la redazione, naturalmente, non è che provvisoria; ma sa dove va, e "questo basta" [6]. Ci tiene ad effettuare il suo punto di vista  e non detta che il giorno [7]. Il terzo Libro sarà meno deludente, pensò; apporterà dei "risultati decisivi", "rovescerà tutta l'economia e susciterà un enorme scalpore" [8].

Esso "produrrà l'effetto della folgore, perché tutta la produzione capitalista vi è analizzata nel suo concatenamento e tutta l'economia borghese ufficiale viene abbattuta". Giunta alla metà di questo Libro III, deve constatare tuttavia che "i capitoli più importanti si presentano in un disordine abbastanza grande - per quanto concerne la forma" [9].

Precauzione retorica, convinzione autentica? Resta il fatto che lo stabilimento del testo gli richiederà non "quattro mesi" come credeva, ma nove anni, e tanto più aridi in quanto un silenzio totale, sia della "scienza tedesca" sia degli ambienti socialisti, avrà accolto il Libro II. Il Libro III, egli spera, "forzerà" gli economisti tedeschi a parlare (lettera a Danielson, 13 novembre 1885). In verità, egli sa a presente che delle parti importanti del "abbozzo" del Libro III non sono che materiale grezzo, prodotto dalla "ricerca empirica" e non dall'eposizione astratta": queste due procedure, ci si ricordi, si distinguono formalmente, ma sono complementari nel metodo di Marx [10]. Così, si attendeva nella sezione V, il tema centrale del Libro III, il problema del capitale finanziario, dell'interesse e del credito. Engels non vi trova che un accenno nemmeno uno schema: semplicemente, un cumulo di note e di estratti [11].

Questo lavoro di Marx, terrà tuttavia a presentarlo come "un'opera di Marx". A un critico serio che glielo rimprovera, dà una risposta molto significativa. Si tratta di un processo di perequazione dei tassi di profitto differenti che sfocia oggettivamente (ma all'insaputa dei "protagonisti storici") ai tassi generali e medi del profitto: "Come si è realizzato questo processo di uniformazione? E' un punto molto interessante, però Marx non ha detto a proposito granché. Tutta il modo di concepire, presso Marx, non è una dottrina, è un metodo. Esso non offre dogmi già pronti, ma dei punti di riferimenti per un'ulteriore ricerca, e il metodo di questa ricerca. A questo proposito, vi sarebbe un lavoro da tentare, che Marx non ha fatto in questo primo abbozzo. [...] Infine, vi devo ringraziare per la buona opinione che avete di me, pensando che avrei potuto fare del Libro III un'opera migliore di quanto esso non sia. Non potrei condividere quest'opinione, e credo aver fatto il mio dovere lasciando Marx esprimersi nel suo proprio linguaggio , a rischio di esigere dal lettore un maggior sforzo di riflessione personale" [12].

Questa invocazione ostinata di un dovere di fedeltà letterale non è del tutto priva di contraddizioni. Un tale rispetto dei lavori preparatori non avrebbe dovuto condurre Engels a prendere in considerazione i manoscritti anteriori al 1861, come gli scritti del 1844-45, o i Grundrisse del 1857-58? Per l'originalità dello stile e del contenuto, questi lavori sono spesso superiori agli inediti del periodo successivo. Il suo atteggiamento dà luogo a un'altra domanda: perché non ha mai dato il minimo chiarimento sul piano della "Economia", lui che ne aveva seguito la minima messa a punto? Ignoriamo anche questo. Ma un'osservazione si impone: Engels ha preferito rieditare delle opere di Marx piuttosto che dedicare tutto il suo tempo e i suoi sforzi ai solo abbozzi e manoscritti di Il Capitale. Se non ha parlato del piano della "Economia", ha mostrato che a suo parere tutto era coerente nell'opera di Marx e che degli scritti precedenti offrivano già, su molti punti, la materia che si poteva ricercare nell'inedito.

E' così che si dedica a far leggere Lavoro salariato e capitale, le Lotte di classe in Francia, le Rivelazioni sul processo dei comunisti di ColognaLa guerra civile in Francia, la Critica del programma di Gotha: revisiona due riedizioni tedesche e la traduzione inglese del primo Libro di Il Capitale, compito che egli valuta anche meno importante della messa a punto degli altri Libri. A ben vedere, il suo lavoro di primo editore postumo è ammirevole. Il miglior omaggio che si possa dargli, è di poter seguire, per quanto ci è possibile, il suo cammino, di lavorare come lui sull'originale e sul materiale informe. E' anche riconoscere che una parte della "Economia" non è il tutto; che, anche portata a termine non sarebbe stato un sistema; che non abbiamo sotto gli occhi una bibbia marxista dal canone fissato per sempre. Equivarrebbe a sostituire l'indagine ai racconti. La cospirazione del silenzio ha lasciato il posto a una cospirazione brontolante: spezziamola e profaniamo il rosario, soprattutto durante le messe dei centocinquantesimo anniversario. Questi Libri, per grandi che siano, si elevano su dei frammenti dal tracciato completo... (…).

 

[Tratto dall'Introduzione al tomo II delle Opere di Karl Marx].

 
Note
 
[1] Marx a Engels, 27 giugno 1867.
[2] E' da Eleanor che Engels riceveva quest'ultimo messaggio dal suo amico (lettera a Bebel).
[3] Prima della sua morte, inizierà Bernstein e Kautsky a decifrare dei "geroglifici", per la pubblicazione delle Teorie sul plusvalore.
[4] A Kautsky, 18 settembre 1883.
[5] A Lavrov, 5 febbraio 1884.
[6] A Kautsky, 26 giugno 1884.
[7] A Kautsky, 23 maggio 1884.
[8] A Becker, 2 aprile 1885. Vedere anche la Prefazione del Libro II.
[9] Engels a Sorge, 3 giugno 1885.
[10] Postfazione di Il CapitaleOeuvres, t. I, p. 558.
[11] "Molte cose nuove e ancor più cose da terminare" (Engels a Schmidt, 1° luglio 1891).
[12] Colui che Engels ringrazia in questa lettera degna di nota, Werner Sombart, autore di un articolo sul Libro III, pubblicato nel 1894. Vedere anche Engels, Complément et supplément au Livre III du "Capital"Werke, vol. XXV, p. 903 seguenti; evita di rispondere alle critiche sollevate contro il suo lavoro di editore.
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