Storia e documentazione di movimenti, figure e teorie critiche dell'esistente storico e sociale che con le loro azioni e le loro analisi della realtà storico-politica hanno contribuito a denunciare l'oppressione sociale sollevando il velo di ideologie giustificanti l'oppressione e tentato di aprirsi una strada verso una società autenticamente libera.
Il nuovo PKK ha scatenato una rivoluzione sociale nel Kurdistan
Le posizioni e riferimenti politici del partito di liberazione nazionale curdo PKK, in guerra aperta con la Turchia, hanno iniziato a cambiare alla fine degli anni 90 del secolo scorso, quando il suo leader Abdullah Öcalan, imprigionato a vita, nel contesto post-sovietico del crollo del “socialismo reale” scoprì le riflessioni teoriche dell'ecologia sociale sviluppate dal militante e intellettuale anarchico-comunista statunitense Murray Bookchin.
Il PKK ha fatto sue e adottate le idee dell'influente e controverso teorico anarchico, così come quelle di altri intellettuali e movimenti (come gli zapatisti) e li ha integrati alla sua proprio proposta, il confederalismo democratico. Quest'ultimo ha cominciato a essere posto in pratica nelle strutture organizzative del movimento di liberazione curdo e nei territori nei quali vi è una presenza, fondando la Confederazione dei popoli del Kurdistan (KCK) e dando propulsione a una nuova dinamica: un movimento di trasformazione sociale di tipo assembleare e federalista, assumendo in carica la "questione nazionale" e cercando di apportarvi una risposta politica ignorando lo schema dello Stato-nazione e alle sue difficoltà.
Dinamica singolare nei confronti del contesto regionale nella misura in cui essa si oppone frontalmente a tutte le tendenze dominanti in concorrenza o in conflitto; difendendo la laicità, l'eguaglianza, la liberazione delle donne e la lotta contro il patriarcato, sperimentando un'economia (di guerra) in rottura con il capitalismo e il produttivismo, reinventando e mettendo in pratica una riappropriazione della politica attraverso la realizzazione di un embrione di autonomia politica territoriale, la creazione di un potere delle assemblee locali e comunali e il superamento delle separazioni e delle chiusure identitarie prendendo in dovuto conto l'esistenza delle minoranze e delle singolarità e la pluralità dei soggetti sociali... Vasto cantiere.
Quest'ultimi mesi, i guerriglieri - uomini e donne - del PKK turco si sono spostati dapprima in Siria poi recentemente in Iraq per combattere le forze jihaddiste dello Stato islamico a fianco dei loro compagni degli altri settori del movimento di liberazione nazionale e sociale curdo. Questi combattenti uomini e donne sono oggi i soli a tener testa agli jihaddisti, in Siria così come in Iraq, i soli che incoraggiano e aiutano concretamente le popolazioni a creare le loro proprie unità di autodifesa (soprattutto in questo momento anche i rifugiati yazidi cacciati via dalla regione di Sindjar) e riescono a far indietreggiare gli islamisti, a sbaragliarli, malgrado gli squilibri delle forze, soprattutto sul piano materiale dell'equipaggiamento militare.
Abbiamo già ampiamente affrontato le questioni relative a diversi livelli della "rivoluzione curda" in corso, su questo sito o in Courant Alternatif e continueremo a farlo. Perché oggi, la proposta politica del movimento curdo supera il quadro del solo Kurdistan e dei suoi conflitti interni. Comincia ad apparire - e ciò è da collocare nel contesto del bilancio, dello scacco dei processi rivoluzionari iniziati nel 2011-2012 chiamati "primavera araba", e delle questioni aperte allora da questa sequenza e rimaste senza risposta - come una proposta tangibile che riapre una prospettiva, come una risposta valida per l'insieme della macro-regione mediterranea e medio-orientale: una vera alternativa a tutti i regimi di oppressione, senza eccezione, usciti dalle divisioni territoriali dell'epoca coloniale e della prima guerra mondiale, sia gli orpelli del "nazionalismo arabo" a partito unico e alle dittature militari apparentate, le differenti varianti dell'islamismo politico, le diverse petromonarchie della penisola arabica e del golfo persico, le pseudo-democrazie delle oligarchie capitaliste/imperialiste alla moda occidentale.
Pubblichiamo qui la traduzione di un testo recentemente edito in inglese che presenta, di nuovo, i contenuti delle proposte avanzate e applicate dai movimenti della sinistra curda e li attualizza.
Va da sé che, come altri testi e documenti che pubblichiamo regolarmente, non riflette che il punto di vista del suo autore. Se ce ne assumiamo la pubblicazione, è, da una parte, perché vi ritroviamo delle problematiche e delle preoccupazioni che ci sono vicine, ma anche d'altra parte e soprattutto per quel che apporta come elementi di informazione, di comprensione e di analisi sui conflitti, sulle guerre, i processi di trasformazione sociale in corso che non ci sono estranei e che disegnano grandemente oggi una carta del mondo (geografica, sociale, politica...) che ci riguarda, semplicemente, perché ci include e ci determina.
31 agosto 2014 - XYZ / OCLibertaire
Rafael Taylor
A mano a mano che la prospettiva dell'indipendenza curda diventava sempre più imminente, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) si è trasformato in una forza di lotta per la democrazia radicale.
Esclusi dai negoziati e traditi dal Trattato di Losanna del 1923 dagli Alleati della Prima Guerra mondiale che avevano loro promesso un loro proprio Stato dopo la spartizione dell'Impero ottomano, i Curdi sono la più grande minoranza senza Stato nel mondo. Ma oggi, ad eccezione di un Iran testardo, non rimangono più che pochi ostacoli all'indipendenza curda de jure nel nord dell'Iraq. La Turchia e Israele hanno promesso il loro sostegno, mentre le mani della Siria e dell'Iraq sono legate dal rapido progresso dello Stato Islamico (ISIS).
Con la bandiera al vento su tutti gli edifici ufficiali e i peshmergas [forze armate del Governo regionale del Kurdistan nel Kurdistan iracheno] ora gli islamisti alla porta del Kurdistan grazie a un aiuto militare americano atteso da molto tempo, il sud del Kurdistan (Iraq) si unisce ai loro compagni del Kurdistan occidentale (Siria) in quanto seconda regione autonoma de facto del nuovo Kurdistan. Essi hanno già iniziato a esportare il loro petrolio e hanno ripreso la regione ricca di petrolio di Kirkuk, hanno il loro proprio parlamento eletto e laico e la loro società pluralista. Hanno presentato la loro domanda di riconoscimento come Stato all'ONU e non vi è nulla che il governo iracheno possa fare - o che gli Stati Uniti vogliano fare senza il sostegno di Israele - per fermarlo
La lotta dei Curdi, tuttavia, è lungi dall'essere strettamente nazionalista. Sulle montagne sopra Erbil, nel cuore storico del Kurdistan che si snoda attraverso le frontiere della Turchia, dell'Iran, dell'Iraq e della Siria, è nata una rivoluzione sociale.
Carta attuale della Siria e dell'Iraq. In giallo nel nord della Siria le zone controllate dai Curdi di Siria, in verde nel nord dell'Iraq le zone controllate dai Curdi iracheni.
La teoria del confederalismo democratico
Alla svolta del secolo, quando il radicale statunitense Murray Bookchin aveva fallito nel suo tentativo di rivitalizzare il movimento anarchico contemporaneo con la sua filosofia dell'ecologia sociale, Abdullah Öcalan, il fondatore e dirigente del PKK, veniva arrestato in Kenya dalle autorità turche e condannato a morte per tradimento. Negli anni successivi, il vecchio anarchico guadagnava un improbabile adepto nel militante indurito, la cui organizzazione paramilitare - il Partito dei lavoratori del Kurdistan - è ampiamente considerata come un'organizzazione terroristica che conduce una guerra violenta di liberazione nazionale contro la Turchia.
Nei suoi anni di confino solitario - il leader del PKK si trova dietro le sbarre dopo che la sua pena è stata commutata in ergastolo - Öcalan ha adottato una forma di socialismo libertario così oscuro che ben pochi anarchici ne avevano sentito parlare: il municipalismo libertario di Bookchin. Öcalan ha in seguito modificato, attenuato e ribattezzato la visione di Bookchin con il nome di "confederalismo democratico" con il risultato che l'Unione delle Comunità del Kurdistan (Koma Civakên Kurdistan ou KCK), l'esperimento territoriale del PKK di una società libera basata sulla democrazia diretta, è rimasta a lungo un segreto per la maggior parte degli anarchici, e più ancora, per l'opinione pubblica.
Benché la conversione di Öcalan sia stato il punto decisivo, la rinascita più vasta di una letteratura della sinistra libertaria e indipendente ha iniziato a soffiare sulle montagne e a passare di mano in mano tra la base del movimento dopo l'affondamento dell'Unione sovietica negli anni 90. "(Essi) hanno analizzato dei libri e degli articoli di filosofi, di femministe, di (neo)anarchici, comunisti libertari, comunalisti ed ecologisti sociali. E' così che degli scrittori come Murray Bookchin (ed altri) hanno attirato la loro attenzione," ci dice il militante curdo Ercan Ayboga.
Öcalan si è lanciato nei suoi scritti dal carcere, in un profondo riesame e un'autocritica della terribile violenza, del dogmatismo, del culto della personalità e dell'autoritarismo che egli aveva favorito: "E' diventato chiaro che la nostra teoria, il nostro programma e la nostra prassi degli anni 70 non ha prodotto altro che un separatismo e una violenza inutili, e, quel che è ancora peggio, che il nazionalismo al quale avremmo dovuto opporci, ci ha infestato tutti. Anche se eravamo opposti tutti ai suoi principi e alla sua retorica, l'abbiamo tuttavia accettato come inevitabile". Una volta il dirigente incontestato, Öcalan ha sostenuto che il "dogmatismo prospera su delle verità astratte che diventano dei modi correnti di pensare. Non appena trasformate queste verità generali in parole, vi sentite come un sommo sacerdote al servizio del suo Dio. E' l'errore che io ho commesso".
Öcalan, ateo, ha in fin dei conti scritto come un libero pensatore, liberato dalla mitologia marxista-leninista. Ha indicato che era alla ricerca di una "alternativa al capitalismo" e di una "sostituzione del modello in rovina del... "socialismo realemente esistente" quando ha incontrato Bookchin. La sua teoria del confederalismo democratico si è sviluppata a partire da una combinazione di ispirazione intellettuale comunalista, di "movimenti come i zapatisti" e da altri fattori storici sorti dalla lotta nel nord del Kurdistan (Turchia). Öcalan ha proclamato egli stesso di essere uno studioso di Bookchin, e dopo il fallimento di una corrispondenza elettronica con il vecchio teorico, che era con suo sommo dispiacere troppo ammalato nel 2004 per seguire uno scambio espistolare dal suo letto di morte, il PKK gli ha reso omaggio dichiarando che era "uno dei più grandi ricercatori in scienze sociali del XX secolo" in occasione del secondo anniversario della sua morte.
La pratica del confederalismo democratico
Il PKK ha apparentemente seguito il suo capo, non soltanto adottando l'etichetta specifica di Bookchin dell'eco-anarchismo, ma anche interiorizzando attivamente questa nuova filosofia nella sua strategia e nella sua tattica. Il movimento ha abbandonato la sua guerra sanguinaria per la rivoluzione stalinista/maoista e i metodi del terrore che la accompagnavano, e ha iniziato ad esaminare una strategia mirante a una più vasta autonomia regionale.
Dopo dei decenni di tradimenti fratricidi, di cessate il fuoco mancati e senza futuro,
Après des décennies de trahisons fratricides, de cesser le feu manqués et sans lendemains, de détentions arbitraires et de reprises des hostilités, le 25 avril de cette année, le PKK a annoncé un retrait immédiat de ses forces de Turquie et leur redéploiement dans le nord de l’Irak, mettant ainsi fin à un conflit de 30 ans avec l’État turc. Le gouvernement turc s’est engagé simultanément dans un processus de réforme constitutionnelle et juridique devant consacrer les droits humains et culturels de la minorité kurde à l’intérieur de ses frontières. C’est là le dernier volet d’une négociation tant attendue entre Öcalan et le Premier ministre turc Erdogan, faisant partie d’un processus de paix qui a commencé en 2012. Il n’y a pas eu de violence de la part du PKK pendant une année et des appels raisonnables ont été lancés pour que le PKK soit retiré de la liste mondiale des organisations terroristes.
Il reste, cependant, une sombre histoire attachée au PKK : des pratiques autoritaires qui ne cadrent pas avec sa nouvelle rhétorique libertaire. À divers moments, ses branches ont été accusées ou soupçonnées de collecte de fonds par le trafic d’héroïne, d’extorsion, de recrutement forcé et de racket à grande échelle. Si cela est vrai, il n’y a aucune excuse pour ce genre d’opportunisme mafieux, malgré l’ironie évidente que l’État turc génocidaire était lui-même en grande partie financé par le monopole lucratif sur l’exportation légale vers l’Occident de produits opiacés ‟médicaux” cultivés par l’État, et rendu possible par le service militaire obligatoire et par les impôts pour un énorme budget anti-terroriste et ses forces armées surdimensionnées (la Turquie possède la deuxième armée de l’OTAN après les États-Unis).
Il en est ainsi de l’hypocrisie habituelle dans la guerre contre le terrorisme : lorsque les mouvements de libération nationale imitent la brutalité de l’État, ce sont invariablement les non représentés qui sont désignés comme terroristes. Öcalan lui-même décrit cette période honteuse comme celle des « gangs au sein de notre organisation et des pratiques ouvertement de banditisme, [qui] organisaient des opérations dangereuses, inutiles, en envoyant en masse des jeunes gens à la mort ».
Pour Öcalan, le confédéralisme démocratique signifie une « société démocratique, écologique et libérée en matière de genre », ou simplement « la démocratie sans l’État ». Il oppose explicitement la « modernité capitaliste » et la « modernité démocratique », dans laquelle « les trois anciens éléments de base : le capitalisme, l’État-nation et l’industrialisme » sont remplacés par « une nation démocratique, une économie communale et une industrie écologique ». Cela implique « trois projets : un pour la république démocratique, un pour le confédéralisme démocratique et un pour l’autonomie démocratique » ;
Le concept de ‟république démocratique” se réfère essentiellement à l’obtention, longtemps niée, de la citoyenneté et des droits civils des Kurdes, y compris la capacité de parler et d’enseigner librement dans leur langue. L’autonomie démocratique et le confédéralisme démocratique font à la fois référence aux « capacités autonomes des personnes et à une forme de structure politique plus directe, moins représentative ».
Pendant ce temps, Jongerden et Akkaya soulignent que « le modèle du municipalisme libre vise à réaliser l’approche de bas en haut (‟bottom-up”) dans la conception et le fonctionnement d’un organe administratif participatif, du local au provincial ». Le « concept de citoyen libre (ozgur yarttas) [est] un point de départ » qui « comprend les libertés civiles fondamentales comme la liberté d’expression et d’organisation ». Les unités de base du modèle sont les assemblées de quartier ou ‟conseils” comme on les appelle indifféremment.
Il y une participation populaire dans les conseils, y compris de la part de personnes non-kurdes, et tandis que les assemblées de quartier sont fortes dans plusieurs provinces, « à Diyarbakir, la plus grande ville du Kurdistan turc, il y a des assemblées presque partout. » Par ailleurs, « dans les provinces d’Hakkari et de Sirnak… il y a deux autorités parallèles [le KCK et l’État], parmi lesquelles la structure confédérale démocratique est la plus puissante dans la pratique. » La KCK en Turquie « est organisé au niveau du village (köy), du quartier urbain (mahalle), du district (ilçe), de la ville (kent), et de la région (bölge), qui est appelée « Kurdistan du Nord ».
Le niveau le ‟plus élevé” de la fédération au Kurdistan du nord, le DTK (Congrès de la Société Démocratique) est un mélange de délégués de base élus par leurs pairs avec mandats révocables, qui constituent 60% de l’ensemble et des représentants de « plus de cinq cents organisations de la société civile, syndicats et partis politiques », qui composent les 40% restants, dont environ 6% sont « réservés aux représentants des minorités religieuses, des universitaires ou autres spécialistes et d’autres personnes ayant un point de vue particulier. »
La proportion au sein des 40% de ceux qui sont pareillement délégués directement des groupes de la société civile démocratique et non-étatiste comparé à ceux qui n’ont pas été élus ou sont choisis par les bureaucraties des partis politiques n’est pas claire. Le chevauchement d’individus entre mouvements kurdes indépendants et partis politiques kurdes, ainsi que l’intériorisation de nombreux aspects de la procédure de démocratie directe par ces partis, compliquent encore plus la situation. Toutefois, le consensus informel qui se dégage parmi les observateurs est que la majorité des prises de décision correspond à des procédures de démocratie directe d’une manière ou d’une autre ; que la plupart de ces décisions sont prises au niveau local ; et que les décisions sont prises à partir de la base, selon la structure fédérale.
Du fait que les assemblées et le DTK sont coordonnées par la KCK illégale, dont fait partie le PKK, ils sont désignés comme ‟terroristes” par la Turquie et la soi-disant communauté internationale (UE, États-Unis et autres). Le DTK sélectionne aussi les candidats du BDP, le parti pro-kurde (Parti pour la paix et de la démocratie), pour le Parlement turc, qui propose « l’autonomie démocratique » pour la Turquie, une combinaison de démocratie représentative et de démocratie directe. Conformément au modèle fédéral, il propose la création d’environ 20 régions qui autogouverneraient directement (selon le schéma anarchiste, pas la Suisse) « l’éducation, la santé, la culture, l’agriculture, l’industrie, les services sociaux et de sécurité, les questions des femmes, de la jeunesse et des sports », avec l’État continuant de conduire « les affaires étrangères, les finances et la défense. »
La révolution sociale prend son envol
Pendant ce temps, sur le terrain, la révolution a déjà commencé. Dans le Kurdistan turc, il y a un mouvement éducatif indépendant des ‟académies” qui organise des forums de discussion et des séminaires dans les quartiers. Dans la municipalité de Sûr à Amed [nom kurde de Diyarbakır, NdT], où une avenue s’appelle ‟Rue de la Culture”, le maire Abdullah Demirbas se félicite de la « diversité des religions et de systèmes de croyance » et déclare que « nous avons commencé à restaurer une mosquée, une église catholique chaldéo-araméenne-, une église orthodoxe arménienne et une synagogue juive ».
Jongerden et Akkaya signalent ailleurs que « les municipalités DTP ont lancé un ‟service municipal multilingue”, qui a suscité des débats houleux. Des panneaux indicateurs municipaux ont été érigés en kurde et en turc, et des commerçants locaux ont suivi le mouvement ».
La libération des femmes se poursuit par les femmes elles-mêmes à travers les initiatives du Conseil des femmes du DTK, qui établit de nouvelles règles de « quotas de femmes de quarante pour cent » dans les assemblées. Si un fonctionnaire bat sa femme, son salaire est reversé directement à la femme battue afin de maintenir sa sécurité financière et son usage comme bon lui semble. « À Gewer, si le mari prend une deuxième épouse, la moitié de sa succession ira à la première. »
Il existe des « Villages de la Paix », des communautés de coopératives, nouvelles ou transformées, appliquant leur propre programme complètement en dehors des contraintes logistiques de la guerre kurdo-turque. La première de ces communautés a été construite dans la province d’Hakkari, limitrophe de l’Irak et de l’Iran, où « plusieurs villages » ont rejoint l’expérience. Dans la province de Van, « un village écologique de femmes » est en construction pour abriter les victimes de la violence domestique, auto-suffisant « pour toute ou presque toute l’électricité nécessaire. »
La KCK tient des réunions deux fois par an dans les montagnes avec des centaines de délégués de chacun des quatre pays, avec comme priorité à son agenda, la menace de l’État islamique envers l’autonomie du Kurdistan du sud et de l’ouest. Les partis iraniens et syriens affiliés à la KCK, le PJAK (Parti pour une vie libre au Kurdistan) et le PYD (Parti de l’union démocratique) mettent en avant également le confédéralisme démocratique. Le parti irakien de la KCK, le PÇDK (Parti pour une solution démocratique du Kurdistan) est relativement peu important car le Parti démocratique du Kurdistan (PDK, centriste) au pouvoir et son chef Massoud Barzani, président du Kurdistan irakien, n’a que récemment cessé de le harceler et commencé à le tolérer.
Mais, dans les régions montagneuses du Kurdistan irakien plus au nord, là où se trouvent la plupart des guérilleros et guérilleras du PKK et du PJAK, la littérature radicale et les assemblées s’épanouissent, avec l’intégration de nombreux Kurdes de la montagne après des décennies de déplacements. Au cours des dernières semaines, ces militant-e-s sont descendus des montagnes du nord pour combattre aux côtés des peshmergas irakiens contre l’EIIL, sauvant 20 000 yézidis et chrétiens dans les montagnes de Sindjar et ont reçu la visite de Barzani dans un affichage public de gratitude et de solidarité, mais surtout pour mettre la Turquie et les États-Unis dans l’embarras.
Le PYD syrien a suivi l’exemple du Kurdistan turc dans la transformation révolutionnaire de la région autonome sous son contrôle depuis l’éclatement de la guerre civile. Après les « vagues d’arrestations » de la répression baasiste, avec « 10.000 prisonniers, dont des maires, des chefs locaux du parti, des élus, cadres et militants […] les forces du PYD kurde ont renversé le régime du parti Baas dans le nord de la Syrie, ou Kurdistan occidental, [et] des conseils locaux ont éclos partout. » Des Comités d’auto-défense ont été improvisés pour fournir « la sécurité après la chute du régime baasiste » et « la première école enseignant la langue kurde » a été établie en même temps que les conseils intervenaient dans la distribution équitable du pain et de l’essence.
Dans le Kurdistan de Turquie, de Syrie, et dans une moindre mesure dans le Kurdistan irakien, les femmes sont désormais libres de se dévoiler et fortement encouragées à participer à la vie sociale. Les anciens liens féodaux sont brisés, les gens sont libres de suivre une religion ou aucune et les minorités ethniques et religieuses coexistent pacifiquement. S’ils sont capables de contenir le nouveau califat, l’autonomie du PYD dans le Kurdistan syrien et l’influence de la KCK au Kurdistan irakien pourrait bien servir de ferment pour une explosion encore plus profonde de culture et de valeurs révolutionnaires.
Le 30 juin 2012, le Comité national de coordination pour le changement démocratique (NCB), la plus grande coalition de la gauche révolutionnaire en Syrie, dont le PYD est le groupe principal, a adopté « le projet d’autonomie démocratique et le confédéralisme démocratique comme un modèle possible pour la Syrie ».
Défendre la révolution kurde face à l’État islamique
La Turquie, quant à elle, a menacé d’envahir les régions kurdes si « des bases terroristes étaient installées en Syrie », au moment où des centaines de combattants de la KCK (y compris du PKK) de tout le Kurdistan traversaient la frontière pour défendre Rojava (l’ouest) face à l’avancée de l’État islamique. Le PYD affirme que le gouvernement islamiste modéré de la Turquie est déjà engagé dans une guerre par procuration contre eux, en facilitant le transit des djihadistes internationaux à travers la frontière pour qu’ils combattent aux côtés des islamistes.
Au Kurdistan irakien, Massoud Barzani, dont la guérilla a combattu aux côtés de la Turquie contre le PKK dans les années 1990 en échange de l’accès aux marchés occidentaux, a appelé à un « front uni kurde » en Syrie à travers une alliance avec le PYD. Barzani avait signé en 2012 avec Salih Muslim, leader du PYD, l’‟Accord d’Erbil” formant le Conseil National Kurde et reconnaissant que « toutes les parties sont sérieuses et déterminées à continuer à travailler ensemble ».
Pourtant, alors que l’étude et la pratique des idées socialistes libertaires parmi la direction et les bases de la KCK est assurément un développement positif, il reste à voir dans quelle mesure cette influence est suffisamment sérieuse pour qu’ils abandonnent leur passé autoritaire sanglant. Le combat kurde pour l’autodétermination et la souveraineté culturelle est une lueur d’espoir au milieu des sombres nuages qui s’amoncellent au-dessus de l’État Islamique et des guerres sanglantes inter-fascistes entre l’islamisme, le baasisme et le sectarisme religieux qui leur a donné naissance.
Une révolution pan-kurde socialement progressiste et laïque, avec des éléments socialistes libertaires, unifiant les Kurdes irakiens et syriens et revitalisant les luttes en Turquie et en Iran peut encore être une perspective. Pendant ce temps, ceux d’entre nous qui apprécient l’idée de civilisation doivent reconnaître leur gratitude aux Kurdes, qui combattent en première ligne jour et nuit contre les djihadistes du fascisme islamiste en Syrie et en Irak, en défendant de leur vie les valeurs de la démocratie radicale.
« Les Kurdes n’ont pas d’amis sauf les montagnes »
Proverbe kurde
Rafael Taylor est un militant socialiste libertaire et un journaliste indépendant résidant à Melbourne. Il est également animateur de l’émission de radio “Floodgates Of Anarchy”, membre de l’ASF-IWA (AIT) et coordinateur de l’Alliance de la gauche libertaire à Melbourne.
[Traduzione di Ario Libert]
LINK al post originale:
Le nouveau PKK à declenché une révolution sociale au Kurdistan
Le nouveau PKK a déclenché une révolution sociale au Kurdistan
Les positions et références politiques du parti de libération nationale kurde PKK, en guerre ouverte avec la Turquie, ont commencé à changer à la fin des années 1990, lorsque son leader Abdu...