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16 maggio 2024 4 16 /05 /maggio /2024 17:00

La teoria dell'accumulazione della Luxemburg

 

Raya Dunajevskaja

Capitolo primo: Le sue divergenze con Marx e Lenin
L'accumulazione del capitale [1] di Rosa Luxemburg è una critica della Teoria della Riproduzione Allargata di Marx analizzata da questi nel Volume II del Capitale. Il problema dell'accumulazione del capitale è stato sempre il tema centrale della economia politica. È stato il soggetto del dibattito tra Ricardo e Malthus, tra Say e Sismondi, tra Engels e Rodbertus e tra Lenin ed i populisti (narodniki). La Luxemburg occupa una cospicua, ma non invidiabile, posizione in questo dibattito - quella di una rivoluzionaria acclamata dagli economisti borghesi per aver fornito "la formulazione più chiara del problema della domanda effettiva" prima della Teoria generale dell'impiego, dell'interesse e della moneta di Keynes. È tipico notare che gli economisti borghesi discutevano nel 1645 il problema del mercato, problema sul quale i marxisti discutevano trent'anni fa. Prima del 1914 il controllo statale della produzione ed il problema della accumulazione non erano stati posti così acutamente come oggi in termini di declino del saggio del profitto. La borghesia di allora riteneva che l'accumulazione fosse un problema risolvibile con l'espansione dei mercati. È vero che la Luxemburg pose il problema in questi termini, ma la sua preoccupazione principale anche allora era quella del crollo del capitalismo. Tuttavia, metodicamente, essa si staccò dal marxismo nell'analisi del problema dell'accumulazione del capitale, ed era inevitabile pertanto che arrivasse a false conclusioni. Ciò che fa di queste il problema del giorno è che le sue conclusioni sono ripetute non soltanto dagli economisti borghesi ma anche dentro al movimento rivoluzionario marxista. La preoccupazione attuale di "clienti" e di "mercati" può avere una migliore risposta attraverso un riesame della teoria di accumulazione capitalista di Marx e della deviazione della Luxemburg da essa.
1) Premessa
Das KapitalDa quando fu pubblicato il II Volume del Capitale il centro della discussione sulla riproduzione allargata è stata la presentazione diagrammatica di Marx di come il plusvalore viene realizzato in una società capitalista ideale. Per comprendere le formule bisogna capire la premessa sulla quale esse sono costruite: una società capitalistica chiusa, ossia una società isolata dominata dalla legge del valore. Per Marx il conflitto fondamentale in una società capitalistica è quello tra il capitale ed il lavoro; tutti gli altri elementi sono subordinati. Se così è nella vita, allora la prima necessità nella teoria, molto più che nella società, e quella di porre il problema, puramente e semplicemente, come un problema tra capitalista e lavoratore. Da cui l'accettazione del concetto di una società consistente soltanto di capitalisti e di lavoratori. Da cui l'esclusione di terzi gruppi e, come lui stesso afferma ripetutamente [3], l'esclusione del commercio estero, come non avente niente a che fare fondamentalmente con il conflitto tra lavoratore e capitalista. Una società capitalista si distingue da tutte le altre società precedenti in quanto è una società producente-valori. La legge del valore non ha niente in comune con il fatto che nelle altre società di classe al lavoratore venivano pagati i suoi mezzi di sussistenza. Qui la sete per le ore di lavoro non pagato deriva dalla natura stessa della produzione e non dalla ghiottoneria del padrone. Il valore, cioè il tempo di lavoro socialmente necessario alla produzione delle merci cambia costantemente a causa delle incessanti rivoluzioni tecnologiche nella produzione, e questa è una sorgente senza fine di disturbi delle condizioni di produzione così come delle relazioni sociali e distingue il capitalismo da tutti gli altri modi di produzione. La società capitalistica isolata di Marx è dominata da questa legge del valore e Marx non ci permette di dimenticare che questa legge è legge di mercato mondiale: "L'industriale ha sempre il mercato mondiale davanti i suoi occhi; egli raffronta e deve continuamente paragonare i suoi prezzi di costo con quelli del mondo intero e non solo con quelli del suo mercato interno" [4].

Così, mentre Marx esclude il commercio estero, ciò nonostante egli pone la sua società ambito, del mercato mondiale. Queste sono le condizioni del problema. Quale ne è lo scopo?

2) Lo scopo

Le famose formule di Marx nella parte III del II Volume erano concepite per servire due scopi.

Da una parte, egli desiderava esporre l'incredibile aberrazione di Adamo Smith, che aveva vaporizzato, la parte costante del capitale dividendo la produzione sociale totale non per c (capitale costante), v (capitale variabile) e sv (plusvalore), ma soltanto per v ed s.

Dall'altra parte Marx desiderava rispondere all'argomento dei sottoconsumatori che la continua accumulazione di capitale era impossibile a causa della impossibilità di "realizzare plusvalore", ossia di vendere [5].

Marx spende un tempo apparentemente interminabile nell'esporre l'errore di Smith. E ciò perché si tratta del grande confine che separa sia l'economia politica borghese, sia la critica piccolo-borghese dal socialismo scientifico. L'errore di Smith divenne parte del dogma dell'economia politica perché corrispondeva agli interessi di classe della borghesia accettare quell'errore. Se, come sosteneva Smith, la porzione costante del capitale, in ultima analisi si dissolve in salari, allora i lavoratori non hanno bisogno di combattere contro la temporanea appropriazione delle ore di lavoro non pagate. Ad essi basta soltanto aspettare affinché il prodotto del loro lavoro si dissolva in salari. Marx prova che è vero il contrario. Non soltanto e non si «dissolve in salari», ma esso stesso diventa la vera strumentazione attraverso la quale il capitalista guadagna il suo potere sul lavoratore.

Nel demolire la teoria del sottoconsumo, Marx dimostra che non vi è una connessione diretta tra la produzione ed il consumo. Ecco le parole di Lenin:

«La differenza tra la visione degli economisti piccolo borghesi e la visione di Marx non consiste nel fatto che i primi realizzano in generale la connessione tra la produzione ed il consumo nella società capitalistica, e lui non lo fa. (Ciò sarebbe assurdo). La distinzione consiste in questo, che gli economisti piccolo borghesi considerano il legame tra produzione e consumo come un legame diretto ossia che la produzione segue il consumo. Marx indica che la connessione è soltanto indiretta, che risulta connessa soltanto nell'istanza finale, perché nella società capitalista il consumo segue la produzione".[6].

I seguaci del sottoconsumo costruirono il concetto della preponderanza della produzione sul consumo per arrivare al collasso automatico della società. Là dove i classici videro soltanto la tendenza verso l'equità, i critici piccolo borghesi vedono solo la tendenza via dall'equilibrio. Marx dimostra che tutte e due le tendenze sono inestricabilmente connesse.

3) I due settori della produzione sociale e le condizioni per la riproduzione allargata

Per illustrare il processo di accumulazione o di riproduzione allargata, Marx divide la produzione sociale in due settori principali; nel primo la produzione dei mezzi di produzione e nel secondo la produzione dei mezzi di consumo.

La divisione è sintomatica e rispecchia la divisione in classi della società. Marx categoricamente rifiutò di dividere la produzione sociale in più di due settori, per esempio, in un terzo settore per la produzione dell'oro, per quanto l'oro non sia né un mezzo di produzione né un mezzo di consumo, ma piuttosto un mezzo di circolazione. Si tratta tuttavia di un problema interamente al postulato base di una società chiusa nella quale esistono soltanto due classi e i pertanto i soltanto due decisive divisioni della produzione sociale. Sono le premesse che definiscono i limiti del problema. La relazione i due settori non è soltanto una relazione tecnica, essa ha le sue' radici relazione di classe tra il lavoratore ed il capitalista.

Il plusvalore non è uno spirito incorporeo che ondeggia tra il ciclo e la , è i incorporato i nei mezzi di produzione come nei mezzi di consumo. separare il plusvalore dai mezzi di produzione o dai mezzi di consumo è tentativo che conduce all'ideologia piccolo; borghese del sottoconsumo. Citiamo nuovamente Lenin:

«Il postulato che il capitalista non può realizzare il plusvalore è soltanto una ripetizione volgarizzata delle elucubrazioni di Smith rispetto al realizzo in generale. Soltanto parte del plusvalore consiste di mezzi di consumo; l'altra parte consiste di mezzi di produzione. Il consumo di quest'ultima parte viene realizzato i attraverso la produzione. Pertanto i populisti che predicano l'impossibilita di realizzare plusvalore devono logicamente riconoscere l'impossibilità di realizzare «il capitale costante» e così ritornare ad Adamo Smith» [7]

Questo concetto è fondamentale per l'intera concezione di Marx. Taglia attraverso tutte le varietà di mercati. Il punto di Marx è che la forma valore predetermina la destinazione delle merci. Il ferro non viene consumato dagli uomini, ma dall'acciaio; lo zucchero non viene consumato dalle macchine ma dalla gente. Il valore è indifferente rispetto all'uso dal quale è nato, ma deve essere incorporato in valori d'uso per venir realizzato. Soltanto il valore d'uso dei mezzi di produzione - scrive Marx - indica quanto sia «la determinazione dei valori d'uso nella determinazione degli ordini economici.» (8)

Nell'ordine economico capitalista i mezzi di produzione formano la parte maggiore dei due settori della produzione sociale; e perciò anche del «mercato». Negli Stati Uniti, per esempio, il 90 per cento della ghisa viene consumato dalle compagnie che la producono; il 50 per cento del mercato per i prodotti dell'industria dell'acciaio è l'industria dei trasporti.

È impossibile avere la più lieve comprensione delle leggi economiche della capitalista senza essere fermamente consci del ruolo della forma materiale del capitale costante. Gli elementi materiali della produzione seme della riproduzione - forza lavoro, materie prime e mezzi di produzione - sono gli elementi della riproduzione allargata. Per produrre maggiore Quantità di prodotti, occorrono più mezzi di produzione. Questa e non quella del «mercato» è la differenza specifica della riproduzione allargata.

Marx procede ulteriormente ad affermare l'importanza chiave della forma materiale del prodotto ai fini della riproduzione allargata, incominciando la sua illustrazione della riproduzione allargata con un diagramma che indica che «per quanto concerne il suo valore» la riproduzione allargata non è che riproduzione semplice.

Non è la quantità, ma la destinazione degli elementi dati della riproduzione semplice che viene cambiata, e attesta cambiamento è la base materiale susseguente riproduzione.

«La difficoltà nel comprendere la riproduzione allargata non consiste nella forma-valore della produzione, ma nel confronto, del valore con la sforma materiale» [9].

Il concetto di Marx è che - per non perdersi in s un circolo vizioso di prerequisiti - di dover andare costantemente al mercato con le merci prodotte e ritornare dal mercato con le merci acquistate - occorre porre il problema della riproduzione allargata nella sua «semplicità».

Questo può esser fatto rendendosi conto di due semplici fatti:

  1. che la legge di produzione capitalista comporta l'aumento della popolazione lavoratrice da cui consegue che, mentre parte del plusvalore deve essere incorporato nei mezzi di consumo e trasformato in capitale varia con il quale si comprerà ulteriore forza lavoro, quella forza lavoro sarà sempre disponibile;
  2. che la produzione capitalistica crea il suo proprio mercato - la ghisa è per l'acciaio, l'acciaio per la costruzione di macchine, ecc. e pertanto, per quanto si riferisce al mercato del capitale, i capitalisti sono i migliori clienti di se stessi ed i migliori compratori dei prodotti.

Pertanto conclude Marx l'intera complessa questione delle condizioni di riproduzione allargata può essere ridotta alla domanda seguente: può il plusprodotto nel quale il plusvalore è incorporato andare direttamente (senza essere prima venduto) in una produzione ulteriore? La risposta di Marx è la seguente: Non è necessario che quest'ultimo venga venduto; esso può in natura entrare nella nuova produzione (10).

Marx stabilisce che il prodotto sociale totale non può essere o «mezzi di produzione» o «mezzi di consumo»; vi è una preponderanza di mezzi di produzione sui mezzi di consumo. E non si tratta che è così, ma che deve essere così, perché i valori di uso prodotti nella società capitalistica non sono quelli usati dai lavoratori e nemmeno quelli usati dai capitalisti, ma quelli usati dal capitale. Non sono gli uomini che realizzano la parte maggiore del plusvalore; essa viene realizzata attraverso l'espansione costante del capitale costante. La premessa della riproduzione semplice - una società composta solamente di lavoratori e di capitalisti - rimane la premessa della riproduzione allargata. Contemporaneamente il plusvalore rimane unicamente determinato dalla differenza tra il valore del prodotto e il valore della forza lavoro. La legge del valore continua a dominare sulla riproduzione allargata. L'intero problema del secondo volume così discusso è di render chiaro che la realizzazione non è un problema di mercato, ma un problema di produzione. Il conflitto nella produzione e pertanto nella società è il conflitto tra il capitale ed il lavoro. Questa è la ragione per la quale Marx non ha mai voluto allontanarsi dalla sua premessa.

Capitolo secondo: la critica di Rosa Luxembourg

1) La realtà contro la teoria

Il peso principale della critica della. Luxembourg contro la teoria di accumulazione di Marx fu diretto contro la sua assunzione di una società capitalistica chiusa. Essa diede a questa assunzione un significato a doppio uso: primo uno società composta soltanto di lavoratori ; secondo dominio del capitalismo sul mondo intero.

Marx tuttavia non considerò il dominio del capitale nel mondo intero, ma il suo comportamento in una singola e isolata nazione. Quando i critici della [11] fecero notare questo punto la Luxembourg gettò su di parole di fuoco. Nella sua «Anticritica» (12) la Luxembourg scrisse che parlare di una singola società capitalista era una assurdità fantastica caratteristica dei più crassi epigoni. Essa insistette che. Marx non poteva avere dei concetti così stratosferici nella sua mente. .Ciò nonostante, come fu messo in rilievo da Bukarin, la Luxembourg non solo interpretava male il concetto di Marx, ma travisava il semplice fatto che Marx aveva con molta chiarezza messo sulla carta:

«allo scopo di semplificare il problema della riproduzione allargata noi ci astrarremo dal commercio estero ed esamineremo una nazione isolata.» (13)

La Luxembourg d'altra parte argomentava che una precisa dimostrazione della storia avrebbe indicato che la riproduzione allargata non ha mai avuto luogo in una società chiusa; ma piuttosto attraverso una distribuzione ed una espropriazione di strati o società non capitalistiche. La Luxembourg erroneamente mise a confronto la realtà con la teoria; la sua critica sorse teoricamente da questo solo fondamentale errore. Essa venne tradita dai potente sviluppo storico dell'imperialismo che era in corso e sostituì alla relazione del capitale lavoro la relazione del capitalismo con il non capitalismo. Ciò la condusse a negare l'assunzione di Marx di una società chiusa. Una volta abbandonata premessa, base dell'intera teoria marxista non vi era altra via di uscita lei che quella di entrare nella sfera dello scambio e del consumo.

Che non vi sia alcuna possibile via d'uscita da questo dilemma viene rivelata in forma molto chiara dalla stessa Luxembourg. Alcune delle parti meglio scritte, nel suo libro «L'accumulazione» sono le descrizioni del reale progresso di accumulazione attraverso le conquiste dell'Algeria, dell'India; attraverso la guerra dei Boeri e la formazione dell'impero africano; la descrizione della guerra dell'oppio contro la Cina e dello sterminio degli indiani d'America; il sempre crescente commercio con le società non capitaliste e le analisi delle tariffe protettive e del militarismo.

La Luxembourg era talmente accecata dal potente fenomeno imperialista dei suoi giorni che non riuscì a vedere che tutto ciò non aveva niente a che fare con il problema posto nel volume secondo del Capitale che riguarda la maniera in cui il plusvalore viene realizzato in un mondo capitalista ideale, come non aveva niente a che fare con il reale processo di accumulazione che Marx analizza nel terzo volume, giacché il processo ideale di accumulazione è un processo capitalista, ossia un processo di produzione di valori.

La Luxembourg d'altra parte scriveva:

«La cosa più importante è che il valore non può essere realizzato né dai lavoratori, né dai capitalisti, ma soltanto da strati sociali che non producono capitalisticamente.» (14)

Non era per un semplice caso che la Luxembourg non poteva discutere la accumulazione capitalistica senza far entrare nel ragionamento altri modi di produzione. Gli errori di pensiero, perfino quando sono commessi da grandi marxisti, hanno una logica propria. Così come è impossibile nella attuale lotta di classe prendere una posizione tra la classe capitalistica ed il proletariato, è altrettanto impossibile prendere una posizione tra i due modi di pensiero che riflettono il ruolo delle due classi nel processo di produzione, per cui vi era soltanto una cosa teoricamente disponibile per lei quella di seppellire, come vedremo, l'intera distinzione della produzione del valore.

Il mercato contro la produzione

Perché si produce?

Secondo la Luxembourg i marxisti russi erano profondamente in errore quando pensavano che preponderanza del capitale costante sul capitale variabile rivelava da solo la specifica caratteristica legge della produzione capitalistica,

«per cui la produzione fine a se stessa, ed al consumo individuale è semplicemente una condizione sussidiaria.»

Per sollevare il consumo da questa posizione subordinata, la Luxembourg trasforma l'essenza interna del capitalismo in un semplice involucro. Il rapporto di c/v essa scrive, è semplicemente il linguaggio capitalistico della produttività generale del lavoro. Con un solo colpo di penna la Luxembourg priva il rapporto c/v - prudentemente isolato - dal suo carattere di classe. La produzione di valori perde il suo carattere specifico di una ben definita tappa nello sviluppo dell'umanità. La Luxembourg viene così portata a identificare c/v che il marxismo aveva considerato legge caratteristica specifica produzione capitalistica, con tutte le forme di produzione precapitalistiche; così pure con la futura organizzazione socialista (15).

Il passo inevitabile seguente è quello di svestire la forma materiale del capitalismo del suo carattere di classe. Mentre Marx costruisce la relazione tra il I Settore, che produce mezzi di produzione, ed il II Settore che produce mezzi di consumo, egli riflette le relazioni di classe inerenti al rapporto c/v, la Luxembourg invece parla di «rami della produzione» come se si trattasse termini puramente tecnici. Essa dapprincipio priva del suo contenuto di capitale la forma materiale del capitale, quindi la scarta perché non ha contenuto di capitale:

«L'accumulazione non è soltanto una relazione interna tra i due settori della produzione. È innanzitutto una relazione tra i capitalisti ed i settori non capitalisti.» (16)

La Luxembourg ha trasformato l'accumulazione del capitale da una sostanza derivata dal lavoro in un'altra il cui principale sostegno è una forza estranea: i settori non capitalisti. Per completare questa inversione della fonte principale dell'accumulazione capitalistica essa è costretta a rompere i confini della società chiusa, fuori della cui soglia era già uscita. La sua soluzione mette l'intero problema sulla propria testa, ed ora prega che noi abbandoniamo la soluzione di una società chiusa e che «permettiamo che il plusvalore venga realizzato fuori della produzione capitalistica».

Essa dice che questo passo rivelerà che dalla produzione capitalista possono emergere «sia mezzi di produzione che mezzi di consumo» (17).

Non esiste una legge che obbliga i prodotti della produzione capitalista ad essere l'uno e non l'altro. Difatti, afferma la Luxembourg, senza alcuna coscienza di quanto si stia allontanando dal metodo Marxista, la forma materiale non ha niente a che fare con i bisogni della produzione capitalista. La sua forma materiale corrisponde ai bisogni di quegli strati non capitalistici che rendono possibile il suo realizzo (18).

Differenze su ciò che determina la produzione

Per il marxismo è la produzione che determina il mercato. Invece la Luxembourg si trova in una posizione dove, pur accettando il marxismo, fa sì che sia il mercato a determinare la produzione. Una volta eliminata la fondamentale distinzione marxista tra mezzi di produzione e mezzi di consumo, quale indicativa di una relazione di classe, la Luxembourg è obbligata a guardare al mercato nel senso borghese della «domanda effettiva». Avendo perso di vista la produzione, cerca gli uomini. Giacché è ovviamente impossibile che i lavoratori ricomprino i prodotti da essi creati, essa cerca altri «clienti» per comperare questi prodotti.

Dopo essersi cosi allontanata dal metodo marxista, essa procede a rimproverare Marx per non aver usato questo punto di vista come punto di partenza. Essa scrive che la formula marxista sembra affermare che la produzione lavora per la produzione stessa. Come Saturno divorava i suoi bambini, così ogni cosa prodotta viene consumata interamente:

«Nello schema l'accumulazione viene effettuata senza che sia possibile vedere, in alcuni grado, per chi, per quali nuovi consumatori, abbia corso in ultima analisi questa continua espansione della produzione. I diagrammi presuppongono il seguente corso delle cose. L'industria del carbone si espande allo scopo di espandere l'industria dell'acciaio. Quest'ultima si espande per permettere l'espansione dell'industria metalmeccanica. L'industria metalmeccanica si espande allo scopo di contenere la sempre crescente armata di lavoratori del carbone, dell'acciaio e della metalmeccanica. E così all'infinito, in un circolo vizioso.» (19)

Grazie alla sua sostituzione del settore non capitalista alla società chiusa di Marx, la Luxembourg riesce a rompere questo «vizioso». Essa afferma che i capitalisti non sono dei fanatici e non producono per amore della produzione. Né le rivoluzioni industriali, né la «volontà» di accumulare sono sufficienti ad incrementare la riproduzione allargata: «È necessaria un'altra condizione, l'espansione della domanda effettiva» (20). Eccettuato il plusvalore che è necessario per sostituire il capitale fisso e quello necessario a fornire ai capitalisti il lusso, il plusvalore non può altrimenti saltar fuori dall'accumulazione, non può essere «realizzato». Ossia:

«Soltanto i capitalisti sono in condizione di realizzare la parte consumata del capitale fisso e la parte consumata del plusvalore. Essi possono in questa maniera garantire la condizione per il rinnovamento della produzione scala precedente.» (21)

Sembra che all'attenzione della Luxembourg sia sfuggito il concetto che «la parte consumata del capitale fisso» non è consumata personalmente, ma «produttivamente». I capitalisti non mangiano né le macchine né il loro logorio, né le macchine nuove. La parte consumata del capitale fisso ed i nuovi investimenti in capitali sono realizzati attraverso la produzione Questo è il preciso significato della riproduzione allargata, come Marx non si stancò mai ripetere.

La Luxembourg invece di parlare delle leggi della produzione basate sulla relazione capitale-lavoro, non ha ora altra scappatoia che il desiderio soggettivo dei capitalisti per il profitto. Essa scrive che la produzione capitalistica si distingue da tutti gli altri ordini precedenti di sfruttamento perché non solo ha fame di profitti, ma ha fame di sempre maggiori profitti. Ora, come può la somma dei profitti aumentare quando i profitti stessi camminano sempre in un circolo, fuori da una tasca e dentro ad un'altra (23), cioè fuori della tasca dei produttori di acciaio e dentro a quella dei magnati dell'acciaio e dell'industria metalmeccanica? Non ci dobbiamo meravigliare se Marx era così insistente nello stabilire che:

«Il profitto e quel travestimento del plusvalore che dobbiamo togliere prima che la vera natura del plusvalore venga scoperta.» (22)

In qualità di teorica seria, la Luxembourg, fu costretta a sviluppare la sua deviazione fino alla sua logica conseguenza. Mentre per Marx, l'espansione della produzione, significa un aggravamento del conflitto tra lavoro e capitale, per la Luxembourg significava innanzitutto espansione della domanda e dei profitti.

Essa contestava a Marx di aver ammesso ciò che avrebbe dovuto provare, ossia che la riproduzione allargata era possibile in una società chiusa. Con la sua attenzione centrata sull'imperialismo, essa non vide che il capitalismo si stava con molta maggior estensione, capitalisticamente (espansione della fabbricazione di macchine dentro il mercato interno) e tra paesi capitalisti (per esempio Stati Uniti ed Inghilterra) che non attraverso terzi gruppi o tra paesi capitalisti e non capitalisti.

La Luxembourg aveva lasciato la sfera della produzione per quella dello scambio e del consumo. E lì rimase. Avendo abbandonato le premesse di Marx, non aveva alcun punto di vantaggio dal quale esaminare questi fenomeni. Essa arrivò sulla grande arena del mercato, domandando che venisse provato quello che era ovvio, mentre accettava per concessi i rapporti di produzioni che appunto quell'ovvio di prima oscurava. Restando sul mercato, non vi era altro per lei che adottare il linguaggio caratteristico di quella, che lei stessa, in altre circostanze aveva chiamato la «mentalità mercantile».

La forma pura del valore

La Luxembourg afferma che, per quanto il carbone possa esser richiesto dal ferro; ed il ferro dall'acciaio, e l'acciaio per l'industria metalmeccanica sia mezzi di produzione che dei mezzi di consumo, il plusprodotto non può venir incorporato nella produzione ulteriore senza aver prima assunto la pura forma del valore, che è evidentemente denaro e profitti:

«Il plusvalore, indipendentemente dalla forma materiale che possiede, non può essere direttamente trasferito alla produzione per l'accumulazione; venir prima realizzato.» (24)

Nella stessa maniera per cui il plusvalore deve esser realizzato dopo che è stato prodotto, così dopo deve riassumere la «produttiva»di mezzo di produzione, di forza lavoro e di mezzi di consumo. Come le altre condizioni della produzione questo ci porta nuovamente al mercato. Finalmente, dopo questi avvenimenti, continua la Luxembourg, la massa addizionale di merci deve esser nuovamente realizzata e trasformata in denaro. Questo ci porta nuovamente al mercato e soltanto dopo che è successo quanto sopra... Chiudendo la porta a quello che la Luxembourg pensa sia un «vizioso» produzione per amore della produzione, essa apre la porta a quello che Marx chiamava «circolo vizioso dei prerequisiti»(25).

Mentre Marx diceva che soltanto il valore d'uso dei mezzi di produzione indica quanto sia importante la determinazione del valore d'uso nella determinazione dell'intero ordine economico, la Luxembourg lascia completamente fuori considerazione il valore d'uso del capitale: «Nel parlare della realizzazione del plusvalore» essa scrive noi a priori non consideriamo la sua forma materiale (26). Mentre Marx indica l'inseparabile modellazione del valore in valori d'uso, la Luxembourg tenta violentemente di separarli, come se il plusvalore potesse venir realizzato al di fuori della sua forma.

La contraddizione tra i valori d'uso ed il valore alla quale la produzione capitalista non può sfuggire, viene risolta dalla Luxembourg con il tentativo di scaricare il prodotto totale della produzione capitalistica sulle aree non capitalistiche.

La Luxembourg può aver così pensato di essersi liberata dal «circolo vizioso» dello schema di Marx. In realtà, liberando i suoi pensieri dalle leggi di produzione capitalistica, la Luxembourg liberava se stessa dall'attualità della lotta di classe. Ed è stato questo processo che le ha permesso di abbandonare la premessa di una società capitalistica , e di conseguenza le implicazioni e le limitazioni delle categorie marxiste.

Raya Dunajevskaja

 

[Traduzione di Gigante]

 

NOTE

[1] Accumulazione del capitale - un contributo alla spiegazione economica dell'imperialismo di Rosa Luxembourg, 1a ed. pubblicata 1913. Vi è stata molta confusione tra questo libro e la sua Anticritica, pubblicata per la prima volta nel 1919 e chiamata Accumulazione del capitale, ossia quello che gli epigoni han fatto della teoria di marx - una anticritica. Questo libro fu ripubblicato nel 1923 come Secondo volume del suo primo libro sull'Accumulazione. In questo articolo chiameremo Accumulazione il I Volume ed Anticritica il II. Il I volume citato è quello della russa di Dvoilatski, edita da Bukharin e pubblicato a Mosca nel 1921. L'Anticritica citata è l'edizione tedesca. Del 1923.

[2] Kalecki, Teoria della dinamica economica. Pag. 46.

[3] Capitale Vol. II pag. 548, Vol. III pag. 300 e Le teorie del plusvalore Vol. II, Part.II, pag. 161 (i riferimenti alle Teorie in questo articolo sono dell'edizione Russa).

[4] Capitale Vol. III, pag. 396.

(5) Quando in questo articolo la parola «realizzo» viene usata nel suo significato di sottoconsumo di vendita, verrà sempre messa tra virgolette.

(6) Lenin, Opere scelte Vol. II pag. 424 (Ed. Russa).

(7) Lenin, Opere scelte Vol. II pag. 32.

(8) Marx, Teorie del plusvalore Vol. II part. II pag. 170.

(9) Marx, Capitale Vol. II pag. 592.

(10) Vedi nota 8.

(11) La questione era complicata dal fatto che nella loro maggioranza i suoi critici erano riformisti. Essa d'altra parte attaccò indiscriminatamente sia i rivoluzionari che coloro che tradivano la rivoluzione, chiamando tutti i suoi critici «epigoni».

(12) Pag. 401.

(13) Teorie ecc. Vol. II pari. il pag. 161. Vedi pure Bukharim L'imperialismo e l'accumulazione di capitale, 1925 (in russo e tedesco).

(14) Accumulazione pag. 245 (sottolineato da me - F. F.).

(15) Accumulazione pag. 222.

(16) Idem pag. 297 (mia sottolineatura - F. F.).

(17) Idem pag. 247.

(18) Idem (mia sottolineatura - F.F.).

(19) Idem pag. 229.

(20) Accumulazione pag. 180.

(21) Idem pag. 244.

(22) Anticritica osa. 407-8.

(23) Capitale III pag. 62.

(24) Accumulazione pag. 86.

(25) Vedi la Parte I di questo articolo, relativo alla nota 10.

(26) Accumulazione pag. 245.

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