La colonna Durruti
omaggio di Carl Einstein
La nostra colonna apprese della morte di Durruti nella notte. Si parlò poco. Sacrificare la propria vita va da sé per i compagni di Durruti. Qualcuno dice a voce bassa Era il migliore di tutti. Altri gridarono nella notte Lo vendicheremo. La consegna del giorno seguente fu Venganza (vendetta).
Durruti, quest'uomo straordinariamente obiettivo e preciso, non parlava mai di se stesso, della sua persona. Aveva bandito dalla grammatica la parola "io", questo termine preistorico.
Nella colonna Durruti, non si conosce che la sintassi collettiva. I compagni insegneranno agli scrittori a cambiare la grammatica per renderla collettiva. Durruti aveva avuto l'intuizione profonda della forza anonima del lavoro. Anonimato e comunismo non fanno che una sola cosa.
Il compagno Durruti viveva ad anni luce da tutta questa vanità da protagonisti di sinistra. Viveva con i compagni, lottava come compagno. La sua radiosità era il modello che ci animava. Non avevamo generali; ma la passione della lotta, la profonda umiltà di fronte alla Causa, la Rivoluzione, passavano dai suoi occhi benevolenti sino ai nostri cuori che non facevano che una sola con il suo, il quale continua a battere per noi sulle montagne.
Udremo per sempre la sua voce: Adelante, adelante!
Durruti non era un generale, era il nostro compagno. Ciò non era decorativo, ma in questa colonna proletaria, non si sfrutta la Rivoluzione, non si fa pubblicità. Non si pensa che ad una cosa: la vittoria e la Rivoluzione.
Questa colonna anarco-sindacalista è nata in seno alla Rivoluzione. È essa sua madre. Guerra e Rivoluzione non sono che una cosa sola per noi. Altri avranno la facoltà di parlarne con termini scelti o discuterne in astratto. La Colonna Durruti non conosce che l'azione, enoi siamo i suoi allievi. Siamo semplicemente concreti e crediamo che l'azione produce delle idee più chiare di un programma progressivo che evapora nella violenza del fare.
La Colonna Durruti si compone di lavoratori, dei proletari venuti dalle fabbriche e dai villaggi. Gli operai di fabbrica catalani sono partiti in guerra con Durruti, i compagni della provincia li hanno raggiunti. Gli agricoltori ed i piccoli contadini hanno abbandonato i loro villaggi, torturati ed umiliati dai fascisti, hanno attraversato l'Ebro di notte.
La Colonna Durruti è cresciuta nel paese che ha conquistato e liberato. È nata nei quartieri operai di Barcellona, oggi comprende tutti gli strati rivoluzionari della Catalogna e dell'Aragona, delle città e delle campagne. I compagni della Colonna Durruti sono dei militanti della CNT-FAI.
Molti di loro hanno pagato con pene detentive le loro convinzioni. I giovani si sono conosciuti alle Juventudes Libertarias. Gli operai agricoli ed i piccoli contadini che ci hanno raggiunti sono le madri ed i figli di coloro che sono ancora perseguitati laggiù. Essi guardano verso i loro villaggi. Molti dei loro parenti, padri e madri, fratelli e sorelle sono state assassinati dai fascisti.I contadini guardano verso la pianura, nei loro villaggi, con speranza e collera. Ma non lottano per il loro borgo né per i loro beni, essi si battono per la libertà di tutti.
Degli adolescenti, quasi dei bambini, sono fuggiti per venire da noi, degli orfani i cui genitori erano stati assassinati. Questi bambini si battono al nostro fianco. Parlano poco, ma hanno capito presto molte cose. La sera al bivacco, ascoltano i più anziani. Alcuni non sanno né leggere né scrivere. Sono i compagni che insegnano loro. La Colonna Durruti ritornerà dal campo di battaglia senza analfabeti.
È una scuola.
La Colonna non è organizzata né militarmente né in modo burocratico. È emersa in modo organico dal movimento sindacalista. È un'associazione social-rivoluzionaria, non è una truppa. Formiamo un'associazione di proletari asserviti e che si batte per la libertà di tutti. La Colonna è l'opera del compagni Durruti, che ha determinato il loro spirito ed incorraggiato la loro libertà di essere sino all'ultimo battito del cuore. I fondamenti della Colonna sono il cameratismo e l'autodisciplina. Lo scopo della loro azione è il comunismo, nient'altro.
Tutti, odiamo la guerra, ma tutti noi la consideriamo come un mezzo rivoluzionario. Non siamo dei pacifisti e ci battiamo con passione. La guerra- questa idiozia completamente superata- non si giustifica che attraverso la Rivoluzione sociale. Non lottiamo in quanto soldati, ma in quanto liberatori.
Avanziamo e prendiamo d'assalto, non per conquistare della proprietà ma per liberare tutti coloro che sono oppressi dai capitalisti e dai fascisti. La Colonna è un'associazione di idealisti che hanno una coscienza di classe. Sino al presente, vittorie e sconfitte servivano al capitale che mantenevano degli eserciti e degli ufficiali per assicurare ed ingrandire il suo profitto e la sua rendita. La Colonna Durruti serve il proletariato. Ogni successo della Colonna Durruti comporta la liberazione dei lavoratori, qualunque sia il luogo in cui la Colonna ha vinto. Siamo dei comunisti sindacalisti, ma conosciamo l'importanza dell'individuo; ciò significa: ogni compagno possiede gli stessi diritti e compie gli stessi compiti. Non c'è nessuno sopra gli altri, ognuno deve sviluppare ed obbedire al massimo la sua persona.
I tecnici militari consigliano, ma non comandano. Non siamo forse degli strateghi, ma certamente dei combattenti proletari. La Colonna è forte, è un fattore importante del fronte, perché è costituita da uomini che non perseguono che un sol scopo da molto tempo, il comunismo, perché si compone di compagni organizzati sindacalmente da molto tempo e che lavorano in modo rivoluzionario.
La colonna è una comunità sindacalista in lotta.
I compagni sanno che essi lottano questa volta per la classe lavoratrice, non soltanto per una minoranza capitalista, l'avversario. Questa convinzione impone a tutti una autodisciplina severa.
Il miliziano non obbedisce, persegue insieme a tutti i suoi compagni la realizzazione del suo ideale, di una necessità sociale. La grandezza di Durruti però è dovuta giustamente al fatto che egli commandava raramente ma educava di continuo. I compagni venivano a trovarlo sotto la tenda quando rientrava dal fronte. Spiegava loro il senso delle misure che prendeva e discuteva con essi. Durruti non comandava, convinceva.
Soltanto la convinzione garantiva un'azione chiara e risoluta. Da noi, ognuno conosce il motivo della sua azione e non fa che una sola cosa con essa. Ognuno si sforzerà dunque ad ogni costo di assicurare il successo alla sua azione. Il compagno Durruti ci ha dato l'esempio.
Il soldato obbedisce perché ha paura e si sente inferiore socialmente. Combatte per frustrazione. È per questo che i soldati difendono sempre gli interessi dei loro avversari sociali, i capitalisti. Questi poveri diavoli della parte fascista ce ne danno il pietoso esempio. Il miliziano si batte innanzitutto per il proletariato, vuole la vittoria della classe operaia. I soldati fascisti si battono per una minoranza in via di sparizione, il loro avversario, il miliziano per il futuro della sua classe. Il miliziano è dunque più intelligente del soldato. È un ideale e non la parata al passo d'oca che regola la disciplina della Colonna Durruti.
Dove arriva la Colonna, si collettivizza. La terra è data alla comunità, i proletari agricoli, da schiavi dei cacicchi che erano, si trasformano in uomini liberi. Si passa dal feudalesimo al libero comunismo.
La popolazione è curata, nutrita e vestita dalla Colonna. Quando la Colonna sosta in un villaggio, essa forma una comunità con la popolazione. Un tempo ciò si chiamava Esercito e Popolo o più esattamente l'esercito contro il popolo. Oggi, che si chiama proletariato al lavoro ed in lotta, entrambi formano un'unità inseparabile.
La milizia è un fattore proletario, il suo essere, la sua organizzazione sono proletari e devono restarlo. Le milizie sono le rapp resentanti della lotta di classe.
La Rivoluzione impone alla Colonna una disciplina più severa di quanto non potrebbe farlo qualunque militarizzazione. Ognuno si sente responsabile del successo della Rivoluzione sociale. Quest'ultima forma il contenuto della nostra lotta che resterà determinata dalla componente sociale. Non credo che dei generali o un saluto militare possano insegnarci un atteggiamento più funzionale. Sono sicuro di parlare nel senso di Durruti e dei compagni.
Non neghiamo il nostro vecchio antimilitarismo, la nostra sana diffidenza contro lo schematismo militare che non ha apportato sinora che dei vantaggi ai capitalisti. È giustamente per mezzo di questo schematismo militare che si è impedito al proletario di formarsi in quanto soggetto e che lo si è mantenuto nell'inferiorità sociale. Lo schematismo militare aveva come scopo di spezzare la volontà e l'intelligenza del proletario. Finalmente, ed in ultimo luogo, lottiamo contro i generali ribelli.
La ribellione militare prova il dubbio valore della disciplina militare. Non obbediamo ai generali, perseguiamo la realizzazione di un ideale sociale che attribuisce una parte alla massima formazione dell'individualità proletaria. La militarizzazione, per contro, era un mezzo sino ad allora popolare per sminuire la personalità del proletario.
Compiremo tutto e con tutte le nostre forze le leggi della Rivoluzione.
La base della nostra Colonna, è la nostra reciproca fiducia e la nostra collaborazione volontaria. Il feticismo del comando, la fabbricazione di celebrità, lasciamole ai fascisti. Restiamo dei proletari in armi, che si sottomettono volontariamente ad una disciplina funzionale. Si capisce la Colonna Durrutise si è afferrato che essa resterà sempre la figlia e la protezione della Rivoluzione proletaria. La Colonna incarna lo spirito di Durruti e quello della CNT-FAI.
Durruti continua a vivere nella nostra Colonna.
Essa garantisce la sua eredità nella fedeltà. La Colonna lotta con tutti i proletari per la vittoria della Rivoluzione.
Onore al nostro compagno caduto nel combattimento.
Onore a Durruti.
Carl Einstein
[Traduzione di Ario Libert]
Esposizione in omaggio a Durruti. 26a Divisione. La 26a Divisione è il nome assunto dalla Colonna Durruti dopo la militarizzazione delle milizie.
LINK ad un video You Tube relativo ai funerali di Durruti: