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12 aprile 2011 2 12 /04 /aprile /2011 06:00

La rivoluzione russa

la revue anarchiste cover

 

di Alexander Berkman

 

II

 

Affinché il lettore possa capire bene quanto esporrò di seguito, credo sia necessario stabilire brevemente le disposizioni mentali che mi animavano all'epoca del mio arrivo in Russia.

Mi riferisco a due anni fa. Un governo, il “più libero della terra”, mi aveva fatto deportare, in compagnia di altri 248 uomini politici, dal paese nel quale ero vissuto per più di trent'anni. Protestai con veemenza contro il crimine morale perpetrato da una pretesa democrazia facente ricorso a dei metodi che essa aveva così violentemente attaccato durante l'autocrazia zarista. Stigmatizzai la deportazione di uomini politici come un oltraggio ai diritti più fondamentali dell'uomo, e la combattei per motivi di principio. Ma il mio cuore era contento. Quando scoppiò la Rivoluzione di febbraio, avevo desiderato andare in Russia, tuttavia l'affare di Mooney me lo aveva impedito: avevo ripugnanza a lasciare il campo di battaglia. In seguito, gli Stati Uniti mi imprigionarono e aprirono contro di me dei procedimenti penali per la mia opposizione contro la carneficina mondiale. Per due anni, l'ospitalità forzata delle prigioni federali impedì la mia partenza. Ne seguì la deportazione. Ho già detto che il mio cuore era contento. Parola troppo debole per esprimere la gioia debordante che riempiva tutto il mio essere alla certezza di visitare la Russia.

 

Colpite-i-bianchi-col-cuneo-rosso.gif

La Russia! Stavo per rientrare nel paese che aveva fatto sparire l'impero degli Zar dal mappamondo, stavo per vedere il paese della Rivoluzione Sociale! Ci può essere una più grande gioia per qualcuno che, nella sua prima giovinezza, era stato un ribelle contro la tirannia, e che aveva intravisto nei vaghi sogni della giovinezza un mondo di umana fratellanza e di felicità, e di cui l'intera vita era stata consacrata all'avvento della Rivoluzione Sociale?

Il viaggio fu un vero pellegrinaggio. Benché fossimo dei prigionieri e trattati con severità militare, e che il “Budford” fosse una vecchia botte che faceva acqua da tutte le parti e mettesse costantemente in pericolo le nostre vite durante questa odissea di un mese, il pensiero che eravamo in rotta per il paese della Rivoluzione fertile (in promesse) mantenne tutta la compagnia dei deportati nel migliore umore e nel brivido dell'attesa del grande giorno che si avvicinava. Il viaggio fu lungo, molto lungo, e umilianti le pene che dovemmo sopportare: eravamo ammucchiati sotto il ponte, vivendo nell'umidità e in un'atmosfera marcia, e nutriti con magre razioni. La nostra pazienza era quasi al limite, ma il nostro coraggio irremovibile; e infine giungemmo a destinazione.

rivoluzione-russa-oleografia.jpg

Fu il 19 gennaio 1920, che mettemmo piede a terra sul suolo della Russia dei Soviet. Un sentimento di solennità, di rispetto mi sopraffece subito. È lo stesso sentimento che hanno dovuto provare i miei devoti antenati penetrando per la prima volta nel sancta sanctorum. Un grande desiderio si era impadronito di me, di inginocchiarmi e abbracciare questa terra irrorata dal sangue di generazioni di sofferenze e di martirio, irrorata di nuovo dai rivoluzionari trionfanti dei nostri giorni. Mai in precedenza, nemmeno quando fui restituito alla vita dopo le orribili tenebre di quattordici anni di prigione, ero stato così tanto emozionato, bruciando di desiderio di abbracciare l'umanità, di deporre il mio cuore ai suoi piedi, di sacrificare la mia vita mille volte, se soltanto ciò fosse stato possibile, al servizio della Rivoluzione Sociale. Fu il più grande giorno della mia vita.

Fummo accolti a braccia aperte. L'inno rivoluzionario, eseguito dall'orchestra rossa, ci salutò con entusiasmo nel momento in cui attraversammo la frontiera russa. Le acclamazioni dei difensori dai berretti rossi della Rivoluzione si moltiplicarono attraverso i boschi, risuonando lontano come rombi di tuono. Davanti il simbolo visibile della Rivoluzione Trionfante, rimanevo a capo chino. Ero commosso e fiero, ma tuttavia, mi sentivo piccolo davanti alla grandezza della manifestazione della Rivoluzione Sociale attuale. Quale profondità, quale grandezza vi si rivelavano, e quali immense possibilità si rivelavano alle sue prospettive!

berkman--abbattimento-statua-Alessandro-III-.jpg

Ascoltavo la voce della mia anima: “Che la tua vita passata possa aver contribuito, anche se poco, alla realizzazione del grande ideale umano e a questo, che ne è l'inizio”. E ho avuto coscienza della grande felicità che mi era offerta di agire, di lavorare, di aiutare con tutto il mio essere a realizzare l'espressione rivoluzionaria completa di questo meraviglioso popolo. Hanno lottato e sono usciti vittoriosi dalla battaglia. Hanno proclamato la rivoluzione sociale: ciò significava che l'oppressione era cessata, che la sottomissione e lo schiavismo, i due flagelli dell'umanità, erano aboliti. La speranza di molte generazioni ed epoche si erano infine realizzate. La giustizia si era stabilita sulla terra, per lo meno sulla parte del tutto che comprendeva la Russia Sovietica, e oramai questa preziosa eredità non si sarebbe più persa.

 

Ma gli anni di guerra e di rivoluzione hanno esaurito il paese. C'è sofferenza e carestia, e grande bisogno di cuori intrepidi e virili volontà per agire e aiutare. Il mio cuore era pieno di gioia. Sì, mi dedicherò con tutto il mio essere al servizio del popolo. Ringiovanirò per ogni sforzo in avanti, nel compito più duro, per la crescita del benessere comune. Voglio dedicare tutta la mia vita alla realizzazione della grande speranza del mondo, alla Rivoluzione Sociale.

Al primo avamposto dell'esercito russo si organizza un formidabile incontro per darci il benvenuto. La grande sala, piena di soldati e di marinai, le donne in abiti religiosi sulla tribuna degli oratori, i loro discorsi, tutta questa atmosfera palpitante della Rivoluzione in azione... tutto ciò fece una grande impressione su di me. Esortato a dire qualcosa, ringraziao i compagni russi per il caloroso ricevimento fatto ai deportati d'America, mi complimentai per le lotte eroiche che essi sostenevano e dissi loro della grande gioia di trovarmi tra di loro. E in seguito, espressi tutto il mio pensiero in questa unica frase: “Cari compagni”, dissiloro, “non siamo venuti per insegnare, ma per imparare, per imparare e per aiutare”.

Ecco il mio ingresso in Russia, Ed ecco cosa provarono la maggior parte dei deportati, miei compagni.

 

 

[Traduzione di Ario Libert]

 

 

LINK all'opera originale:

La Révolution Russe

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commenti

B
<br /> bel sito !!!<br /> <br /> <br />
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