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1 aprile 2013 1 01 /04 /aprile /2013 05:00

Le origini e la diffusione del patrismo in Saharasia

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Gli aspetti geografici dell'antropologia e della climatologia

 

zeus.jpgIl mio esame preliminare del comportamento e delle istituzioni sociali in un campione di 400 culture aborigene, del livello di sussistenza differenti intorno al pianeta, indicava che le più estremiste delle popolazioni patriste vivevano in un ambiente desertico (DeMeo 1980), benché ciò non sia un'esclusiva.

Un'analisi globale più sistematica e definitiva proveniente da 1.170 culture differenti confermò più tardi la connessione deserto-patrismo, ma dimostrò che la generalizzazione non era valida per tutte le terre semi-aride od anche i deserti iper aridi di estensione geografica limitata in cui il nutrimento e l'acqua potevano essere ottenuti compiendo un breve viaggio. Più ancora  abbiamo trovato che le regioni umide adiacenti i deserti più importanti ed i più iperaridi erano patristi di carattere, un fatto che più tardi fu spiegato con le migrazioni dimostrate delle popolazioni (DeMeo 1986, 1987).

I dati culturali utilizzati per questa analisi ulteriore erano stati presi nell'Atlante Etnografico di Murdock (1967), che non conteneva nessuna carta ed era composto esclusivamente di dati tabulari descrittivi sui popoli aborigeni viventi nelle loro regioni natali. I dati per l'America del Nord e del Sud come per l'Oceania rifletteva in una larga misura le condizioni degli indigeni pre-Europei. I dati di Murdock erano assemblati a partire da centinaia di fonti fidabili pubblicati all'incirca tra 1840 e 1960; i suoi dati erano stati esaminati in modo costruttivo da altri ricercatori e sono ampiamente utilizzati per testare una teoria della crescita culturale. Ognuna di queste 1170 culture individuali erano valutate separatamente (attraverso computer) secondo 15 diverse variabili che avvicinavano lo schema matrista-patrista dato preliminarmente [4]. Le culture esibivano un'alta percentuale di caratteristiche patriste (con un grado elevato di matrismo) ricevevano uno score debole appropriato. Delle latitudini e longitudini erano ottenute per ogni cultura ed una percentuale patrista regionale era estratta per ogni serie di 5° in 5° di latitudine e longitudine. La Figura 1, la Carta Mondiale del Comportamento, emerse da questa procedura (DeMeo 1986, Capitolo 4).

demeoA.gifFigura 1. La Carta Mondiale del Comportamento: Per il periodo all'incirca tra il 1840 ed il 1960, così come è riprodotta a partire dai dati culturali aborigeni forniti dall'Atlante Etnografico di Murdock (1967), con un'interpretazione storica minima.

 

I modelli sulla Carta mondiale del Comportamento erano corroborati indipendentemente da carte separate di ognuna delle 15 variabili utilizzate nella costruzione, e da carte di altre variabili correlate (mutilazioni genitali, deformazioni craniche del bambino, fasciatura) fornita nella discussione originale (DeMeo, 1986, capitolo 5). La Carta mondiale del Comportamento dimostra chiaramente che il patrismo non si trovava dappertutto e non era casuale nella sua distribuzione mondiale. Le culture del Vecchio Mondo erano più patriste di quelle dell'Oceania o del Nuovo Mondo. Inoltre, le zone del patrismo estremo nell'Mondo Antico si trovano in un vasto fascia estendentesi attraverso l'Africa del Nord, il Vicino Oriente e l'Asia Centrale. Il fatto che questo stesso territorio geografico racchiuda quel che oggi è il più esteso ed iperarido degli ambienti desertici che si trovano sulla Terra è del più grande significato.  

Le carte di fattori ambientali in relazione con le condizioni desertiche mostrano delle distribuzioni molto simili a quelle del patrismo estremo sulla Carta Mondiale del Comportamento. La Figura 2 è, ad esempio una carta che identifica i più iper-aridi degli ambienti desertici così come determinati dal rapporto di siccità Budyko-Lettau (Budyko 1958; Hare 1977). Questo rapporto compara il totale di energia di evaporazione disponibile in un ambiente dato con il totale della precipitazione. È un indicatore più sensibile di stress in ambienti aridi di quelli utilizzati in sistemi più standard di classificazione del clima, che inducono in errore coloro che pensano che tutti gli ambienti "desertici" siano simili per natura. Le carte identificanti altri estremi ambienti stressanti, come la variabilità più ampia di precipitazione, le temperature massime più alte mensilmente, le regioni senza vegetazione, le regioni di capacità molto debole per il trasporto, le regioni di suoli desertici e le regioni inabitate mostrano delle distribuzioni molto simili dei loro aspetti più intensi e più estesi all'interno del territorio patrista desertico estremo (DeMeo, 1986, Capitolo 2; DeMeo, 1987). Ho dato lo stesso nome Saharasia a questa espansione ampia di correlazione clima estremo e cultura.

 

demeoB.gifFigura 2: Il Rapporto di Siccità Budyko-Lettau

 

Messa in contrasto della siccità relativa delle diverse terre aride intorno al globo. I valori riflettono il rapporto  tra la precipitazione e l'energia di evaporazione; i valori 2 ricevono due volte più calore di evaporazione solare che l'umidità proveniente da precipitazione, mentre i valori 10 ne ricevono 10 volte di più.  

Gli aspetti geografici dell'archeologia e della storia  

Le distribuzioni strutturate sulla Carta Mondiale del Comportamento suggerivano che il patrismo si è sviluppato all'interno della Saharasia, forse soltanto nei periodi storici dell'antichità, dopo di che è stato trasportato verso l'esterno da popoli emigranti per raggiungere le regioni umide vicine. Il test di questa ipotesi riguardante il comportamento, le migrazioni ed il clima nei tempi antichi necessitava la creazione di una nuova base di dati composti di informazioni sulle condizioni climatiche antiche, le migrazioni delle popolazioni, i fattori sociali passati rilevanti il trattamento dei bambini, degli adolescenti e delle donne, così come le tendenze al dominio maschile, il dispotismo, la violenza sadica e la guerra. Una nuova base di dati contenenti più di 10.000 note specifiche individuali sull'epoca ed il luogo è stata sviluppata e riunita cronologicamente; ogni carta conteneva dell'informazione proveniente dalla letteratura archeologica o storica identificante degli artefatti e/o delle condizioni ecologiche per dei diti o delle regioni specifiche. Più di 100 fonti distinte autorevoli sono state consultate ed indicate per comporre questa nuova base di dati, che permetteva l'identificazione ed il raffronto delle condizioni antiche attraverso delle regioni geograficamente vicine per dei periodi di tempo simili. Le epoche ed i spazi di transizione culturale ed ecologica estesi, così come i modelli di migrazioni e di insediamento, sono stati identificati. La mia focalizzazione predominante era la Saharasia e le sue terre vicine umide Afro-Euro-Asiatiche, ma un totale significativo di dati era stato anche raccolto per l'Oceania ed il Nuovo Mondo (DeMeo 1985, Cap. 6 e 7 del 1986).

A partire dai modelli osservati in questa base di dati, ero in grado di confermare che il patrismo si è sviluppato innanzitutto ed in primo luogo in Saharasia, durante lo stesso periodo in cui il suolo subiva una transizione ecologica maggiore, passando da condizioni relativamente umide a condizioni aride, desertiche. L'evidenza di dozzine di studi archeologici e paleoclimatici indica che la cintura del grande deserto della Saharasia moderna era, antecedentemente ai 4.000-3.000 anni prima della nostra era, una savana di prateria semi forestale. Una fauna grande e piccola, come l'elefante, la giraffa, il rinoceronte e la gazzella viveva in queste praterie degli altopiani, mentre l'ippopotamo, il coccodrillo, il pesce, i serpenti e i molluschi si sviluppavano nei torrenti, fiumi e laghi. Oggi, la maggior parte di questo stesso terreno Nordafricano, Mediorientale e dell'Asia Centrale è iperarido e spesso sprovvisto di vegetazione. Alcuni di questi bacini ora asciutti della Saharasia erano allora pieni con livelli che andavano da poche decine di metri sino a centinaia di metri di profondità, mentre nei canyon e negli uadi scorrevano dei torrenti e dei fiumi.

Ma cosa ne è stato delle popolazioni che abitavano la Saharasia durante le epoche umide? L'evidenza è anch'essa chiara su questo punto: questi popoli primitivi erano pacifici, non armati, e matristi di carattere.Infatti, avevo concluso che non esiste nessuna prova chiara, innequivocabile o senza alcuna ambiguità dell'esistenza di un patrismo rilevante in qualsiasi parte della Terra anteriormente a 4.000 anni alla nostra era. Sono stati scoperti soltanto pochi esempi su scala regionale isolati nella documentazione archeologica, che sono interpretati nel contesto delle mie scoperte sulla Saharasia in un nuovo articoloUpdate on Saharasia [Aggiornamento sulla Saharasia], come cito successivamente.

Esistono tutavia delle notevoli evidenze per delle condizioni sociali matriste primitive. Queste conclusioni sono effettuate in parte a partire dalla presenza di alcuni manufatti di questi tempi più remoti, che includono: l'inumazione sensibile e accurata del defunto, indipendentemente dal sesso, con una richezza significativa relativamente uniforme; delle statue di donne sessualmente realiste; e una lavorazione artistica naturale e sensibile sulle pareti rocciose e sulle ceramiche che pongono in evidenza le donne, i bambini, la musica, la danza, gli animali e la caccia. Nei secoli successivi, alcune di queste popolazioni matriste pacifiche sono progredite tecnologicamente, ed hanno sviluppato delle territori agrari notevoli e non fortificati anche commerciali, soprattutto a Creta, nella Valle dell'Indo e nell'Asia Centrale Sovietica. L'inferenza del matrismo in questi tempi antichi è anche segnata dall'assenza di evidenze archeologica riguardanti il caos della guerra, dal sadismo e brutalità che diventa abbastanza evidente negli strati più recenti, dopo che la Saharasia divenne arida.

L'evidenza archeologica ulteriore include: delle armi da guerra, degli strati di distruzione, delle robuste fortificazioni, dei templi e delle tombe in onore a grandi sovrani, la deformazione del cranio del bambino, l'omicidio rituale delle donne nelle tombe o fosse degli uomini generalmente più attempati, i sacrifici di bambini in rituali di fondazione, fosse comuni con corpi mutilati e gettati alla rinfusa dentro di esse, stratificazioni di casta, schiavitù, gerarchia sociale estrema, la poligamia e il concubinaggio, determinati a partire dall'architettura, dalle ricchezze all'interno della tomba e da altre sistemazioni funerarie.

Lo stile artistico e il materiale del soggetto dei periodi aridi successivi cambia anch'esso valorizzando i combattimenti a cavallo, i cavalli, i carri, le battaglie ed i cammelli. Le scene di donne, di bambini e della vita corrente scompaiono. Le statue di donne naturaliste e il lavoro artistico diventano simultaneamente astratti, non realisti addirittura anche feroci, perdendo le loro qualità precedenti di gentilezza, di educazione o di erotismo; oppure spariscono del tutto sostituite dalle statue di divinità maschili o di re divini. La qualità del lavoro artistico così come gli stili architettonici decadono per quel che riguarda i siti del Vecchio Mondo durante tali epoche, seguiti negli anni successivi da motivi bellici e fallici (DeMeo 1986, Capitoli 6 e 7). Certo, non sono stato io per primo a notare l'esistenza di transizioni culturali nelle documentazioni archeologiche e storiche, oppure i potenti effetti del cambiamento ambientale sulla cultura [5]. Tuttavia, il mio lavoro fu il primo a presentare simultaneamente una visione d'insieme, ad essere dedotto sistematicamente e specifico sia nel tempo che nei siti.

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Arte sulle rocce parietali nel Nord Africa. Periodo Umido Neolitico di Cacciatori-Raccoglitori, 7000 a.C. circa. Periodo Umido Neolitico, Agricolo-pastorale, 5000 a.C. circa. Età arida del Bronzo di Guerrieri. Periodo dei Cavalli, Carri, Cammelli, 2000-500 a. C. circa.

 

Con poche speciali eccezioni, possiamo trovare la prima e più antica evidenza di queste condizioni sociali caotiche e del patrismo sulla Terra in quelle parti della Saharasia che cominciarono ad inaridirsi per prile, e cioè all'interno o molto vicine all'Arabia e all'Asia Centrale. Eccezioni speciali sono dei siti in Anatolia e nel Levante, che contengono un'evidenza un po' debole che suggerirebbe che un patrismo molto limitato deve essere esistito sin dal 5.000 avanti la nostra vera; ma questa evidenza esiste insieme ad un'altra che suggerirebbe una sotto fase anteriore arida in queste stesse regioni, con una tendenza complementare verso una migrazione e un pastoralismo nomade. Così, esse appaiono come delle eccezioni che confermano la regola: una forte desertificazione ed un trauma da carestia hanno potentemente turbato la struttura sociale matrista originaria ed hanno promosso lo sviluppo di comportamenti e di istituzioni sociali patriste; il patrismo veniva inoltre aggravato e intensificato da un abbandono della terra molto vasto, da assestamenti migratori e una competizione per le scarse risorse d'acqua.

 

La genesi del patrismo in Saharasia

 

Successivamente al 4.000-3.500 anni prima della nostra era, delle trasformazioni sociali radicali sono evidenti nella rovine di insediamenti precedentemente matriste e pacifiche lungo i fiumi nelle valli dell'Asia Centrale, in Mesopotamia e nell'Africa del Nord. In ognuno di questi casi, un'evidenza dell'accresciuta aridità e dell'abbandono di terra coincide con delle pressioni migratorie negli insediamenti dotati di presenza idrica, così come quelle delle oasi o dei fiumi esotici. L'Asia Centrale ha anche sperimentato un abbassamento nei livelli dei laghi e nei letti dei fiumi coincidenti con l'instabilità climatica e l'aridità, che stimolarono l'abbandono degli ampi bacini dei laghi o dell'irrigazione delle comunità agricole.

Delle colonizzazioni sul Nilo o il Tigri e l'Eufrate, così come nelle zone umide degli altipiani del Levante, dell'Anatolia e dell'Iran, sono state invase e conquistate da popoli che abbandonavano l'Arabia e/o l'Asia Centrale, che continuava ad inaridirsi. Nuovi stati centrali dispotici emersero successivamente. La tomba, il tempio e l'architettura di fortificazione, con l'evidenza di un omicidio rituale della vedova (oppure della della madre, quando esso è compiuto dal figlio maggiore), la deformazione del cranio, l'accento sul cavallo e il cammello, e la crescita del militarismo appaiono in seguito alle invasioni in quasi tutti i casi che ho studiato.

A mano a mano che questi nuovi stati centrali dispotici crescevano di potere, essi estendevano i loro territori, qualche volta per conquistare le tribù pastorali nomadi ancora presenti nella steppa instato di inaridimento. Alcuni di questi stati dispotici invadono periodicamente le terre umide adiacenti la Saharasia per estendere i loro territori. Essi conquistano sia le popolazioni locali nelle terre umide oppure, se non vi riescono, provocavano delle reazioni difensive tra di esse, la qual cosa può essere osservata nella conseguente apparizione delle fortificazioni, di tecnologia delle armi e da un livello intermedio di patrismo in queste regioni umide. Altri stati dispotici Saharasiani spariscono eventualmente dai libri di storia a mano a mano che l'aridità si intensificava e si inaridivano (DeMeo 1985, capitolo 6).


La Diffusione del Patrismo nei Paesi Limitrofi della Saharasia


Il Patrismo è apparso nei paesi limitrofi umidi della Saharasia dopo, e soltanto dopo che si era sviluppato nel cuore della Saharasia che si stava inarridendo. Con la progressione dell'aridità nella Saharasia, e con la risposta armata, patrista opprimeva in modo crescente le popolazioni saharaiane, delle migrazioni fuori dalle regioni aride ponevano sempre più tali popoli in contatto con le popolazioni più pacifiche delle terre limitrofe più umide della Saharasia. In modo crescente, le migrazioni fuori dalla Saharasia prendono posto sotto forma di invasioni massicce dei territori confinanti più fertili.

In queste terre limitrofe, il patrismo mise radici non grazie alla desertificazione o a causa dei traumi dovuti alla carestia, ma attraverso lo sterminio e la sostituzione delle popolazioni matriste originarie da parte dei gruppi patristi invasori, o attraverso l'adozione forzata di nuove istituzioni sociali patriste introdotte dai popoli conquistatori invasori. Ad esempio, l'Europa era invasa in modo continuo dal 4.000 prima della nostra era da popoli dell'Ascia come i Kurgan, Sciti, Sarmati, Unni, Arabi, Mongoli e Turchi. Ognuno di essi si sostituì all'altro facendosi la guerra, conquistando, saccheggiando e in genere trasformando l'Europa in senso  fortemente patristico. Le istituzioni sociali europee si orientarono progressivamente dal matrismo al patrismo, con le parti più occidentali d'Europa, soprattutto la (Grande Bretagna e la Scandinavia,svilupparono verso condizioni patristiche più tardi e sotto una forma più diluita rispetto al Mediterraneo o all'Europa orientale, che furono più profondamente influenzate dai popoli Saharasiani.

Attraverso il Vecchio Mondo, nelle parti più umide della Cina, delle condizioni matriste più pacifiche prevalsero sino all'arrivo dei primi invasori patristi estremisti, i Shang ed i Chou, 2.000 anni prima della nostra era. Delle invasioni successive degli Unni, Mongoli e altri avrebbero rafforzato il patrismo nella Cine umida. La cultura Giapponese rimase matrista un po' più a lungo, dato l'isolamento dovuto al Mar della Cina e l'area Coreana, sino all'arrivo dei primi gruppi patristi invasori dal cintinent Asiatico, come gli Yayoi, intorno al 1.000 avanti la nostra era. Nell'Asia del Sud, le colonie pacifiche, ampiamente matriste e guerrieri provenienti dall'Asia Centrale.

Il patrismo si estese in seguito in India e si intensificò durante i secoli successivi con le invasioni degli Unni, degli Arabi e dei Mongoli, provenienti dall'Asia Centrale. Il matrismo prevalse in modo simile nell'Asia Sud orientale sino all'assalto delle migrazioni e invasioni patriste successive, a volte per via terrestre altre per via marittima, a partire dagli stati patristi monarchici della Cina, dell'India, del'Africa e delle regioni Islamiche. Nell'Africa sub-sahariana un'evidenza disponibile suggerisce che il patrismo è dapprima apparso con l'arrivo dei diversi popoli migranti in direzione sud, all'incirca nell'epoca in cui l'Africa del Nord si inaridiva e venne abbandonata. Le influenze Faraoniche Egiziane, Cartaginesi, Greche, Romane, Bizantine, Bantù, Arabe, Turche ed Europee coloniali accrebbero il patrismo Africano negli anni seguenti (DeMeo 1985, Capitolo 6, 1986).

I modelli geografici nelle migrazioni, le invasioni e nella colonizzazione colpiscono molto. Due zone maggiori nel cuore del patrismo appaiono nei dati dopo il 4.000 prima della nostra era, l'una in Arabia e l'altra in Asia Centrale, le terre rispettive a partire dalle quali i popoli Semiti ed indo-ariani migrarono (Figure 3). Erano anche le prime parti della Saharasia a iniziare ad inaridirsi, benché altre parti della Saharasia cominciavano a prosciugarsi e a convertirsi al patrismo in pochi secoli. Un altro aspetto storico di queste irruzioni dal deserto di nomadi guerrieri possono essere osservati nelle Figure 4 e 5, che ritraggono i territori occupati in un momento e in un altro successivo rispettivamente dagli Arabi e i Turchi (Jordan & Rowntree 1979; Pitcher 1972). I territori di questi due gruppi, che furono gli ultimi di una serie di invasori provenienti dall'Arabia e dall'Asia Centrale, ricoprono totalmente al 100% la Saharasia desertica, espandendosi verso l'esterno nei paesi limitrofi più umidi.

demeoD.gifFigura 3. Percorsi di diffusione della cultura umana armata (complesso culturale patrista) nel Vecchio Mondo, per il periodo che inizia da 4.000 anni prima della nostra era. 1. Centro Arabico; Centro dell'Asia Centrale.

 

 

 

Figura 4. Zone influenzate o occupate dagli eserciti Arabi dal 632 d. C. (da: Jordan & Rowntree, 1979).
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Figura 5. Zone Influenzate o occupate dagli eserciti Turchi dal 540 d. C. (da: Pitcher, 1972).

 

Questi fatti geografici spiegano perché il matrismo era preservato su una grande estensione in queste regioni per la maggior parte distanti dalla Saharasia. Le regioni alla periferia della Saharasia (soprattutto le isole), come l'Inghilterra, Creta, la Scandinavia, l'Artico asiatico, l'Africa del Sud, l'India del Sud, il Sud Est Asiatico e l'Asia insulare, dimostrano una relazione storica ulteriore con una adozione del patrismo, e una diluzione conseguente del patrismo con delle istituzioni sociali matriste indigene preesistenti. A partire dalle più diverse fonti utilizzate per costruire la mia base di dati, la Figura 3 è stata sviluppata per suggerire dei modelli di diffusione del patrismo all'interno del Vecchio Mondo. I vettori sono soltanto una prima approssimazione, ma sono in accordo con gli studi precedenti con le migrazioni e la diffusione dei popoli. Questi modelli geografici, presi dalla letteratura archeologica e dalla storia, sono supportati in modo indipendente da un modello spaziale molto simile nei dati antropologici più recenti, come quelli forniti in Figura 1, La Carta Mondiale del Comportamento.

 

 

La diffusione del patrismo in Oceania e nel Nuovo Mondo

 

Queste osservazioni concernenti le migrazioni patriste devono essere estese allo scopo di includere la diffusione trans-oceaniche del patrismo proveneienti dal Vecchio Mondo, attraverso l'Oceania e probabilmente anche dal Nuovo Mondo. Una mappa delle vie suggerite è data nella Figura 6, che non attribuiscenessuna altra regione fonte per il patrismo se non la Saharasia. Quest'ultima mappa era derivata dalle diverse mappe presentate presentate in precedenza, compresa la Carta del Comportamento Mondiale, e così per le altre fonti fornite nella mia dissertazione. Una ricerca addizioanle sarebbe molto necessaria per confermare o chiarire queste vie suggerite. È significativo che il patrismo nelle Americhe era identificato nella Carta Mondiale del Comportamento innanzitutto tra le popolazioni che vivevano lungo le coste o tra quelle i cui antenati svilupparono le loro comunità patriste più antiche su delle regioni costiere.

Inoltre, è significativo che i popoli patristi antichi delle Americhe erano della stessa cultura per le quali altri hanno indicato, sulla base di materiale culturale, artistico o linguistico, una connessione precolombiana con gli stati patristi che navigavano sull'oceano e che appartenevano al Vecchio Mondo [6]. Tuttavia, un patrismo più limitato si è sviluppato indipendentemente in Oceania e nel Nuovo Mondo attraverso un meccanismo di deserto-carestia-migrazione simile a quello dimostrato per la Saharasia, probabilmente all'interno del Deserto Australiano, nel Grande Bacino arido dell'America del Nord, e/o del deserto di Atacama (DeMeo 1986, Capitolo 7).

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demeoF.gifFigura 6. Modelli suggriti di diffusione del patrismo intorno al mondo, prima di Cristoforo Colombo e della migrazione europea.

 

 

CONCLUSIONI

 

La teoria delle origini Saharasiane del patrismo armato è stata sviluppata secondo un esame geografico sistematico di dati archeologici, storici e antropologici. La cartografia di questi diversi dati è stata effettuata allo scopo di capire meglio la genesi del patrismo e testare la pertinenza predittiva delle ipotesi di base di partenza. Questo è stato compiuto attraverso l'esame delle dimensioni geografiche delle istituzioni sociali specifiche sia che intralciano gli impulsi di legami biologici di base madre-figlio e uomo-donna, o che indicano un livello elevato di dominio maschile, di gerarchia sociale e di aggressione distruttrice. In quanto tale, le ipotesi di base di partenza dello studio, e cioè la teoria sessuo-economica del comportamento umano, gli schemi matristi-patristi ed i legami causali tra la desertificazione e il patrismo sono stati inoltre verificati e rafforzati. Queste scoperte suggeriscono fortemente che le componenti innate del comportamento sono limitate negli aspetti diretti verso il piacere di vita e della vita sociale, che trasmettono un istinto di sopravvivenza e dei vantaggi legali alla salute per i figli in crescita, e lo sforzo per preservare l'unità sociale. Sono i comportamenti matristi e le istituzioni sociali che sostengono e proteggono le funzioni di legami tra i figli neonati e le loro madri, che nutrono il bambino attraverso le sue diverse tappe di sviluppo, e che incoraggiano e proteggono i legami d'amore e di eccitazione del piacere che si sviluppano spontaneamente tra i giovani maschi e femmine.

Da questi impulsi biologici diretti verso il piacere sono scaturite altre tendenze socialmente cooperative, e delle istituzioni sociali sostenitrice della vita e protettrici di vita. Si è dimostrato che tali impulsi e comportamenti, che sono filo bambini, filo donna, orientati verso il piacere e la positività del sesso, esistevano in modo predominante in tempi molto recenti e all'esterno dei limiti della cintura del desero Saharasiano. Tuttavia, erano all'inizio le forme dominati di comportamento e di organizzazione sociale ovunque sul pianeta, prima che la siccità del Vecchio Mondo non si verificasse. Data la nuova prova qui presentata, il patrismo, per includere le sue componenti di abusi infantili, di subordinazione della donna, di repressione sessuale e aggressività distruttrice, è meglio e più semplicemente spiegato come una risposta emotiva e culturale contratti dalle condizioni traumatiche della carestia che si sono sviluppate dapprima quando la Saharasia si è inaridita 4.000 anni avanti la nostra era, una risposta che si è estesa in maniera conseguente fuori dal deserto attraverso la diffuzione dei popoli colpiti e traumatizzati, e le loro istituzioni sociali alterate.

 

NOTE

 

[4] Le 15 variabili erano: Tabù sessuali della donna prima del matrimonio, Segregazione dei ragazzi adolescenti, Mutilazioni genitali dei maschi, Dote della sposa, Organizzazione familiare, Residenza maritale, Tabu sessuale post partum, Gruppi di Parenti, Discedenza, Eredità della terra, Eredità della proprietà mobilòe, Grande dio, Startificazione di classe, stratificazione di casta e di schiavismo.

[5] Il mio studio fu possibile soltanto grazie a precedenti eccellenti lavori di altri ricercatori scientifici. Oltre il lavoro di Reich, le mie idee sull etrasformazioni culturali e ambientali provengono in un'ampia misura dai lavori di Bell (1971), Gimbutas (1965), Huntington (1907, 1911), Stone (1976) e Velikovsky (1950, 1984), benché io assuma una totale responsabilità per le conclusioni e documenti qui presentati.


[6] Questa scoperta ricusa direttamente l'asserzione che tutti i popoli precolombiani del Nuovo Mondo siano arrivati emigrando attraverso lo Stretto di Behring durante i periodi di glaciazione intorno al 10.000 a. C. Se il patrismo fosse stato apportato nel Nuovo Mondo durante quest'epoca, sarebbe stato distribuito in modo omogeneo. La quantità e la qualità dei dati supportano l'idea che contatti precolombiani sono cresciuti in modo enorme in tempi recenti. Per un sommario di una tale evidenza, vedere il Capitolo 7 di DeMeo, 1986.

 

 

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Le origini e la diffusione del Patrismo nella Saharasia 01 di 02

Link al post originale:

http://www.orgonelab.org/saharasia_fr.htm

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11 marzo 2011 5 11 /03 /marzo /2011 07:00

Abbiamo accennato in vari saggi già apparsi all'interno del presente blog alle culture gilaniche neolitiche basate su rapporti egualitari e funzionali tra i sessi, privi di apparati statuali e quindi eserciti e ignoranti in fatto di violenza e quindi guerre, ecc. 

In attesa di ulteriori approfondimenti, vasti ed esaustivi, di natura teorica e storiografica, riteniamo doveroso porre in risalto le aree in cui queste culture, caratterizzate dal culto della dea madre, dal modo di produzione agricolo e da un vasto e fiorente commercio su scala internazionale, lasciarono i loro segni più profondi. 

Dopo Creta minoica, l'isola di Malta merita senz'altro attenzione per la quantità e qualità dei reperti archeologici a dir poco impressionanti.

 

Malta dea dormiente

  Dea Dormiente dall'isola di Malta

 

 



Templi megalitici dell'isola di Malta

 

 

di Kathy Dauthuille 

 

L'isola di Malta è soprattutto conosciuta per i suoi cavalieri ma poco per i suoi templi. Infatti l'isola di Malta e la piccola isola di Gozo posta a lato, possiedono sette templi megalitici; attualmente diciasette siti raggruppano trentatré vestigia in totale.

  

Questi templi sono i più antichi del mondo e datano dell'età del bronzo. Il tempio di Ggantija (che vuol dire gigante) si trova sull'isola di Gozo e data al 3600 a. C., in fondo ad una camera si trovano delle strutture tabulari. Non molto distante un circolo di pietre (resti di un ipogeo).


 

   Tempio di Ggantija. © Photo K. Dauthuille

 

Il tempio di Tarxien data al 3500 a. C., vi si trovano bassi rilievi a spirale, la parte bassa di un astatua di dea (dalle forme generose, forse una statua della fecondità).

 

Tempio di Tarxien. © Photo C. Dauthuille

  

Il tempio di Hagar Qim che data al 2600 a. C., possiede un muro di cinta ciclopico e Mnajdra che data al 3500 a. C., mostra delle poret monilitiche, sono dei templi dalle strutture colossali, si può trovare in un muro una pietra di 6,60 m pesante 20 tonnellate.

 

 



Tempio di Hagar Qim. © Photo K. Dauthuille

  

  

  

    

 Tempio de Mnajdra. © Photo K. Dauthuille  

 

Questi templi (edificati spesso tre alla volta) hanno in comune il fatto di essere edificati in cammere elissoidali che hanno il contorno delle statue della fertilità; infatti, sovrapponendo i contorni  della statua e del tempio, questi coincidono. Sono dei santuari dotati di absidi. Quello di Mnajdra è edificato in modo tale che i raggi del sole levante entri nel corridoio centrale.

 

 

Pianta del tempio di Mnajdra. © Photo K. Dauthuille

 

 

 

 

Troviamo degli altari e dei "passaggi di oracolo".

 

 

Altare. © Photo K. Dauthuille


 

 

Passaggio di oracolo. © Photo K. Dauthuille

 

Parallelamente alle enormi statue della fecondità, si sono ritrovati nell'ipogeo di Hal Saflieni una statuetta in terracotta rappresentante una enorme signora addormentata, vestita con una gonna pieghettata in basso. Si potrebbe pensare che questa statuetta era legata al rito del "sogno lucido" praticato un tempo nelle "sale di incubazione".

dea-di-malta-III-millennio.jpg

 

Sono dei luoghi impressionanti per la loro forma e per il loro simbolismo.


 

Dea di Skorba

 

 

Il resto del tempio maltese più antico sarebbe un muro di grandi pietre secche erette nel neolitico sul sito di Skorba. Datante al 5200 a. C., sarebbe dunque anteriore di 700 anni alla prima costruzione megalitica continentale il Cairn di Barnenez nel finisterre (da 4500 a 3500 a. C.), di 1200 anni rispetto agli allineamenti di Carnac (4000 a. C.), di 2400 anni rispetto al cerchio di Stonehenge (dal 2800 al 1100 a. C.) e 2600 anni prima delle piramidi d'Egitto (da 2600 al 2400 a. C.).

 

Malta--idoli-gemelli-dall-ipogeo-di-Xaghra.jpg

Idolo gemello dall'ipogeo di Xaghra

 


 

 

  

[Traduzione di Ario Libert] 

 

 

LINK al post originale:

Les temples mégalithique de l'ile de Malte 

 

 

LINK pertinenti:

James DeMeo, Le origini e la diffusione del patrismo in Saharasia, 01 di 02

Serge Papillon, La teoria dei Kurgan

Ricercatori libertari. [Marija Gimbutas]

C'era una volta l'isola di Creta, da: "Planète non-violence", 2004

 

LINK ad un documentario You Tube su Malta megalitica:

  


 

 [2]; [3]; [4]; [5];

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1 novembre 2009 7 01 /11 /novembre /2009 17:02
Sottoponiamo all'attenzione dei lettori un saggio di vasto respiro che abbiamo ritenuto opportuno suddividere in due parti. L'autore, James DeMeo, Direttore del Laboratorio di Ricerca Biofisica sull'Orgone in Oregon, quindi un prosecutore dei rivoluzionari studi intrapresi dal grande ricercatore Wilhelm Reich sin dagli anni Quaranta del secolo scorso, attraverso la comparazione di molte centinaia di culture giunge a conclusioni sorprendenti e che si integrano magnificamente con altri studi innovatori compiuti negli ultimi decenni concernenti le ere remote della storia dell'umanità, soprattutto il sorgere e diffondersi della cultura patrista in concomittanza con la distruzione delle civiltà gilaniche o matristiche.
Il saggio è del 1990, quindi concomittante a Il calice e la spada di Riane Eisler ma anche dei primi studi sulla genetica delle popolazioni umane, che, unitamente a numerosi altri studi e scoperte, hanno consegnato alla ricerca storica e soprattutto alla interpretazione storica, materiali importanti quanto inquietanti. Oggi ne sappiamo veramente molte di cose sul sorgere delle caste, delle classi sociali, delle gerarchie, del militarismo, delle religioni abrutenti, ed antiumane, del sorgere delle oppressioni sociali e delle istituzioni schiavistiche. Non è affatto stato sempre così, quindi.
I discorsi sulla natura umana, concepita sempre a fosche tinte e statica, atemporale, da tutti gli orientamenti ideologici e filosofici, non trovano più alla luce di questi ed altri studi, alcuna conferma, anzi, dimostrano ampiamente con tanto di sterminati dati materiali, la precedenza storica di civiltà e culture egualitarie, socialmente progredite, rispettose della vita e dei diritti umani elementari, primo tra tutti quello di essere autenticamente liberi dai bisogni base di tutte le oppressioni e soprattutto dalle istituzioni repressive e dedite al controllo sociale ed all'organizzazione del consenso attraverso la creazione delle sperequazioni.
Voremmo inviatare il lettore a considerare quanto qui detto da DeMeo, sotto l'angolazione del sorgere storico delle strutturae psichice di cui è dotato l'uomo moderno stesso, anche perché tale vuole anche essere il contributo del ricercatore americano e tale era il pensiero di Wilhelm Reich, il bandito da tutte le accademie ed organizzazioni politiche sedicenti democratiche, e su cui avremo modo di ritornare.


Le origini e la diffusione del patrismo in Saharasia


deserto-marocco.jpg

Intorno al 4000 prima della nostra era: evidenziazione  di un modello mondiale di comportamento umano, geograficamente legato al clima*


di  James DeMeo**


*Pubblicato originariamente in: Kyoto Review 23, pp. 19-38, Primavera 1990 (Giappone); Emotion 10, 1991 (Germania); World Futures: The Journal of General Evolution, 30: 247-271, 1991: e Pulse of the Planet 3: 3-16, 1991. Una più ampia presentazione del lavoro del Dr. DeMeo su questo progetto è disponibile nel libro Saharasia: The 4000 BCE Origins of Child Abuse, Se-Repression, Warfare an Social Violence, in the Deserts of the Old World, Natural Energy Works, 1998.

 

** Direttore, Laboratorio di Ricerca Biofisica sull'Orgone, PO Box 1148 Ashland, Oregon 97520 USA. demeo@mind.net

 

Tutto il testo e tutti i grafici sono protetti da diritti di copia (C) 2000 e non devono essere duplicati o copiati o utilizzati senza il permesso dell'autore.


Sintesi:

 Attraverso un'analisi sistematica dei dati antropologici su 1170 culture a livello di sussistenza, abbiamo correlato e sviluppato dei modelli geografici globali delle istituzioni sociali di comportamento patristici, corazzati, violenti, traumatici, dolorosi e repressivi che impediscono i legami madre-figlio e uomo-donna. Quando i dati sul comportamento sono stati cartografati, abbiamo scoperto che la cintura desertica iperarida circondante l'Africa del Nord, il Vicino Oriente e l'Asia centrale, che io chiamo Saharasia, possiede la più vasta estesa territoriale delle istituzioni sociali e dei comportamenti patristi più estremi sulla Terra. Abbiamo scoperto che le regioni più lontane dalla Saharasia, in Oceania e nel Nuovo Mondo, possiedono i comportamenti più matristi, non corazzati e dolci che sostengono e proteggono i legami madre-figlio e uomo-donna. Una rivista sistematica dei materiali archeologici e storici suggerisce che il patrismo si è sviluppato in primo luogo in Saharasia all'incirca 4000 anni prima della nostra era, l'epoca di una transizione ecologica maggiore da condizioni relativamente umide di praterie-foreste verso condizioni di deserto arido. Dei modelli di popolamento e di migrazione dei popoli patristi sono stati delineati, a aprtire dai loro focolari più antichi in Saharasia, allo scopo di spiegare l'apparizione successiva del patrismo nelle regioni situate fuori dalla Saharasia. Prima dello stabilirsi di condizioni di siccità in Saharasia, la prova dell'esistenza del matrismo è ampiamente estesa, mentre quella del patrismo in generale inesistente. È provato che il matrismo costituisce la forma più antica, più primitiva e più innata di comportamento umano e dell'organizzazione sociale, mentre il patrismo, perpetuato attraverso istituzioni sociali traumatizzanti, si è innanzitutto sviluppato tra gli Homo Sapiens in Saharasia, sotto la pressione di una desertificazione e di una carestia durissime e da migrazioni forzate. Le osservazioni psicologiche di Wilhelm Reich permettono di comprendere il meccanismo attraverso il quale i comportamenti patristi (corazzati, violenti) si sono stabiliti e sono proseguito a lungo dopo che il trauma iniziale era passato.



INTRODUZIONE

deserti-del-mondo.jpgIl presente articolo riassume l'evidenza e le conclusioni del mio studio, durato sette anni nel mondo intero, della variazione regionale del comportamento umano e dei fattori relativi socio-ambientale, uno studio che ha costituito la mia tesi di dottorato (DeMeo 1985, 1986, 1987). Nella mia ricerca, mi sono specificatamente focalizzato su un complesso maggiore di atteggiamenti repressivi e traumatizzanti, di comportamenti, di abitudini sociali e di istituzioni che hanno una correlazione con la violenza e la guerra. Il mio studio è consistito in osservazioni cliniche e incroci culturali sui bisogni biologici dei bambini di pochi anni, dei bambini e degli adolescenti, e sugli effetti repressivi e devastanti che alcune istituzioni sociali e classi di ambiente naturale brutale hanno su questi bisogni e anche sulle conseguenze comportamentali di una tale repressione e di un tale danno.

L'approccio geografico delle origini del comportamento umano, così come è qui presentato, ha permesso la ricostruzione di una descrizione globale più chiara della nostra più antica storia culturale. La relazione causale tra le istituzioni sociali traumatizzanti e repressive e la guerra e l'aggressione distruttrice è stata verificata e rafforzata nel mio approccio, il che ha confermato l'esistenza di un periodo antico nel mondo intero di condizioni sociali relativamente tranquille, in cui la guerra, la dominazione maschile e l'aggressione distruttrice erano sia assenti sia a livelli particolarmente bassi. E quel che è più importante, è che è stato possibile determinare i due periodi e regioni precisi sulla Terra in cui la cultura umana ha trasformato per la prima volta delle condizioni tranquille, democratiche, egualitarie, in condizioni violente, dispotiche, guerriere.

Queste scoperte sono state rese possibili soltanto grazie a studi di terreni recenti, paleo-climatici ed archeologici (che hanno rivelato delle condizioni sociali ed ambientali precedentemente mascoste) ed in ragione dello sviluppo delle grandi basi di dati culturali provenienti da centinaia e addirittura migliaia di culture attraverso il mondo. Il computer, anch'esso una recente innovazione, ha permesso un accesso più facile a tali dati e la preparazione in pochi anni di mappe globali di comportamento che altrimenti avrebbero necessitato una vita intera per essere approntate. Il mio approccio su queste questioni ha costituito egualmente una delle prime revisioni geografiche globali sistematicamente derivate dalle istituzioni sociali e del comportamento umano, evidenziando un modello globale sino ad ora inosservato nettamente disegnato del comportamento umano. Prima di presentare le mappe, che rappresentano in forma spaziale il nucleo delle mie scoperte, una discussione sulle variabili di interesse e la teoria dietro le mappe è necessaria.

 

La cultura matrista contro la cultura patrista:

Le radici della violenza nel traumatismo dell'infanzia e la repressione sessuale


Reich--01.jpgLa ricerca verteva inizialmente sullo sviluppo di un'analisi geografica globale dei fattori sociali in relazione con la repressione primitiva, sessuale e del traumatismo dell'infanzia, come test della teoria sessuo-economica di Wilhelm Reich (1935, 1942, 1945, 1947, 1949, 1953, 1967, 1983). La Teoria di Reich, che si sviluppò divergendo dalla psicoanalisi, designò l'aggressione distruttrice e la violenza sadica dell'Homo Sapiens come una condizione anomala, risultando dalla inibizione cronica indotta in modo traumatizzante dalla respirazione, dall'espressione emotiva e dagli impulsi diretti verso il piacere. Secondo questo punto di vista, l'inibizione è cronica presso gli individui in virtù della pena specifica, dei riti censuranti il piacere e delle istituzioni sociali che consciamente o inconsciamente interferiscono con i legami madre-bambino e uomo-donna. Questi riti e istituzioni esistono allo stesso tempo tra le società "primitive" e le società "civilizzate" tecnologicamente sviluppate.

 

Alcuni esempi sono: un'afflizione razionalizzata o inconscia della sofferenza verso i bambini neonati ed i bambini attraverso diversi mezzi; la separazione e l'isolamento del bambino dalla madre, l'indifferenza verso il bambino che piange, la sua immobilizzazione, la fasciatura per 24 ore; il rifiuto di dargli il seno  e svezzamento prematuro del bambino; il fatto di tagliare la carne del bambino, solitamente gli organi genitali; l'esercizio di un lavaggio traumatizzante e le tendenze al silenzio, alla non curiosità e di obbedienza, rafforzate con paure o una punizione fisica. Altre istituzioni sociali hanno per scopo di controllare o di eliminare le influenze del risveglio sessuale del bambino come il tabù della virginità femminle esatto da ogni cultura riverente un grande dio patriarcale, così come la punizione ed il matrimonio compulsivo o sistemato attraverso una colpevolezza rinforzata.

 

burka_graduation.jpg La maggior parte di queste restrizioni e punizioni rituali ricadono soprattutto sulla donna benché gli uomini siano anch'essi molto colpiti. Le richieste per una resistenza al dolore, la soppressione dell'emozione ed un'obbedienza senza restrizione ai rappresentanti dell'autorità degli anziani (solitamente degli uomini) riguardanti le decisioni basilari di vita sono degli aspetti integrali di tali istituzioni sociali, tendenti a controllare anche il comportamento dell'adulto. Queste istituzioni sono aiutate e difese dall'individuo medio in seno ad una società data, irrispettosa del loro dolore, della riduzione del loro piacere o delle conseguenze della minaccia sulla vita e sono considerate senza discernimento come "valide", come esperienze che "forgiano il carattere", come parte della "tradizione". Tuttavia, a partire da un tale complesso di istituzioni sociali dolorose e repressive, è provato che i componenti nevrotici, psicotici, autodistruttivi e sadici del comportamento umano sono espressi in sovrabbondanza sia in modo occultato o inconscio sia in modo palese o attraverso mezzi evidenti.

Secondo il punto di vista sessuo-ecomomico di Reich, una corazza caratteriologica e muscolare cronica si forma nell'essere umano in crescita secondo il tipo e la gravità del trauma doloroso provato. I processi biofisici che normalmente conducono ad una respirazione totale e completa, ad un'espressione emotiva ed una scarica sessuale durante l'orgasmo sono bloccati in modo cronico da questa corazza sino ad un punto più o meno prolungato, conducendo all'accumulazione di una tensione (bioenergetica) emotiva e sessuale repressa. La riserva contenuta di tensione interna conduce l'organismo a comportarsi in modo generalmente inconscio, in modo tormentato, autodistruttivo e/o sadico (Reich 1942, 1949).

 

I processi descritti si producono ogni volta e soltanto ogni volta che dei tentativi sono effettuati per deviare o ammorbidire i bisogni biologici primari dell'uomo o gli impulsi secondo le domande di "cultura". Il rifiuto del seno per un bambino, il fatto di battere un piccolo bambino per una defecazione o un comportamento d'ordine sessuale o il matrimonio forzato di giovani donne con uomini attempati ("fidanzamenti del bambino", "premio della fidanzata") ne sono degli esempi. I rituali per infliggere dei dolori o censurare i piaceri e le istituzioni sociali sono stati presenti nella maggior parte delle culture storiche e contemporanee, ma in alcun modo in tutte le culture. Ci sono state, ad esempio, alcune culture (una minoranza, certo) che non hanno mai inflitto dolore ai bambini piccoli ed agli adolescenti, coscientemente o in altro modo, né hanno represso gli interessi sessuali dei ragazzi o degli adulti. Molto importante è il fatto che quest'ultimo sono state delle società non-violente, con dei legami famigliari monogami stabili e dell erelazioni sociali convenienti ed amichevoli.

Iside_horus.jpgMalinovski (1927, 1932) suppose per primo che tali culture erano una confutazione dell'asserzione di Freud di una natura biologica, pan-culturale per spiegare lo stato sessuale latente dell'infanzia ed il conflitto di Edipo. Reich (1935) dimostra che queste condizioni all'interno della società Trobriand provavano l'esatezza delle sue scoperte cliniche e sociali legando la repressione sessuale al comportamento patologico. Altre descrizioni etnografiche di culture simili sono state fatte (Elwin 1947, 1968; Hallet & Relle, 1973; Thurnbull, 1961). Gli studi transculturali globali di Prescott (1975) e i miei studi (DeMeo, 1986, pp.114-120) confermarono queste scoperte. Le società che caricano di dolore e traumi i loro bambini in tenera età ed i ragazzi e che reprimono successivamente l'espressione emotiva e gli interessi sessuali dei loro adolescenti, mostrano invariabilmente uno spettro di comportamenti nevrotici, autodistruttivi e violenti.

 

Al contrario, delle società che trattano i loro bambini in tenera età e i loro ragazzi con grande affetto fisico ed una gentile tenerezza e che considerano l'espressione emotiva e la sessualità come positiva con uno sguardo illuminato, sono al contrario psichicamente sani e non violenti. Infatti, la ricerca transculturale ha dimostrato la difficoltà, addirittura l'impossibilità, di localizzare ogni società disturbata, violenta, che non soltanto traumatizza la sua gioventù e/o la reprime sessualmente. Uno sguardo sistematico della letteratura storica globale ha confermato in modo indipendente le correlazioni precedenti, tra i traumi dell'infanzia, la repressione sessuale, la dominanza dell'uomo e la violenza familiare, nelle descrizioni di diversi stati centrali guerrieri, autoritari e dispotici (DeMeo, 1985, capitoli 6 & 79 [1]. A partire da dati storici simili, Taylor (1953) sviluppò uno schema dicotomico del comportamento umano in diverse società. Utilizzando la terminologia di Taylor ed allargandola sul suo proprio schema secondo le scoperte sessuo-economiche, tali società violente, repressive, sono chiamate patriste e differiscono da tutte le culture matriste, le cui istituzioni sociali sono designate per proteggere e consolidare i legami di piacere madre-figlio e uomo-donna [2]. La tabella 1 fornisce un contrasto tra le forme estreme di patrismo (corazzate) e di culture matriste (non corazzate).

 


Tabella 1: COMPORTAMENTI, ATTEGGIAMENTI E ISTITUZIONI SOCIALI DICOTOMICHE




Tratti

Patrista

(corazzato)

Matrista

(non corazzato)

Bambini di bassa età Bambini & Adolescenti

Meno indulgenza

Più indulgenza

 

Meno affetto fisico

Più affetto fisico

 

Bambini traumatizzati

Bambini non traumatizazti

 

Iniziazione al dolore

Assenza di iniziazione al dolore

 

Dominati dalla famiglia

Democrazia dei bambini

 

Case di isolamento sessuale o villaggi militari o di segmenti di età dei bambini

Case di prosmicuità sessuale

Sessualità

Atteggiamento restrittivo

Atteggiamento permissivo


Mutilazioni genitali

Nessuna mutilazione genitale

 

Tabù della verginità femminile

Nessun tabù della virginità femminile

 

Amore adolescenziale severamente censurato

Amore adolescenziale liberamente permesso

 

Tendenza omosessuale tabù più grave

Assenza di tendenza omosessuale o di forte tabù

 

Tendenza incesto   tabù piùgrave

Assenza di tendenza all'incesto o di forte tabù

 

Esistenza del concubinaggio/prostituzione

Assenza di concubinaggio/prostituzione

Donne

Limitazioni della libertà

Più libertà

 

Status inferiore

Status eguaglianza

 

Tabù del sangue vaginale (sang imenale, mestruale & del parto)

Nessun tabù del sangue vaginale

 

Non possono scegliere il loro compagno

Possono sceglierlo

 

Non possono divorziare a volontà

Possono divorziare a volontà

 

Gli uomini controllano le donne in età fertile

Le donne controllano la fertilità

Struttura culturale & Familiare

Autoritaria

Democratica

 

Gerarchica

Egualitaria

 

Patrilineare

Matrilineare

 

Patrilocale

Matrilocale

 

Monogamia compulsiva vivace

Monogamia non compulsiva

 

Souvent polygame

Raramente poligama

 

Struttura militare

Nessuna struttura militare  a tempo pieno

 

Violenza, Sadica

Non violenza

Religione & Credenze

Orientate Uomo/padre

Orientata donna/madre

 

Ascetismo, assenza di piacere

Piacere approvato ed istituzionalizzato

 

Inibizione, paura della natura

Spontaneità, culto della natura


Specialisti religiosi a tempo pieno

Nessun specialisti religiosi a tempo pieno

 

Sciamani uomini

Sciamani uomini o donne

 

Codici di comportamento rigorosi

Assenza di codici rigorosi


Molti aspetti del patrismo interferiscono con la biologia del bambino in tenera età o del bambino in modo in generale sconosciuto nel mondo animale ed accrescono molto chiaramente la morbilità e la mortalità infantile e materna. Per di più dei riti riduttori di dolore o di piacere riportati nella tabella 1, è importante notare che la maggior parte delle società patriste possedevano, ad un momento dato nel loro recente o remoto passato, degli squilibri sociali psicopatologici seri destinati allo scaricamento organizzato, socialmente approvato, di rabbia omicida verso bambini e donne (come l'uccisione rituale dei bambini, delle vedove, delle "streghe", delle "prostitute", ecc.), con una deificazione completa dei maschi più aggressivi e più sadicamente crudeli (totalitarismo, regalità divina). Un piccolo numero di culture contemporanee esprime tali condizioni in una forma totalmente sbiadita oppure esibisce dei resti di tali condizioni e sono fatti che hanno delle implicazioni geografiche distinte.

 

steinlen_vache-copia-1.jpgAd esempio, essendo noto che questa evidenza clinica, transculturale e storica indica che la violenza adulta yìtrova le sue radici nei traumi della prima infanzia e la repressione sessuale e che non esiste là dove i legami madre-figlio e uomo-donna sono protetti e sostenuti dalle istituzioni sociali matriste, una questione si pone naturalmente e cioè come la formazione culturale del trauma, la repressione e la violenza (patrismo) abbiano potuto avere inizio. Il Patrismo, con il suo eccessivo carico di violenza verso i bambini in tenera età, i ragazzi e le donne e che viene trasmesso da una generazione all'altra attraverso delle istituzioni dolorose e minacciose per la vita, deve aver avuto delle origini peculiari nel tempo e nello spazio tra alcune, ma non tutte le società umane più antiche. L'assenza assunta di un carattere innato del patrismo, che deriva dal blocco cronico, dall'inibizione e dal contenimento degli stimoli biologici, richiede che ciò sia così.

 

Tuttavia il matrismo, che si stabilì a partire da un impulso biologico libero e espresso senza costrizioni e che dunque è innato, ha dovuto essere globale per natura ed incontrarsi dappertutto in tutta l'umanità nei tempi più remoti. Infatti, la selezione naturale avrebbe dovuto favorire il matrismo, dato che non genera gli impulsi sadici che conducono ad un violenza mortale verso le donne ed i bambini, né sconvolge i legami emotivi tra le donne ed i bambini, il che dà dei vantaggi di sopravvivenza psico-fisiologici distinti (Klaus & Kennel, 1976; LeBoyer, 1975; Montagu, 1971; Stewart & Stewart, 1978a; Reich, 1942, 1949).

 

kupka--Resistance--or-The-Black-Idol--19Una conferma ed un appoggio alle supposizioni e deduzioni riportate esistono negli aspetti geografici dei dati globali antropologici ed archeologici e l'esame degli aspetti spaziali dei fatti ed osservazioni raccolte da diversi ricercatori sull'argomento fu oggetto di una focalizzazione centrale della mia ricerca [3]. Ad esempio, alcuni aspetti del matrismo e delle condizioni sociali pacifiche sono state precedentemente identificate negli strati archeologici di alcune regioni, che dimostrano delle transizioni verso delle condizioni violente, di dominio maschile negli anni successivi. Mentre alcuni ricercatori sia che non siano al corrente di queste nuove scoperte o che abbiano avuto propensione ad ignorarle oppure abbiano fatto obiezione sulle loro implicazioni, un numero crescente di studi ha dimostrato delle transizioni sociali maggiori nei tempi remoti, da condizioni di tranquillità, democratiche ed egualitarie verso condizioni violente a dominio maschile e guerriere (Bell, 1971; Eisler, 1987a, 1987b; Huntington, 1907, 1911; Gimbutas, 1965, 1977, 1982; Stone, 1976; Velikovsky, 1950, 1984). Gli aspetti geografici di queste scoperte sono molto eloquenti.

Torre-Babele.jpgUna critica sistematica e globale di una tale evidenza (DeMeo, 1985, Capitoli 6 & 7; DeMeo, 1986) ha rivelato dei modelli globali distinti in queste transizioni archeologiche, nelle quali delle intere regioni passate dal matrismo al patrismo all'interno degli stessi periodi di tempo oppure in cui la transizione verso il patrismo ha spazzato via tutto in vaste aree di un continente, da un capo all'altro, in un periodo di alcuni secoli. La scoperta, che vuole che la più antica di queste trasformazioni culturali si sia verificata nelle regioni del Mondo Antico (soprattutto nell'Africa del Nord, nel Vicino Oriente ed in Asia Centrale intorno al 4000-3500 prima della nostra era), in concomitanza con delle trasformazioni ambientali maggiori, a partire da condizioni relativamente umide verso condizioni aride, ha un significato maggiore. Più tardi le trasformazioni si sono prodotte generalmente in regioni esterne ai deserti di nuova formazione, in associazione con l'abbandono delle zone nuovamente aride e l'invasione conseguente di territori di confine più umidi. L'esistenza di queste transizioni ambientali e culturali definite nel tempo era della massima importanza dato che un'altra evidenza che suggerirà che una grave siccità e desertificazione aveva il potenziale di distruggere in modo traumatico i legami madre-figlio e uomo-donna, in modo certo indipendentemente dall'stituzione sociale patrista brutale e dolorosa.

 

Devastazione sociale nelle regioni di siccità, desertificazione e carestia


Il-potere-cieco--Schlichter.jpgAltre evidenze conducono alla conclusione che una siccità ed una desertificazione grave e ripetuta, che producono carestia, privazione e migrazioni di massa tra le culture a livello di sussistenza, devono aver avuto un fattore cruciale che avrebbe dovuto, gradualmente o anche rapidamente, aver spinto delle culture matriste verso il patrismo. Ad esempio:

 

1) Recenti rapporti di testimoni oculari di cambiamento di cultura durante delle condizioni di carestia e di privazione indicano un deterioramento dei legami sociali e familiari. La relazione, che spezza il cuore, di Turnbulla (1972) sui popoli Ik dell'Africa Orientale è il più chiaro su questo punto, ma altre osservazioni simili sono state fatte (Cahill, 1982; Garcia, 1981; Garcia & Escudero, 1982; Sorokin, 1975). Durante gli stati di carestia più gravi, i mariti spesso lasciano le loro mogli e bambini alla ricerca di cibo e l'edificio sociale rimanente è completamente abbandonato. Il legame madre-figlio sembra durare più a lungo, ma delle madri eventualemnte fameliche potrebbero anche abbandonare i loro figli.

 

2) La ricerca clinica sugli effetti di una malnutrizione grave in proteine-calorie dei bambini in tenera età e dei ragazzi indica che la privazione è un trauma che presenta le più gravi proporzioni. Un bambino sofferente di marasma o di kwashiorkor [*] manifesterebbe dei sintomi di immobilità e di assenza di contatto con, nei casi più estremi, una cessazione della crescita del corpo e del cervello. Se la privazione durasse a lungo, il recupero del potenziale completo non sopraggiunge nemmeno dopo l'apporto di nutrimento e di conseguenza un ritardo emotivo e fisico poco grave o grave fa la sua comparsa. Altri effetti da carestia e privazione persistono anche dopo che si è restaurato il nutrimento. In modo importante, il bambino si ripiega bio-fisicamente ed emotivamente e si contrae in condizioni di carestia in modo quasi identico agli effetti egualmente traumatizzanti di privazione materna e di isolamento. I due insiemi di esperienza hanno degli effetti chiari e duraturi che turbano la capacità degli adulti di creare un legame emotivo con allo stesso tempo la compagna e la progenitura (Aykroyd, 1974; Garcia & Escudero, 1982; Prescott, Read & Coursin, 1975).

Bambini normali rispetto a marasmatici


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A destra, bambino marasmatico dell'età di 7 mesi.

A sinistra, bambino in buona salute dell'età di 5 mesi.

Riprodotto con il permesso di F. Monckeberg (in Prescott, et al. 1975).

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Transilluminazione dei crani di bambini normali (sinistra), malnutriti (centro) e marasmatici (destra) in stato di privazione.  Il cranio è illuminato in proporzione con la quantità di spazio riempito di fluido tra il cervello ed il cranio. Un bambino ben nutrito ha un cervello ben sviluppato con poco spazio riempito di fluido tra cervello e cranio. Il che non è il caso con un bambino malnutrito o privo di nutrimento. Riprodotto con il permesso di F. Monckeberg (in Prescott, et al. 1975).


 

3) Un numero di fattori soprattutto in relazione con la vita dura nei deserti e nelle regioni aride sono stati identificati. Un esempio maggiore era l'utilizzazione di una culla portatile costringente, che blocca la testa, portata come un pacco sulla schiena dai popoli migranti dell'Asia Centrale che sembrano aver condotto per inavvertenza ai doppi traumi della deformazione cranica ed alla fasciatura del bambino. La deformazione cranica del bambino in quanto istituzione sociale è scomparsa intorno al cambiamento del secolo, ma la fasciatura sembra resistere oggi nelle stesse regioni generali. Normalmente un bambino soggetto ad un dolore lotta per liberarsene e griderà in modo pronunciato, attirando rapidamente l'aiuto dei custodi. Non deve essere il caso, suppongo, tra i bambini insaccati in un pacco portato sulla schiena e che avvolge il corpo (e spesso anche la testa) per una lunga marcia durante una torrida siccità.

 

In condizioni di estrema siccità e carestia, i custodi saranno meno attenti ed avranno meno volontà di impedire e di far tacere costantemente un bambino che si ferisce nelle fasciature deformando il cranio in una culla portata sulla schiena come un pacco. Poiché la desertificazione progrediva in Asia, la migrazione da una regione ad un'altra divenne un modo di vita relativamente permanente. Gli archivi archeologici suggeriscono che le deformazioni del cranio e la fasciatura divennero di conseguenza delle usanze istituzionalizzate della tradizione del trasporto sulla schiena del bambino in queste stesse zone (DeMeo 1986, pp. 142-152; Dingwall 1931; Gorer & Rickman 1962).

 

Infatti, le deformazioni dolorose del cranio e la fasciatura divennero un segno di identificazione ed una istituzione sociale delle più gradite da alcune popolazioni, persistendo anche dopo che esse avevano abbandonato l'esistenza nomade per un modo di vita sedentario. Altre istituzioni siociali maggiori, come le mutilazioni genitali dell'uomo e della donna (circoncisione, infibulazione), sono state scoperte per essere centrate geograficamente ed aventi le loro origini più antiche tra la cintura del grande deserto del Vecchio Mondo, benché per ragioni che siano meno chiare.

La fasciatura ed il cranio deformato artificialmente appaiono come delle pratichecomplementari, sviluppate all'inizio in Asia Centrale con l'utilizzazione della culla portata come un pacco sulle spalle da parte delle popolazioni in migrazione. La deformazione del cranio è scomparsa, ma la fasciatura, una pratica rimasta, persiste nella maggior parte delle regioni influenzate da tali popoli.


 

 

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Il bambino fasciato disegnato da Deborah Carrino, a partire da una foto di Dean Conger.


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Tipi di deformazioni craniche da Dingwall (1931)

 

 

 

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NOTA: tutte le carte sono composte da dati a partire dalle popolazioni indigene ed aborigene. In America ed in Oceania, questi dati riflettono delle condizioni in generale anteriori all'arrivo degli Europei.

 

Nelle procedure per compiere le determinazioni sopra riportate, diventava chiaro in modo evidente per me che i legami sociali matristi primitivi dovevano in primo luogo essere stati spezzate tra culture a livello di sussistenza che erano sopravvissute agli effetti devastanti di siccità consecutive, di desertificazione e di carestia prolungata. Con la rottura progressiva, generazione dopo generazione, dei legami madre-bambino e uomo-donna a causa della iperaridità, della carestia, della privazione e delle migrazioni forzate, ci sarebbe stato uno sviluppo ed una 'intensigìficazione degli atteggiamenti, comportamenti ed istituzioni sociali patriste. E queste ultime dovevano gradualmente sostituire le vecchie istituzioni matriste.

 

Il patrismo doveva essere stato fissato nella struttura del carattere giusto al momento in cui le condizioni del deserto iperarido si fissavano sul terreno. ed una volta così fissato, il patrismo restava con la popolazione afflitta, indipendentemente dal clima successivo o dalla fornitura del nutrimento, dato il comportamento artificiale ed auto-duplicato delle istituzioni sociali. Il patrismo doveva apparire successivamente nelle regioni abbondantemente umide in virtù delle irruzioni di popolazioni migranti, guerriere dalle regioni adiacenti desertiche.

 

A partire dalle considerazioni descritte, un test geografico molto chiaro era suggerito da questo fatto. Se una correlazione spaziale cartografata e mondiale esisteva tra gli ambienti di grave desertificazione e la cultura patrista estrema, allora un meccanismo chiaro per l'inizio dei primi traumi tra le culture umane antiche sarebbe identificato. Questo corroborerebbe anche direttamente la teoria del "corrazzamento". Le correlazioni spaziali che emergevano da questo approccio erano terribili.

 

 

[Fine prima parte]

 

NOTE

 

[1] La mia prospezione implicava più di 100 fonti separate, per includere un certo numero di lavori sessuologici classici: Brandt 1974; Bullough 1976; Gage 1980; Hodin 1937; Kiefer 1951; Levy 1971; Lewinsohn 1958; Mantegazza 1935; May 1930; Stone 1976; Tannahill 1980; Taylor 1953; Van Gulik 1961.


[2] Poco tempo dopo che la mia dissertazione fosse completata, ho saputo dello studio di Riane Eisler, Chalice and the Blade, [Ti. it.: Il calice e la spada, Pratiche Editrice, 1996; Frassinelli, 2006], che identificava i tipi di dominazione e di partenariato dell'organizzazione sociale. Sono quasi identiche su lpiano concettuale alle foprme di organizzazione sociali rispettive patriste e matriste definite qui.


[3] La struttura dell'argomento richiede che facciamo una netta distinzione tra i fatti e le teorie concernenti i fatti. Tutte le teorie della scienza del comportamento tendono a spiegare una varietà di fatti sociali e clinici osservati. Un piccolo numero tende ad incorporare nella teoria i fatti di antropologia, cioè il comportamento in altre culture. Tuttavia, la maggior parte di tali teorie falliscono nell'essere sia globali sia geografiche per natura. È perché non tendono a spiegare simultaneamente il comportamento umano tra un numero significativo di culture le meglio studiate all'interno di ogni regione del mondo. Le teorie più comportamentali, se affrontano la letteratura antropologica  di tutte, focalizzano soltanto le culture patriste e falliscono nel superare il test esigendo il fatto di essere al contempo globali e derivate sistematicamente. Gli studi culturali incrociatno un grande passo in queste materie, ma l'approccio combinato geograficamente globale e culturalmente incrociati è inoltre un raffinamento necessario , che forzerà tutte le teorie comportamentali ad affrontare oramai i fatti specifici della storia, della migrazione, del contatto culturale e dell'ambiente naturale.


[*] Kwashiorkor, sindrome da malnutrizione proteinico-calorica molto grave della prima infanzia. Il termine, che significa bambino (kwashi) e rosso (orkor) nella lingua degli Ashanti del Ghana, si riferisce alla colorazione rossa della pelle dei bambini che ne sono colpiti. Questa forma di malnutrimento si accompagna anche ad un abbassamento dei tassi sanguigni di magnesio, potassio, ferro, zinco e delle vitamine. Il passaggio brusco ad uno svezzamento precoce, spesso dovuto alla nascita di un fratello, è la causa principale nella maggior parte del mondo, soprattutto in quelle aree in cui l'agricoltura produce tipi di cibo carenti di proteine come i cereali tipo la manioca, il miglio, il mais o il riso. Un intervento rapido può ridurre sia la mortalità infantile sia le conseguenze fisiche e intellettuali, che in seguito a ritardo tendono a rimanere permanenti condannado il soggetto ad una taglia ridotta rispetto alla norma ed a gravi ritardi mentali [N. d. T.]


[Traduzione di Ario Libert]

Link al post originale:

Les Origines et la Diffusion du Patrisme en Saharasie


 

LINK interni pertinenti all'argomento trattato:

Ai tempi della dea

C'era una volta l'isola di Creta

Genocidi soppressi. Serge Papillon, La teoria dei Kurgan, [La théorie des Kurgans].



LINK ad un documentario di James DeMeo concernente la tematica trattata:
Wilhelm Reich and the Orgone Energy

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7 ottobre 2009 3 07 /10 /ottobre /2009 13:01



Proponiamo, unicamente per amore di completezza d'informazione, un saggio decente centrato sulla cultura indoeuropea. L'autore ha il culto degli indoeuropei che studia e divulga quanto meglio possibile nel suo ben curato sito. Contento lui...

Ci siamo permessi di evidenziare in grassetto ed in colore rosso sangue (eh! eh!) un passaggio che in un accademico non sarebbe mai sfuggito né dalla penna né dalla tastiera. Gioiamone! Lapsus come questi sono rarissimi, i boia accademici usano la ben nota tecnica del silenzio-morte civile rispetto a certi argomenti. Oppure propongono letture abberranti, vere e proprie montature il cui scopo è quello di salvare l'onore degli indoeuropei in blocco, i loro ed i nostri antenati sanguinari e carnefici.

Le civiltà gilaniche non erano abili a fabbricare porcellane e case soltanto, come sostiene semplicisticamente il nostro autore,  ben altro fu il loro livello di cultura materiale e soprattutto sociale. L'assenza di violenza nei rapproti sociali, il lavoro limitato a procurarsi l'indispensabile per avere di che vivere in modo umanamente dignitoso, senza sprechi o sottrarre nulla a nessuno, l'eguaglianza tra l'uomo e la donna e di tutti di fronte ad un'etica fondata sulla reciprocità, sono obiettivi oggi ritenuti semplicemente utopistici, eppure un luogo in cui tutto ciò esistette ci fu, e si trattava proprio del nosto pianeta.

E se l'età dell'oro è scomparsa non fu certo per colpa divina, come l'ideologia religiosa totalitaria occidentale chiamata cristianesimo, di derivazione guarda caso ebraica, che di dominio patristico se ne intende davvero, vorrebbe farci credere da un bel po' di tempo.

La truffa dell'indoeuropeo, sul piano della ricerca storica, data oramai di più di due secoli ed ha permesso di giustificare il sorgere del razzismo criminale della cosiddetta civiltà occidentale, poggiante su teorie  metafisiche ben precise e su una prassi storica rappresentata da un espansionismo predatorio.

Protoindoeuropei, indoeuropei e soprattutto quelle due pseudo-civiltà, greca e romana, sono stati investiti di una sacralità "scientifica" da lunga data e sono oramai visti come i prodromi dell'attuale vertice della storia umana, delle vere e proprie prefigurazioni dell'Occidente insomma.

Questa concezione avrebbe anche potuto ricevere alla fine un minimo di plausibilità se da più di un secolo l'affinarsi della ricerca storica e soprattutto archeologica unitamente ad un uso appropriato delle scienze umane, non avesse evidenziato come prima dell'espansionismo delle culture nomadi-pastorali (Kurgan) esistettero delle plurimillenarie civiltà progreditissime spiritualmente e materialmente, stroncate appunto dai proto-indoeuropei prima e poi dagli indoeuropei.

Gli allevatori di mandrie ed armenti animali ed umani non sono stati altro quindi che dei veri e propri protonazisti, i fondatori della anti-civiltà, in quanto creatori della stratificazione sociale, delle religioni abbrutenti ed assassine, dell'asservimento dei più ai pochi, della repressione sociale permanente, così come di un permanente apparato militare di controllo sociale e di intruppamento delle masse in caso di guerra.

In una parola, i proto-indoeuropei ed i loro più stretti discendenti indoeuropei furono i creatori  del più allucinante prodotto storico culturale che l'umanità potesse mai concepire e cioè lo Stato, e quindi della creazione e conservazione perpetua delle classi sociali, degli apparati burocratici di amministrazione della società composta di schiavi e di quelli militari, e tutto ciò in tempi preistorici!

La nostra attuale cultura e civiltà  che deriva da loro, non ha fatto  altro che perfezionare questo stato di cose che le ha consentito di espandersi nel corso dei millenni, sia nello spazio cioè, sia nell'approfondimento di questa cultura di morte, come tra l'altro attesta la diffusione planetaria delle stesse lingue indoeuropee.

Peccato che prima di queste popolazioni criminali, di cui siamo eredi, ne esistessero altre di segno opposto e cioè egualitarie e pacifiche di cui abbiamo già accennato in alcuni post e che approfondiremo in successivi. La loro esistenza su scala plurimillenaria così come la loro distruzione spiegano la maggior parte se non tutti i cosiddetti "misteri" storici così come l'esistenza di discipline spirituali evolutissime e strettamente connesse con nozioni e pratiche che oggi chiameremmo scientifiche e tecniche, riferendo ovviamente questi due termini ad una specificità che non può essere che peculiare a queste culture, e di cui daremo quanto prima conto anche di esse.





La teoria dei Kurgan

 

 

di Serge Papillon


 

1. Le culture Kurgan

 


In Russia, un Kurgan, è un tumulo funerario. Essi sono numerosi nelle steppe del nord del Mar Nero. Alcuni sono iraniani e relativamente recenti, altri molto più antichi. Sono quest'ultimi che Marija Gimbutas ha considerato come sepolture dei proto-indoeuropei.

La prima cultura da lei definita, datata tra il 4500 al 3500, è stata chiamata "Kurgan I". Essa corrisponde in particolare alla cultura di Seredniï Stih II (o Sredniï Stog II) in Ukraine. Il principale sito noto è quello di Dereîvka, sullo Dniepr. Era un piccolo villaggio abitato dal 4200 al 3700. Una specie di reconzione lo delimitava. Gli archeologi vi hanno trovato due costruzioni rettangolari, parzialmente sotterrate, la più grande misurava 13 x 16 metri (in un altro sito, c'erano delle capanne semisotterrate).

 I suoi abitanti coltivavano il grano ed il miglio e praticavano l'allevamento, in ordine di importanza dei cavalli, dei bovini, dei montoni e delle capre, così come dei maiali. I cavalli venivano mangiati, ma un cranio sotterrato presenta un'usura dei denti dovuti ad un morso: quest'animale era stato montato. Era uno dei primi cavalli utilizzati per il trasporto. Sono stati inoltre ritrovati dei reggi morsi in corno di cervo. I morti erano ricoperti di ocra e sotterrati in semplici fosse a volte sormontate da un piccolo tumulo funerario. Resti di cavalli o di buoi li accompagnavano di frequente.

 In Russia, sul corso medio del Volga, è esistita una cultura detta di Khvalynsk, somigliante a quella di Seredniï Stih II, però più antica perché datata al 5.000-4.500 a. C. Sulla carta, la sua collocazione è contrassegnata dalla parola "Urheimat". È qui che sarebbero vissuti i Proto-indoeuropei durante quest'epoca. Verso il 4.500, avrebbero ingrandito il loro territorio verso ovest, cioè verso l'Ucraina in cui avrebbero fondato la cultura di Seredniï Stih II.

  La patria originaria, "Urheimat", dei protoindoeuropei

e la loro criminale espansione verso occidente intorno al 5.000-4.500 a. C.


È a partire dal 3.500 che i Kurgan si svilupparono veramente, soprattutto in seno alla cultura di Mikhaïlivka, dal 3.600 al 3.000 a. C., sul corso inferiore dello Dniepr, sino alla parte più meridionale della penisola di Crimea. Questi tumuli potevano essere circondati da un circolo di pietra, consuetudine tipicamente indoeuropea. Si tratta di frontiere che separavano il mondo dei vivi dall'Altro Mondo.

La cultura di Mikhaïlivka faceva parte di un insieme più vasto, quello delle Tombe a fossa (Jamna), datato tra il 3.600-2.200 a, C. Al suo apogeo durante il III millennio (la fase "Kurgan IV" nella terminologiqa di Marija Gimbutas), occupava un'area immensa, estendentesi da ovest sini alle sorgenti del Danubio e ad est sino al fiume Ural. Aveva dunque un'estensione di 3000 km. Una tale cultura non poteva essere uniforme: diverse varianti sono distinte. La metallurgia del rame si sviluppava (si era nel calcolitico). Alcuni siti erano protetti da cinte di pietra, ma una pratica intensiva dell'allevamento, nelle zone delle steppe ha potuto comportare l'apparizione di una forma di nomadismo. Un mezzo di trasporto essenziale apparve: i veicoli a ruote. Il più antico è stato trovato in una tomba, sullo Dniepr inferiore. È datato al 2900, con un margine di errore di 400 anni. La ruota è apparsa pressappoco nello stesso periodo in Mesopotamia.

 

La distruzione delle culture danubiane



Gli uomini di Seredniï Stih II intrattenevano delle relazioni, all'ovest, con la cultura di Cucuteni-Trypillia (Tripolié in russo), costituitasi in Romania sin dal VII millennio e si era estesa verso la Moldavia ed il sud-ovest dell'Ucraina.

 

Delle culture situate più ad ovest, lungo il Danubio, gli erano apparentate, come quelle di Gumelnitsain Romania e di Vinčain Serbia. Si trattava di una  civiltà tecnicamente molto evoluta che aveva fondato  delle vere città: una di esse ricopriva 400 ettari e comportava 2700 case. Alcune di queste abitazioni avevano dei piani. Si sono ritrovati dei laboratori di ceramica ed anche una specie di quartiere artigianale. Le temperature di cottura potevano raggiungere i 1200°C. una applicazione di polvere di grafite o di oro veniva effettuata su alcuni vasi. Degli edifici di culto sono attestati. Statuette femminili previste per essere fissate in piedi su dei rialzi devono aver avuto egualmente un significato cultuale.

 

Questa brillante civiltà fu vittima dell'arrivo degli uomini dei kurgan. La prima ondata si sarebbe verificata tra il 4400 ed il 4200. Gli immigranti installarono le loro capanne seminterrate ed i loro tumuli tra i villaggi degli autoctoni, che dovettero dotarsi di fortificazioni. Si verificò una trasformazione progressiva. Non fu la cultura di Cucuteni-Trypillia ad essere colpita, ma le culture situate più ad ovest sino in Ungheria ed in Austria. Vi fu una seconda ondata, tra il 3500 ed il 3200, che comportò una "kurganizzazione " profonda delle culture danubiane, compresa quella di Cucuteni-Trypillia. È così che la cultura di Baden emerse sul corso medio del Danubio, in Ungheria. Gli uomini del kurgan varcarono il basso Danubio ed i monti dei Balcani, occuparono l'est della Bulgaria e della Grecia in cui la cultura di Ezero si costituì, poi proseguirono la loro progressione sino nell'Anatolia occidentale dove fondarono il sito di Troia I (Troja I, il livello più antico della città di Troia).

 Secondo Marija Gimbutas, queste ondate di popolamento segnano l'inizio dell'indoeuropeizzazione dell'Europa centrale. È sicuramente nella zona balcano-danubiana che gli Ittiti, poi i Frigi e gli Armeni sono partiti per l'Asia minore, ma la cronologia esatta degli avvenimenti non è chiara. Gli Ittiti sono probabilmente legati alla cultura di Ezero, che sembra sia durata per tutto il III millennio e dunque essere sorti dalla seconda ondata. Ma alcuni archeologi pensano che questa cultura ha raccolto un importante eredità della prima ondata. Gli Ittiti sarebbero in questo caso i discendenti degli uomini dei  Kurgan che avevano lasciato l'Ucraina durante il V millennio.

 

Quest'ultimi hanno interrotto lo sviluppo di una civiltà che avrebbe potuto avere un grande futuro, essi non erano che dei "barbari" di fronte agli uomini del Danubio? Il grado di civiltà non si misura soltanto dalle realizzazioni architettoniche ed alla padronanza della ceramica e della metallurgia. Può anche misurarsi in rapporto alla vita intellettuale o spirituale. Gli uomini dei kurgan hanno potuto avere dei sacerdoti che vivevano in modo semplice m ache si dedicavano a profonde speculazioni filosofiche, come i druidi. L'archeologia non può sfortunatamente insegnarci nulla a proposito.

 


3. Gli uomini dei kurgan in Asia

 

Marija Gimbutas si è soprattutto occupata dell'indoeuropeizzazione dell'Europa. Di fatto, questo fenomeno è molto più chiaro in Asia. Innanzitutto, sin dal 3500 a. C., esisteva in Siberia meridionale una vera culla della cultura dei Kurgan: la cultura di Afanasievo. Sarebbe esistita durante la maggior parte del III millennio prima di essere sostituita dalla cultura di Okunevo. Quest'ultima fu fondata da Siberiani, degli uomini di tipo mongolide. Presso loro, gli uomini di Afanasievo erano degli estranei: come gli uomini dei Kurgan erano dei tipi qualificati come proto-europoide. È difficile non vedere in essi gli antenati dei Tocari, i più orientali di tutti gli indoeuropei, localizzati sul territorio dell'attuale Cina (nel bacino del Tarim nel sud dei Tian Shan). L'archeologia indica che vi si trovavano almeno all'inizio del II millennio, poco prima della sparizione della cultura di Afanasievo.

 

 

Territori delle culture  di Andronovo e Afanasievo.


Inoltre, è quasi certo che gli Indoeuropei e gli Ariani sono gli eredi, dal punto di vista linguistico e culturale, della cultura delle Tombe a fossa. Nel corso del III millennio, un popolo che possiamo qualificare come proto-indoeuropeo ha dovuto occupare una grande parte di questa area culturale. I primi elementi di prova sono linguistici: all'epoca in cui erano ancora indifferenziati, dunque nel corso del III millennio, l'indo-iranico ha fornito un importante vocabolario alle lingue ugro-finniche. Questa famiglia comprende le lingue della Finlandia e dell'Estonia, l'ungherese così come delle lingue parlate in Russia come il mordvino o il mansi (o vogulo). Si sa che il suo focolare si trova nel nord della Russia, il che implica che i Proto-indoiranici sono vissuti vicino a questo territorio. Alcune di queste corrispondenze sono riportate qui sotto.

 

 


  Ugro-finnico Indo-iranien
dio *pakas *bhagas
cielo
(essere celeste)
*taivas *daivas
falce *tarwas *dharvas
lupo *werkas *vrkas
porcellino *porcas *parcas
morte *martas *mrtas


Verso la fine del III millennio, i futuri Indoeuropei si diressero verso il sud-ovest, sino a quel che oggi chiamiamo il Turkestan russo dove si integrarono probabilmente ad una grande civiltà detta bactro-margianna (BMAC, Bactria-Margiana Archaeological Complex, in inglese). Le steppe ucraine e russe furono allora lasciate in mano ai futuri Iraniani. Gli Ugro-Finnici continuarono a prendere in prestito dal vocabolario, ma agli Iranici e non più ai Proto-indoiranici. Sul Volga, una cultura detta delle Tombe a volta (Srubna) si formò all'inizio del II millennio. Derivava molto chiaramente da quella delle Tombe a fossa. Un'altra cultura strettamente apparentata, quella di Andronovo, si costituì nello stesso momento in Asia intorno ad un nucleo inglobante i siti Sintashta e Petrovka (in malva sulla carta).

Nel corso del II millennio, conosbbe una prodigiosa estensione che le fece occupare tutto l'attuale Kazakhstan ed una parte della Siberia (zona arancione). Questo fenomeno è sicuramente legato all'invenzione del carro da guerra tirato da due cavalli. I suoi più antichi esemplari sono stati trovati a Sintashta. Gli Iranici nomadi, come gli Sciti ed i Sarmati, padroni delle steppe eurasiatiche sin dal VII secolo, erano molto probabilmente gli eredi della cultura di Andropovo, forse anche di quella delle Tombe a volta. Così, un'evoluzione continua lega innegabilmente la cultura dei Kurgan a quella di un popolo indoeuropeo, gli Iranici.


4. Argomenti supplementari

 

In favore della teoria dei kurgan, possiamo citare gli argomenti seguenti. Essi consistono nel evidenziare che essa presenta le caratteristiche presenti presso i Proto-indoeuropei. Ricordiamo che questi sono definiti come il popolo che parlavano la lingua madre delle lingue indoeuropee e che si può abbozzare un ritratto della loro civiltà attarverso la comparazione delle civiltà indoeuropee più antiche.

 

  • I monumenti più caratteristici della cultura dei kurgan sono dei tumuli. La maggior parte dei popoli indoeuropei conoscevano anche questo modo di inumazione. I morti vi erano adagiati sulla schiena, le gambe ripiegate. Questa posizione rara e arcaica è ancora osservata all'est dell'Ural nella cultura di Sintashta, all'inizio del II millennio , così come nel sud del bacino del Tarim verso l'anno 500, approssimativamente sul territorio dei Tocari. Un altro punto comune a queste culture è l'usanza di dipingere i defunti con ocra.
  • Il cavallo ha avuto un posto considerevole nella storia di tutti gli indoeuropei, ora la cultura dei kurgan l'ha precocemente addomesticato. Si conoscono due parole designanti i cavalli in indoeuropeo comune, *markos e *ekwos. Quest'animale è presente anche in tutte le mitologie indoeuropee.
  • Oltre al cavallo, gli uomini dei kurgan allevavano dei bovini, dei montoni e dei porci. Avevamo due tipi di abitazioni: delle grandi case, che potevano superare i dieci metri di lunghezza e delle capanne. Si può ragionevolmente supporre che le grandi case (conosciute anche dalla cultura di Andronovo) erano in realtà delle stalle e che gli uomini vivevano nelle capanne. Questo attesterebbe dunque la pratica del grande allevamento, conosciuto da tutti gli indoeuropei.
  • I proto-indoeuropei utilizzavano dei veicoli a ruote, perché essi possedevano tutto un vocabolario che vi si rapportava come *kwekwlo-, derivato dal verbo kwel- "girare". I veicoli a ruote più antichi datano al IV millennio. Sono stati trovati in Mesopotamia e nella cultura dei Kurgan.
  • I proto-indoeuropei si battevano con delle mazze, *wagros, delle lance e delle frecce (gli Sciti erano degli arcieri di temibile abilità). I kurgan hanno consegnato numerose mazze, in pietra o in porfido a volte scolpite, così come abbondanti punte di lance e di frecce. Si sono trovati anche in queste tombe dei lunghi coltelli in silice che si sono in seguito evoluti per diventare delle spade. La presenza di tutto quest'armamentario mostra che gli uomini dei kurgan erano dei guerrieri.
  • Oltre all'oro ed all'argento, il solo metallo conosciuto dai proto-indoeuropei era il rame *ayos. Essi non avevano la parola per designare il ferro. La cultura dei Kurgan è dell'epoca calcolitica (non conosceva che la metallurgia del rame).

 

 

Serge Papillon



[Traduzione di Ario Libert]


LINK al post originale:
La théorie des kourganes


LINK pertinenti all'argomento:
Ai tempi della dea
C'era una volta l'isola di Creta
All'origine del Genocidio amerindiano: colonialismo e industrializzazione



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26 settembre 2009 6 26 /09 /settembre /2009 05:04

Ai tempi della dea


di Achille Weinberg

Le "Veneri" della preistoria, le figure femminili dipinte sulle ceramiche, i segni astratti incisi su dei vasi, tutti questi resti rappresentano, secondo Marija Gimbutas, una grande dea- simbolo di vita- il cui culto fu costante nel corso della preistoria e del neolitico europei.

Una "dea" abitava lo spirito dei cacciatori della preistoria. Una dea dalla femminilità marcata ed il cui profilo o i tratti caratteristici- seni, natiche, pube, grandi occhi- si ritrovano dappertutto in Europa, dipinti o incisi sulle pareti delle caverne, scolpite nella pietra, l'osso o il legno. Migliaia di anni più tardi, dominava ancora gli agricoltori del neolitico. Dappertutto in Europa, la si scopre dipinta su ceramiche o incisa su oggetti quotidiani. Per quasi 25.000 anni, i primi Europei dedicheranno un culto a questa dea, simbolo della natura e fonte di vita, che fa nascere i bambini e crescere le piante.

Poi, verso il V millennio a. C., dei popoli indoeuropei, guerrieri selvaggi, allevatori di cavalli, avrebbero sottomesso le società agrarie ed imposto la loro lingua, il loro potere, i loro miti: degli dei maschili, autoritari e violenti, avrebbero allora respinto in un lontano passato le affascinanti dee preistoriche. Ecco, a grandi tratti, la storia antica dell'Europa, così come l'ha ricostruita Marija Gimbutas a partire dalle sue numerose ricerche archeologiche.

Marija Gimbutas era lituana. Nata nel 1921, abbandonò il suo paese natio per rifuggiarsi, durante la guerra, in Austria, in cui iniziò i suoi studi di archeologia e di linguistica, proseguiti in Germania dove ottenne il suo dottorato nel 1946. Dopo la guerra, la ritroviamo negli Stati Uniti, all'università di Harvard, in cui è reclutata come ricercatrice, specialista dell'archeologia dell'Europa dell'Est, campo allora del tutto sconosciuto. È negli anni 60 che si farà conoscere per la sua famosa teoria della "cultura dei kurgan" che susciterà un primo grande dibattito nella comunità scientifica.

Kurgan è il nome turco per designare i tumuli, queste sepolture monumentali collettive, apparse nella regione del Volga, tra il mar Nero ed il mar Caspio, che si sono espansi in seguito in tutta l'Europa. I kurgan sarebbero, secondo Marija Gimbutas, i simboli più notevoli del primo popolo indoeuropeo: un popolo di allevatori e di guerrieri che avrebbero invaso l'Europa e l'India del Nord. Ad ondate successive, esso avrebbero imposto ovunque la sua lingua ed i suoi miti. Con questa teoria dei Kurgan, Marija Gimbutas ha dato una consistenza archeologica a questo mitico popolo indoeuropeo che, secondo linguisti e mitologi, avrebbe costituito lo strato comune dell'Europa e dell'India del Nord.

Nel 1963, Marija Gimbutas entra alla UCLA. Negli anni successivi inizia una campagna di scavi nell'Europa del Sud-Est (Iugoslavia, Grecia, Italia), scavi che si prolungheranno per una quindicina di anni e la orienteranno verso una nuova direzione di ricerca. Tra i reperti tratti dalla sottosuolo, Marija Gimbutas nota che numerose ceramiche hanno forme femminili. Alcune recano segni geometrici- forme a V, ad M e a zig zag. Si ritrovano in altri luoghi questi segni su ceramiche a forma di uccello.

Più scava, più si accumulano delle tracce troppo frequenti per essere trascurate, cosa che invece fanno la maggior parte dei suoi colleghi: L'insieme dei materiali disponibili per lo studio dei simboli della vecchia Europa è così vasto quanto la negligenza di cui questo studio è stato fatto oggetto. Emerge una nuova ipotesi. E se le figure femminili fossero ddelle dee? E i segni e figure geometriche che le accompagnano di rappresentazioni simboliche di queste dee (come la croce sostituisce Gesù nella simbologia cristiana)? In questa ipotesi, l'abbondanza delle vestigia attesterebbero la presenza di una forte presenza femminile accanto agli dei maschili.

Nel 1974, Marija Gimbutas pubblica un primo libro intitolato Dee e dei dell'antica Europa. In questo primo libro, sostiene che un culto di tre dee femminili era presente nel Sud-Est europeo. In seguito, estenderà la sua ipotesi a tutta l'Europa e fonderà le figure femminili in una sola e medesima dea. Negli anni che seguirono e sino alla sua morte nel 1994, Marija Gimbutas non smetterà di approfondire questa pista. Il linguaggio della dea è in qualche modo l'approdo e la sintesi delle sue ricerche sulla dea della preistoria.

Per un'archeomitologia

Come decifrare la mitologia di una società senza scrittura le cui vestigia si riassumono con ceramiche, utensili, oggetti incisi con motivi geometrici? In genere, gli archeologi si guardano bene dal lanciarsi in interpretazioni simboliche, il loro compito principale si limita a datare e classificare i materiali ritrovati per ricostruire i prestiti, tracciare le aree culturali ed i loro possibili contatti. Marija Gimbutas, ha osato trasgredire a questo divieto. Si è dedicata a ricostruire l'universo mentale delle società della presitoria grazie ad una nuova procedura: l'"archeomitologia".

Ecco come procede. In numerose società senza scrittura, gli artisti rappresentano le donne non soltanto con profili femminili, ma a volte con una semplice parte del corpo: seni, natiche, occhi... Il triangolo pubico è anch'esso spesso rappresentato. Il modo più semplice, più geometrico e più universale di rappresentarlo consiste nel tracciare una V. se la V è dunque il simbolo femminile della donna, Marija Gimbutas pensa che i numerosi motivi a chevron (due V sovrapposte) designano anch'essi il sesso femminile. Allo stesso modo, poiché si ritrovano spesso associate la figura della V e dei chevron incisi su delle ceramiche a forma di uccello, Marija Gimbutas ne dedusse che la figura dell'uccello è egualmente un simbolo femminile. Ammettendo questa convenzione (V, chevron semplici, doppi o tripli, figure di uccelli, seni...), è allora apparso che il segno della donna è onnipresente in tutta l'Europa del Sud-Est.

Per slittamenti graduali e giustapposizioni di motivi, Marija Gimbutas pensa allora di reperire tutta una gamma di figure ritenute di rappresentare la dea. Può apparire sotto forma di dea-uccello e, per estensione, con un becco d'uccello o di un uovo. L'acqua è egualmente associata alla divinità femminile. Può essere designata con una linea tratteggiata (alcuni tratti verticali) o una M rappresentante l'onda. Per estensione, tutti i motivi ad M sono supposti rappresentare l'acqua, dunque la dea. Tutta la simbolica della dea sarebbe legata con il ciclo della vita, il mistero della nascita e della morte, quello del rinnovamento della vita- non soltanto della vita umana, ma di ogni forma di vita sulla Terra come nella totalità del cosmo.

Nel corso della lettura e con il grande sostegno delle illustrazioni (quasi 500 figure sono riprodotte nel libro Il linguaggio della dea), Marija Gimbutas si sforza nel descrivere il senso che poteva assumere la divinità nella cultura dell'Europa antica. La dea è innanzitutto colei che dà la vita. È dunque presente nei rituali della nascita e della fertilità. Ecco perché è associata all'acqua, fonte di ogni forma di vita e per estensione all'uccello d'acqua, ma anche alla rana ed al pesce. La dea è egualmente legata al rinnovamento delle stagioni e dunque alla terra nutrice, alla morte ed alla rigenerazione. In fondo, tutta la simbolica della dea rinvia alle credenze dei popoli agrari concernenti la sterilità e la ferticlità. La fragilità della vita, la minaccia costante della distruzione così come del rinnovamento periodico dei processi generatori della natura sono tra i più tenaci.

Se la procedura archeomitologica sostenuta da Marija Gimbutas è pertinente, il progresso scientifico è immenso. Dà di colpo le chiavi per interpretare dei segni, delle incisioni, motivi astratti presenti in tutta la preistoria, che erano sino ad allora trattati come semplici motivi decorativi o segni enigmatici che ci si vietava di decifrare. Di colpo, le ceramiche decorate svelano una storia nascosta e tutti questi segni che si erano scambiati come semplici fioriture si rivelano essere un ricco linguaggio simbolico associato al culto della dea.

Evidentemente questa impresa di decifrazione comporta molti rischi. Il primo è quello della "sovrainterpretazione" dei segni. Alla lettura di Marija Gimbutas, si rimane a volte scettici di fronte a certe conclusioni affrettate o ananlogie poco evidenti. Se l'assimilazione della figura ad M ad un onda è abbastanza convincente, in compenso, l'associazione dei meandri labirintici e dell'acqua è molto meno evidente di quanto l'afferma l'autrice, senza alcuna dimostrazione. Allo stesso modo, l'associazione tra le linee verticali, l'acqua e la dea riposa su dati molto fragili, troppo sistematizzati.

Rimane il fatto che avremmo torto a respingere il metodo- per natura ipotetico- in nome dei suoi difetti.Come fa notare giustamente Jean Guilaine nella prefazione, si darà a credito di Marija Gimbutas di aver aperto la via ad un'archeologia simbolica (...) Ma giustamente orientare una disciplina fondalmentalmente collegata allo studio dei dati materiali verso il campo dell'immaginario implicava già un certo coraggio intellettuale e una forma acuta di non conformismo.

La dea domina il panteon preistorico? Ciò che impressiona fortemente in questo volume è la permanenza negli archivi archeologici di queste presenze femminili. Secondo Marija Gimbutas, la figura della grande dea avrebbe dominato la cultura europea su un periodo molto lungo- 25.000 anni ed una zona geografica molto vasta: tutta l'Europa dall'Atlantico agli Urali, dal Nord al Sud. Questa presenza così estesa supera considerevolmente le delimitazioni culturali classiche degli archeologi.

Come spiegare la continuità simbolica tra le veneri del paleolitico (caratterizzata dalle società di cacciatori-raccoglitori) e le dee della fertilità delle società agrarie? Se, come afferma l'autrice, la dea femminile è caratteristica delle società agrarie (dunque quelle del neolitico), come spiegare che le sue origini risalgano al paleolitico superiore (società di cacciatori)?  Non si troverà qui risposta [1]. Ed è anche un peccato che il problema non sia accennato. Altra questione, la figura della dea è una divinità dominante (dea madre) o una figura tra le altre di un panteon variegato? Non attenendosi che a questo simbolo, si ha la sensazione che ha invaso tutto il campo della mitologia. Anche su questo punto, la Gimbutas tace. Quest'ultima aveva rivelato in Dee e dei dell'Antica Europa tutto un panteon di dei nell'europa antica.

È tanto più fastidioso che l'autrice non ceda in nulla all'ipotesi del "matriarcato primitivo" che le si è spesso attribuito. L'opera di Marija Gimbutas è stata in effetti adottata dalle teoriche del femminismo per appoggiare la tesi secondo la quale le epoche preistoriche sarebbero state contraddistinte da uno stadio matrisrcale in cui il potere dominante era quello delle donne. Non è affatto un caso se il libro è edito dalle edizioni Des femmes/Antoinette Fouque... Però Marija Gimbutas non sostiene in nulla la tesi femminista. L'archeologa precisa esplicitamente che la presenza di dee femminili riflette piuttosto una "cultura gilanica", una struttura sociale in cui il potere tra i due sessi è più equamente ripartito. Questa cultura si oppone ad una cultura androcratica in cui l astruttura sociale è dominata dal sesso maschile (o patriarcale).

Non è che in seguito, verso la metà del V millennio a. C., che una cultura patriarcale, maschile, sorse sulle rive del Volga e si espanse in seguito in Europa.

Questa nuova cultura avrebbe allora scalzato il posto preminente occupato dalla dea, o dalle dee femminili, nel panteon preistorico.


[Traduzione e ricerca iconografica di Massimo Cardellini]

NOTE

[1] La divulgatrice delle ricerche di Gimbutas, Riane Eisler, nei suoi magistrali studi Il calice e la spada e Il piacere è sacro, e la cui lettura raccomandiamo caldamente, ha ampiamente dato spiegazione di quel che all'autore del presente saggio appare un mistero: i paleolitici non erano dei semplici cacciatori! Più semplice di così... E poi che bisogno avevano di cacciare tutto il tempo per nutrirsi quando avevano a disposizione i fiumi pescosissimi e sterminate distese di praterie e boschi da cui trarre cibo a profusione? Siamo qui in presenza di un pregiudizio  duro a morire in quanto ideologicamente fondato sul modello evoluzionistico dello sviluppo storico e sociale sorto, non a caso, con le prime forme di società statuali gerarchiche, classiste e guerrafondaie (N.d.T.).


BIBLIOGRAFIA di base per approfondire l'argomento:

 

Marija Gimbutas, Il linguaggio della dea, Venexia, Roma, 2008, [1989]

Marija Gimbutas, Le dee viventi, Medusa, Milano, 2005, [1999]

Riane Eisler, Il calice e la spada, Frassinelli, Milano, 2006, [1988]

Riane Eisler, Il piacere è sacro, Frassinelli, Milano, 1996, [1995]

AA. VV. [Eisler, Gimbutas, Campbell, Muses], I nomi della dea, Ubaldini, Roma, 1992, [1991]

Erich Neumann, La grande madre, Astrolabio, Roma, 1981, [1955]

Pepe Rodriguez, Dio è nato donna, Editori Riuniti, Roma, 2000, [1999]

Martin Bernal, Atena nera, Pratiche Edizioni, Parma, 1992, [1985]

Franz Baumer, La grande madre, ECIG, Genova, 1995, [1993]

 

 

[Traduzione e ricerca iconografica di Ario Libert]

 

 LINK al post originale:
Au temps de la déesse

 

LINK a un importante documentario in sette parti su Marija Gimbutas:

Signs Out the Time

 

C'era una volta l'isola di Creta

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24 settembre 2009 4 24 /09 /settembre /2009 07:37

Scena di tauromachia, spettacolo incruento e relativo all'era precessionistica del Toro, e cioè approssimativamente dal 4.300 al 2150 a. C., in cui la civiltà gilanica di Creta raggiunse punti di sviluppo elevatissimi e socialmente diffusi in senso egualitario ma anche nel campo scientifico e tecnologico soprattutto nelle attività architettoniche ed urbanistiche, nella costruzione cantieristica, nelle tecniche di navigazione e infine nella lavorazione dei metalli.

C'era una volta l'isola di Creta

Presentando questo breve quanto interessantissimo saggio sulla civiltà della Creta minoica, intendiamo in realtà iniziare un lento processo di revisione della profonda storia umana, cioè rivalorizzare sul piano interpretativo quella parte della storia chiamata globalmente preistoria.
Anche se in linea di principio, il termine preistoria è inteso tra gli esponenti più progrediti della ricerca storica, archeologica e antropologica, come privo di connotazione negativa se non spregiativa, la grande massa dell'opinione pubblica e persino  di coloro che possiedono rudimenti di una cultura storica che potrebbe porli in grado di capire discorsi di ristrutturazione radicale del sapere umano da pesanti inquinamenti ideologici, rimane totalmente all'oscuro dei formidabili progressi conseguiti dalla ricerca sulla preistoria dell'ultimo mezzo secolo e le lotte intestine all'interno dei settori accademici per l'egemonia dell'interpretazione di questa vasta fase della storia umana.
 
Siamo cioè in presenza di un vero e proprio rovesciamento, sia a livello dei valori sia in quello interpretativo, dell'immagine di una preistoria vista come stadio all'interno di uno processo di progressione dal semplice al complesso in tutti i campi da quello dell'intero scibile umano a quello delle istituzioni sociali alla tecnologia, alla scienza ed alla religione.
Ne emerge una scienza della preistoria totalmente innovativa in grado addirittura di criticare l'intera storia umana, quella cioè caratterizzata dal sorgere dello Stato, delle classi sociali, delle guerre, della violenza generalizzata in tutti i rapporti quotidiani, da tutta cioè la negatività che da numerosi millenni, almeno sei, cioè dal 4.000/4.500 a.C. sino ad oggi, caratterizza tutta la storia umana più nota, quella soprattutto che si avvale in modo privilegiato della documentiazione scritta.
La prospettiva evoluzionistica, caratterizzata dai parametri del progresso in ogni campo viene così abbattuta e rivela il suo grugno puramente ideologico a cui tutte le forme ideologiche hanno concorso a dare ovviamente il loro sostegno, dalla religione alle dottrine giuridiche, economiche e filosofiche: il passato è condannato immancabilmente a fungere da pista di decollo di quanto è avvenuto successivamente ed il domani è sempre migliore dello ieri. Vera e pura mitologia a cui grandi figure di ricercatori storici e filosofi hanno rivolto le loro critiche devastanti calibrandole su dove andava fatto e cioè nel prendere a parametro di giudizio e verifica le conseguenze sociali di una s determinata strutturazione sociale non facendosi irrettire da discorsi volti a celebrare acriticamente una progressione quantitativa in un dato settore considerato.
Ciò che più infastidisce e sconvolge gli ideologi del presente storico è il fatto che queste culture furono in grado di prosperare ed evolversi realmente, per millenni, non conoscendo guerre, strutturazioni sociali, classiste gerarchie burocratiche, apparati di repressione polizieschi e  aggressioni militari e quindi espansionismi imperialistici a danno di altre culture. Tutto ciò che da millenni la parte migliore dell'umanità , consapevole del reale stato in cui si trova si augurano che si instauri nei rapporti umani e che è solitamente definita nella migliore delle ipotesi come utopia.
La preistoria è la sede quindi di questa utopia concreta, storicamente esistita,  una serie di culture pacifiche, egualitarie nei rapporti tra i sessi e le più diverse comunità umane, priva di violenza tra individui e comunità altre, basate sul soddisfacimento di tutti i bisogni da quelli materiali a quelli sociali e culturali, una diffusione quindi del benessere orizzontale sotto la benedizione della grande dea madre, l'idea guida di decenni di millenni di evoluzione sociale e culturale e simbolizzazione della natura, una divinità dal volto umano, benigno, materno in cui tutte  le pulsioni positive umane erano proiettate come verifica soprattutto della loro esistenza nei rapporti interumani.

Abbiamo quindi molto da apprendere dalla presitoria e nulla dalla storia se non unicamente l'esigenza di fuoriuscirne.

 

Isola bastione della non-violenza sino al 1500 a. C., quando seguì l’emergere delle “civiltà” e del culto della violenza

Quando si dice Creta, si pensa subito al Minotauro, a re Minosse, al Grande Labirinto. Ma Creta ha molto più da offrirci di questi stereotipi ingannevoli. Creta sino a 1500 anni prima dell’era comune [a.C.], data in cui è stata invasa dai kurgan, orde barbariche, è stata un modello di società organizzata sulla non-violenza, una democrazia egualitaria che aveva sviluppato una tecnologia avanzata per fini pacifici.

Creta società opulenta, modello della società egualitaria di cooperazione.

La società cretese, opulenta, ha sviluppato una civiltà molto evoluta. Questo si è tradotto in pratica nell’organizzazione di città e villaggi ben pianificati composti di imponenti edifici, palazzi, di aree agricole, forniti di reti di distribuzione di acqua ed irrigazione, fognature, fontane e collegate da vie di comunicazione di cui molte pavimentate. In campo culturale, troviamo una letteratura abbondante (in 4 differenti scritture) e produzioni artistiche che gli storici descrivono come raffinate, celebranti la vita, molto ispirate.

Ma questo non basta a farne una civiltà non-violenta. Uno dei tratti essenziali della società cretese è di avere, in un’epoca così remota, saputo sviluppare un modello di società egualitaria. I cretesi erano persone benestanti, ma la cosa più notevole era la ripartizione piuttosto equa delle ricchezze, poiché le ricerche archeologiche hanno evidenziato poca differenza nei tenori di vita. Anche quando i poteri politici sono stati centralizzati, ciò è stato fatto senza gerarchizzazioni né autocrazia e il governo insediato lo fu sotto una forma democratica ben prima che i greci non si appropriassero della parola democrazia. Gli uomini e le donne vi partecipavano paritariamente, soprattutto per quel che concerneva le cerimonie religiose.

Creta una società che ha sviluppato una notevole tecnologia utilizzata a fini pacifici

Creta ha creato una tecnologia di qualità utilizzando il bronzo, ma non l’ha utilizzata per produrre armi. I cretesi si sono serviti di questa tecnologia per migliorare le loro condizioni di vita, abbellire il loro ambiente, costruire magnifici edifici circondati da giardini molto elaborati. Le poche armi fabbricate, poco sofisticate, lo furono per servire sulle navi mercantili e per difesa contro gli attacchi dei pirati in alto mare. La costa cretese non era fortificata rendendola così vulnerabile agli attacchi dei barbari.

I progressi tecnologici, con lo sviluppo della specializzazione, non hanno avuto effetto sul funzionamento collaborativo ed egualitario della società. I beni e le ricchezze accumulate lo erano a beneficio ed al servizio di tutti ed i poteri che tali progressi conferiscono si sono tradotti con una maggiore consapevolezza delle responsabilità di fronte alla collettività. Questi poteri erano integrati al culto della vita ed in nessun caso potevano servire a togliere la vita con un qualunque atto di violenza.

Questo modo di vita pacifico ed egualitario che l’isola di Creta aveva saputo preservare sino al 1500 prima dell’era comune, si trovava in completa opposizione con quanto si era sviluppato dappertutto altrove dal 4300 a. C. con l’invasione delle orde barbare, i Kurgan [1], che saccheggiavano, violentavano, uccidevano. Benché queste orde nomadi fossero di culture diverse, quel che avevano in comune era il modo di funzionamento societario basato sul dominio, una struttura sociale in cui la gerarchia e l’autoritarismo erano la norma. Creta, ultimo bastione di una società non violenta, egualitaria e cooperativistica, a lungo protetta dalla sua insularità, finì con il soccombere.

L’emergere delle “civiltà” e del culto della violenza

Bruscamente, con il passaggio di numerosi di questi popoli pacifici sotto il dominio di queste orde barbariche, la tecnologia sarà utilizzata per sviluppare il potere di distruzione; togliere la vita diventa la norma. I Kurgan uccidono gli uomini, si impadroniscono delle donne che diventano loro concubine e schiave e dei bambini ridotti anch’essi in schiavitù. D’ora in poi le loro sepolture mortuarie si riempiono di armi e di corpi sacrificati di donne e bambini. Da un punto di vista morale e culturale le società si impoveriscono, ne testimoniano i resti di vasellame e sculture, identiche e qualitativamente inferiori. Le donne sono sessualmente ed economicamente asservite, violentarle e violentare le giovani, sacrificare i loro figli, distruggere città intere, mostrare la propria potenza e la propria ricchezza asservendole diventa pratica corrente, con in più l’aura della religione. È su questo terreno che si sono sviluppate le “civiltà” antiche e le religioni “civilizzatrici” ebraico-cristiana. Le donne sono bandite dalle cerimonie religiose, che diventano appannaggio esclusivo degli uomini, in quanto le leggi religiose che governano oramai le società sono state concepite esclusivamente dagli uomini. Le persone non sono più trattate egualmente né in vita né in morte, le più deboli sono sfruttate, la brutalità, le punizioni sono correntemente praticate. L’ideologia dominatrice e manipolatrice celebrante il potere dello sfruttamento, la guerra, la distruzione era nato.



Cultura di violenza, istinto di morte, istinto di vita, cultura della non violenza

Dalla prevalenza di società basate sulla cooperazione, sulla celebrazione della vita, dove le persone lavoravano insieme per soddisfare i propri bisogni, si è passati a società dominatrici in cui le persone soddisfano i loro bisogni prendendoli dagli altri, al bisogno sotto la minaccia, attraverso atti di violenza, seminando ovunque morte. Quel che è stato scritto sulla storia dell’umanità, le riflessioni filosofiche, si sono principalmente sviluppate su questo a priori del dominio attraverso la violenza come elemento “naturale” della natura umana, questo “istinto “ di morte.
Quindi, costantemente, lungo il corso dei secoli sino ai nostri giorni, delle donne e degli uomini hanno voluto reinventare il mondo, assumendo su di sé e sotto forme differenti, questo bisogno di creare pacificamente i legami sociali, in relazione con un sentimento molto forte di appartenenza ad una collettività umana, percependo l’umano come una identità comune da preservare attraverso la non violenza. Allora, è questo una lontana eco di un modo di vivere scomparso o la nostalgia di un passato tribale o ancora una di quelle utopie avanguardiste ogni volta recuperata da una dinamica attivata dall’interesse? E perché non semplicemente una manifestazione persistente di un “istinto” di vita che le capacità di autodistruzione dell’essere umana, su scala individuale o collettiva, non hanno sino ad oggi potuto rimuovere?
La vita, la sofferenza, la gioia, l’estetica, la qualità della vita, le relazioni con l’ambiente naturale, sono delle ricchezze umane non misurabili, non calcolabili, non brevettabili, patrimonio comune dell’umanità che i nostri antenati hanno cercato a modo loro di preservare sperando ogni volta di superare il presente. A noi continuare.


NOTE

[1] Con il termine Kurgan, vengono indicate l’insieme delle culture preistoriche eurasiatiche che seppellivano i morti socialmente ritenuti importanti in tumuli funerari spesso di grandi dimensioni, chiamati kurgan, da cui il nome traslato poi al popolo che li costruiva. I più antichi kurgan comparvero nel Caucaso e nella steppa ucraina per poi propagarsi nell’Europa orientale e centro-settentrionale. La celeberrima archeologa ucraina Marija Gimbutas, di cui Riane Eisler può essere considerata allieva, ha associato la cultura Kurgan ai proto-indoeuropei, il cui punto di propagazione è stato identificato con le culture kurgan a nord del mar Nero. (N. d. T.)




Bibliografia

Eisler, Riane (1987). The Chalice and the Blade: Our history, our future. San Francisco: Harper Collins, (tr.it., Il calice e la spada, Pratiche editrice, Parma, 1996, ora ristampato da Frassinelli.
Eisler, Riane, Il piacere è sacro, tr. it., di Sacred Pleasure,
Frassinelli, 1996.

Testi pertinenti all'argomento:

Marija Gimbutas, Il linguaggio della dea, [The Language of the Goddess, 1989], Venexia, Roma, 2008.

Marija Gimbutas, Le dee viventi, [The Living Goddess, 1999], Medusa, Milano, 2005.
Gimbutas, Eisler, Campbell, I nomi della dea, [In all Her Names, 1991], Ubaldini, Roma, 1992.
Pepe Rodríguez, Dio è nato donna, [Dios nació mujer, 1999], Editori Riuniti, Roma, 2000.



[Traduzione di Ario Libert]



Linkografia


Un valido contributo può essere letto nella seguente voce di ANARCHOPEDIA:
Società gilaniche

Per un inquadramento globale della storia della Creta gilanica, si può consultare questo interessante link in cui illustrazioni e fotografie aiutano nella compressione della tematica: Storia di Creta


Per notizie essenziali sulla ricercatrice Riane Eisler i cui studi sono riassunti nella traduzione di questo articolo:
Vita e opere di Riane Eisler

Per notizie essenziali sulla ricercatrice Marija Gimbutas di cui Riane Eisler è la più importante divulgatrice e prosecutrice la sintetica voce in Wikipedia: Marija Gimbutas


Un importante saggio del 1995 di Riane Eisler è consultabile a questo link: Gilania, androcrazia

Un interessante saggio sulle ricadute concettuali del rapporto società egualitaria ed ambiente al seguente link: Un antico futuro. Il bioregionalismo e le sue radici nella civiltà neolitica dell'Antica Europa(7000-3500 a. C.)

Un documentario, Signs out of Time, in sette parti su You Tube sulle teorie e ricerche di Marija Gimbutas:
Signs Out of Time

 

 

 

 

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