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Storia e documentazione di movimenti, figure e teorie critiche dell'esistente storico e sociale che con le loro azioni e le loro analisi della realtà storico-politica hanno contribuito a denunciare l'oppressione sociale sollevando il velo di ideologie giustificanti l'oppressione e tentato di aprirsi una strada verso una società autenticamente libera.

Opere libertarie. Hermann Gorter, Risposta a Lenin, da: "Aa. Vv. Dibattito sull'estremismo", Savelli, 1976, pp. 107-176, Il parlamentarismo, 03 di 05, [1920].

RISPOSTA A LENIN

GORTER-Offener-brief-an-den-genossen-Lenin1920

Copertina dell'edizione originale di Lettera al compagno Lenin, di Herman Gorter, il cui sottotitolo recita: Una risposta all'opuscolo di Lenin L'Estremismo malattia infantile del comunismo. Uno dei vertici critici e autenticamente libertari della tradizione marxista contro la pseudo interpretazione totalitaria leninista del mutamento sociale e storico, centrata sul ruolo onnipotente del partito messianico e dell'intervento provvidenziale e "scientifico" dello Stato.

 

di HERMAN GORTER

 

Il parlamentarismo

 

 

Resta ancora da difendere la sinistra sulla questione del parlamentarismo [10]. La linea di sinistra, anche in questa questione, si basa sulle stesse considerazioni generali e teoriche prese in esame nella questione sindacale: isolamento del proletariato, enorme potenza del nemico, necessità per la massa di elevarsi all'altezza dei suoi compiti, di non fidarsi, inanzitutto, che di se stessa, ecc. Non ho bisogno di esporre un'altra volta tutte queste ragioni.

Ma ce ne sono altre ancora più importanti di quelle addotte per la questione sindacale.

Innanzitutto: gli operai, e in generale, le masse lavoratrici dell'Europa occidentale sono completamente sotto l'influsso ideologico della cultura borghese, delle idee borghesi e, di conseguenza, del sistema rappresentativo e del parlamentarismo borghese, della democrazia borghese. E questo a un livello molto più alto rispetto agli operai dell'Europa orientale. Da noi l'ideologia borghese si è impadronita dell'intera vita sociale e, di conseguenza, anche politica; è penetrata profondamente nella testa e nei cuori degli operai. E' all'interno di questa ideologia che gli operai sono stati educati, sono cresciuti già da alcuni secoli. Sono saturi di idee borghesi.

Il compagno Pannekoek descrive molto correttamente questa situazione nella rivista "kommunismus" di Vienna.

"L'esperienza tedesca si colloca di fronte al grande problema della rivoluzione nell'Europa occidentale. In questi paesi il modo di produzione borghese e la secolare cultura altamente sviluppata che gli è legata hanno inciso profondamente sul modo di sentire e di pensare delle masse popolari. In tal modo il loro carattere intimo e spirituale è completamente diverso da quello degli operai delle regioni orientali che non hanno mai conosciuto il dominio borghese. Ed è qui che risiede, inanzitutto, la differenza del corso rivoluzionario dell'Est, rispetto all'Ovest dell'Europa. In Inghilterra, Francia, Olanda, Scandinavia, Italia, Germania, fioriva, fin dal Medioevo, una forte borghesia sulla base d'una produzione piccolo-borghese e di capitalismo primitivo. E quando il feudalesimo fu rovesciato, si sviluppò anche nelle campagne una forte ed indipendente classe di contadini, la quale fu anche padrona della sua piccola economia. Su tale base si è sviluppata la vita spirituale borghese, in una solida cultura nazionale. Accadde così innanzitutto negli Stati marittimi come l'Inghilterra, la Francia, che marciarono alla testa dello sviluppo capitalistico. Il capitalismo, mediante l'assoggettamento dell'intera economia alla sua direzione, legando anche le fattorie più sperdute al campo dell'economia mondiale, nel corsi del XIX secolo, ha elevato il livello di questa cultura nazionale, l'ha migliorato, e con le sue armi spirituali di propaganda - la stampa, la scuola e la chiesa - ha forgiato su tale modello il cervello popolare, sia che si tratti della masse proletarizzate da esso attierate nella città sia che si tratti di quelle lanciate nelle campagne.

"Queste considerazioni sono valide non soltanto per i paesi in cui il capitalismo è nato, ma anche, benché con forme un pò diverse, per l'Australia e l'America, dove gli europei hanno fondato nuovi Stati, così come per i paesi dell'Europa centrale quali la Germania, l'Austria e l'Italia, dove il nuovo sviluppo capitalistico ha potuto innestarsi sulla vecchia economia arretrata e sulla cultura piccolo-borghese. Il capitalismo trovò, penetrando nei paesi dell'Europa orientale, un materiale tutto diverso e di altre tradizioni. In Russia, in Polonia, in Ungheria e nei paesi a est dell'Elba, non c'era una classe borghese abbastanza forte da dominare, per tradizione, la vita spirituale. La situazione agraria - grande proprietà fondiaria, feudalesimo patriarcale, comunismo di villaggio - dava il tono all'ideologia".

In questo brano il compagno Pannekoek, posto di fronte al problema ideologico, ha colpito il bersaglio giusto. Molto meglio di quanto noi avessimo mai fatto, egli faceva emergere sul terreno ideologico la differenza tra l'Europa orientale e quella occidentale, e ha dato, da questo punto di vista, la chiave di una tattica rivoluzionaria per l'Europa occidentale.

Se si stabilisce il legame tra tutto ciò e la causa materiale della potenza nemica, e cioè con il capitale finanziario, allora l'intera tattica diventa chiara.

Ma si può dire di più a proposito del problema ideologico. La libertà borghese, la potenza del parlamento, sono state, nell’Europa occidentale, una conquista delle generazioni precedenti, degli antenati nelle loro lotta liberatrice; conquiste utilizzate dai possidenti ma realizzate dal popolo. Il ricordo di queste lotte costituisce ancora una tradizione profondamente radicata nel sangue del popolo. Una rivoluzione, in effetti, è il ricordo più profondo di un popolo. La convinzione che l'essere rappresentati in parlamento costituisce una vittoria, è inconsciamente qualcosa come una forza immensa e tranquilla. Questo è vero in particolare nei paesi più vecchi della borghesia in cui hanno avuto luogo lotte lunghe e frequenti per la libertà; in Inghilterra, in Olanda e in Francia. E anche, ma in misura minore, in Germania, in Belgio e nei paesi scandinavi. Un abitante dei paesi dell'Est non può probabilmente immaginarsi quale forza può avere questa convinzione.

Per di più gli operai qui hanno lottato, spesso per molti anni, per il suffragio universale e lo hanno conquistato nella lotta; o direttamente o indirettamente. Questa vittoria ai suoi tempi ebbe dei risultati. Si pensa e si sente generalmente che avere dei rappresentanti nel parlamento borghese delegare ad essi i propri interessi, costituisca un progresso e una vittoria. Non bisogna sottovalutare la forza di questa ideologia.

E, infine, la classe operaia dell'Europa occidentale è caduta, con il riformismo, sotto i colpi dei parlamentari che l'hanno portata alla guerra, all'alleanza con il capitalismo. Questa influenza del riformismo è anch'essa colossale Per tutte questa cause l'operaio è diventato lo schiavo del parlamento al quale delega ogni cosa. In prima persona non agisce più [11].

Viene la rivoluzione. Ora l'operaio deve fare tutto in prima persona. Deve lottare da solo con la sua classe contro il formidabile nemico,deve condurre la lotta più terribile che si sia vista al mondo. Nessuna tattica da capi può aiutarlo. Tutte le classi formano una barriera compatta davanti a lui, e nessuna è dalla sua parte. Se invece si fa rappresentare in parlamento dai suoi capi o da altre classi, è minacciato dal grande pericolo di ricadere nella sua vecchia debolezza lasciando agire i capi, delegando tutto al parlamento, confinandosi nella finzione secondo la quale altri possono fare la rivoluzione al suo posto, perseguendo delle illusioni e restando bloccato nell'ideologia borghese.

Questo atteggiamento delle masse di fronte ai capi è anch'esso molto ben descritto dal compagno Pannekoek: "Il parlamentarismo è la forza tipica della lotta con uno strumento da capi, che fa giocare alle masse un ruolo secondario. La sua pratica consiste nel fatto che dei deputati, delle personalità particolari, conducano una lotta fondamentale. Essi devono, di conseguenza, destare nelle masse l'illusione che altri possono sostenere la lotta al loro posto. Una volta si credeva che i capi avrebbero potuto ottenere delle riforme importanti per gli operai attraverso la via parlamentare, e aveva anche corso l'illusione che i parlamentari avrebbero potuto realizzare la rivoluzione socialista con misure legislative. Oggi che il parlamentarismo ha un aspetto più modesto, si mette avanti l'argomento che i deputati possono fare una forte propaganda per il comunismo in parlamento. ma sempre l'importanza decisiva è attribuita ai capi. Naturalmente in questa situazione sono i funzionari che dirigono la politica, magari sotto la mascheratura democratica delle discussioni e risoluzioni dei congressi. La storia della socialdemocrazia è, da questo punto di vista, una lezione degli sforzi iniziali fatti affinché i membri del partito determinano da soli la linea politica. Laddove il proletariato lotta sulla via parlamentare, tutto ciò è inevitabile fino a quando le masse non avranno creato delle organizzazioni adatte ala loro azione, vale a dire laddove la rivoluzione deve ancora arrivare. Ma non appena le masse entrano in scena in prima persona, per decidere e per agire, i misfatti del parlamentarismo sovraccaricano la bilancia.

"Il problema della tattica consiste nel trovare i mezzi per estirpare la mentalità tradizionale borghese che domina sulle masse proletarie indebolendone le forze. Tutto ciò che rafforza nuovamente la concezioni tradizionali è nocivo. Il lato più solido, più tenace, di questa mentalità è proprio costituito dallo stato di dipendenza nei confronti dei dirigenti ai quali gli operai delegano la soluzione di tutte le questioni generali, la direzione dei loro interessi di classe. Il parlamentarismo inevitabilmente tende a paralizzare l'azione delle masse necessarie per la rivoluzione.

"Che si pronuncino dei bei discorsi per ridestare l'attenzione rivoluzionaria! L'attività rivoluzionaria non trae il suo alimento da frasi simili, ma soltanto dalla necessità dura e difficile e quando non c'è altra via d'uscita.

"La rivoluzione inoltre esige qualcosa di più della lotta delle masse che rovescia un sistema governativo, di una battaglia che sappiamo non poter essere artificialmente provocata ma soltanto originata dai bisogni profondi delle masse. La rivoluzione esige che il proletariato prenda nelle sue mani le grandi questioni della ricostruzione sociale, le più difficili decisioni, che il proletariato entri al completo nel movimento creativo. E ciò è impossibile, se innanzitutto l'avanguardia, poi masse sempre più larghe, non prendano le cose nelle loro mani, non si considerino responsabili, non si mettano a studiare, a fare propaganda, a lottare, a pensare, a osare ed eseguire fino in fondo. Ma tutto ciò è difficile e penso; fino a che la classe operaia è portata a credere alla possibilità di una strada più facile in cui altri agiscono al suo posto conducendo l'agitazione da una tribuna altolocata, prendendo decisioni, dando il segnale per l'azione, facendo leggi, fino ad allora essa esiterà e resterà passiva, sotto il peso della vecchia mentalità e delle vecchie debolezze".

Gli operai dell'Europa occidentale devono agire innanzitutto in prima persona e non soltanto sul terreno sindacale ma anche sul terreno politico: occorre ripetere questo mille volte e, se è necessario, anche centomila, un milione di volte (e chi non ha compreso e non ha tratto questa lezione degli avvenimenti seguiti al novembre del 1918 è un cieco anche se si tratta di voi, compagno). Giacché essi sono soli e nessuna astuzia dei capi potrebbe aiutarli. E' da loro stessi che deve uscire la massima forza d'impulso. Qui, per la prima volta a un livello più elevato che non in Russia, l'emancipazione della classe operaia sarà opera degli operai stessi. E' per questo che i compagni della sinistra hanno ragione quando dicono ai compagni tedeschi: non partecipate alla elezioni, boicottate il parlamento; occorre che voi stessi facciate ogni cosa sul piano politico; voi operai non vincerete fino a che non agirete in questo modo; vincerete soltanto se agirete così per due, cinque, dieci anni e se vi sforzerete uno ad uno, gruppo a gruppo, di città in città, di provincia in provincia, e infine in tutto il paese, come partito, come unione, come consigli di fabbrica, come massa, come classe. Attraverso l'esempio e la lotta sempre rinnovata, attraverso le disfatte, succederà che la grande maggioranza di voi formerà un blocco e dopo aver frequentato questa scuola, potrebbe formare una massa grande e omogenea.

Ma i compagni, gli estremisti della KAPD avrebbero commesso un grosso sbaglio se avessero sostenuto questa linea soltanto a parole, come propaganda. In questa questione politica la lotta e l'esempio sono ancora più importanti che nella questione sindacale.

I compagni della KAPD erano nel loro pieno diritto e obbedivano ad una necessità storica quando si separarono dalla Spartakusbund, scindendosi da essa o meglio dalla sua Centrale nel momento in cui quest'ultima non voleva più tollerare quel tipo di propaganda. In effetti il proletariato tedesco e gli operai dell'Europa occidentale avevano bisogno, innanzitutto di schiavi politici, che in questo mondo di oppressi dell'Europa occidentale, sorgesse un gruppo che fosse di esempio, un gruppo di liberi lottatori, senza capi, vale a dire senza capi del vecchio tipo. Senza deputati in parlamento.

E ciò ancora una volta non perché sia bello o buono di per sé, o perché è eroico è meraviglioso, ma perché il popolo lavoratore tedesco e occidentale è solo in questa terribile lotta e non può sperare in alcun aiuto dalle altre classi o dall'intelligenza dei capi. Una sola cosa può sostenerlo: la volontà e la decisione delle masse, uomo per uomo, donna per donna, insieme.

A questa tattica fondata su ragioni così profonde, si oppone la partecipazione al parlamento che può solo nuocere a questa giusta linea; e il danno è infinitamente maggiore del piccolo vantaggio della propaganda (attraverso la tribuna parlamentare). E a causa di ciò la sinistra respinge il parlamentarismo.

Voi dite che il compagno Liebknecht potrebbe, se fosse vivo, fare un lavoro meraviglioso nel Reichstag. Noi lo neghiamo. Non potrebbe manovrare politicamente laddove i partiti della grande e piccola borghesia formano un blocco contro di noi. E neanche conquisterebbe, per questa via, le masse meglio di quanto potrebbe fare stando fuori del parlamento. Al contrario, una grandissima parte della massa sarebbe soddisfatta dei discorsi e la sua presenza in parlamento sarebbe quindi nociva [12].

Senza dubbio un lavoro simile della sinistra durerà anni e le persone che, per qualsiasi ragione, desiderano successi immediati, cifre più alte di aderenti e di voti, grandi partiti e una Internazionale potente (in apparenza), dovranno aspettare ancora per molto tempo. Ma quelli che comprendono che la vittoria della rivoluzione in Germania e nell'Europa occidentale sarà una realtà soltanto se la massa degli operai comincerà a riporre la sua fiducia in se stessa, saranno soddisfatti di questa tattica.

Compagno, conoscete tutto l'individualismo borghese dell'Inghilterra, la sua libertà borghese, la sua democrazia parlamentare, cosi come si sono sviluppate durante sei o sette secoli? Cosi come sono: infinitamente differenti dalla situazione russa? Sapete come queste idee siano profondamente radicate in ogni individuo, ivi compresi i proletari, in Inghilterra e nelle sue colonie? Conoscete questa struttura unificata in un immenso complesso? La sua importanza generale nella vita sociale e personale? Io credo che nessun russo, nessun europeo dell'Est, le conosce. Se voi le conoscete, ammirerete allora quegli operai inglesi che osano porsi radicalmente contro questo immenso edificio, contro la più grande costruzione politica del capitalismo nel mondo intero.

Per arrivare a questa altezza, se questa è pienamente cosciente, non occorre forse un senso rivoluzionario altrettanto sviluppato di quello di chi ha rotto per primo con lo zarismo? Questa rottura con tutta la democrazia inglese significa già la rivoluzione inglese in embrione.

Infatti questa azione viene compiuta con la massima decisione cosi come deve essere in questa Inghilterra forte di un passato storico gigantesco e di potenti tradizioni. Proprio perché rappresenta la forza maggiore (è proporzionalmente il più forte del mondo) il proletariato inglese si erge all'improvviso davanti alla borghesia più forte del mondo, si erge con tutta la sua forza e respinge subito l'intera democrazia inglese benché nel suo paese non sia ancora giunta la rivoluzione.

Tutto questo è stato già realizzato dalla sua avanguardia, dalla sinistra, cosi come in Germania dall'avanguardia tedesca, la KAPD. E perché lo ha fatto? Perché sa che la classe operaia inglese è isolata, che nessuna classe in tutta l'Inghilterra l'aiuterà e che il proletariato, in prima persona innanzitutto, e non attraverso i suoi capi, deve lottare e vincere con la sua avanguardia [13].

Il proletariato inglese mostra, con l'esempio della sua avanguardia, in che modo vuole lottate: da solo contro tutte le classi dell'Inghilterra e delle sue colonie.

E ancora come l'avanguardia tedesca: dando l'esempio. Creando un partito comunista che respinga il parlamento, grida a tutta la classe operaia dell'Inghilterra: rompete con il parlamento, simbolo della potenza capitalista. Formate il vostro partito e le vostre organizzazioni di fabbrica. Basatevi soltanto sulle vostre forze.

Questo doveva infine venir prodotto in Inghilterra, questa fierezza e questo orgoglio operaio nati all'interno del capitalismo più sviluppato, E ora che questa azione è iniziata, diventa un blocco di granito.

Fu una giornata storica, compagni, quella in cui, nell'assemblea del mese di giugno, fu fondato il primo partito comunista che ruppe con tutta la costituzione e l'organizzazione dello Stato in vigore da oltre sette secoli. Avrei voluto che Marx ed Engels fossero presenti. Credo che avrebbero provato un immenso piacere se avessero potuto vedere questi operai inglesi respingere lo Stato inglese, prototipo di tutti gli Stati borghesi del mondo, centro e fortezza del capitale mondiale già da molti secoli, dominatore di un terzo dell'umanità; se avessero potuto vedere gli operai respingere questo Stato e il suo parlamento.

Costituisce una ragione di più per l'applicazione di questa tattica in Inghillterra il fatto che il capitalismo inglese è pronto a sostenere il capitalismo in tutti gli altri paesi e che non esiterà certamente a far affluire da tutte le patti del mondo le truppe d'intervento contro qualsiasi proletariato straniero e, in particolare, contro il suo, La lotta del proletariato inglese è dunque una lotta contro il capitale mondiale. Ragione di più perché il capitalismo inglese dia l'esempio più alto e più chiaro, perché sostenga in modo esemplare la causa del proletariato mondiale con la lotta e con l'esempio [14].

Dovrebbe sempre esistere un gruppo che trae tutte le conseguenze della sua posizione nella lotta. I gruppi di questo tipo sono il sale dell'umanità.

Ma ora, dopo aver difeso sul piano teorico l'antiparlamentarismo, devo occuparmi nei dettagli della vostra difesa del parlamentarismo. Vai lo difendete per l'Inghilterra e la Germania. Ma la vostra argomentazione è applicabile soltanto alla Russia (e a rigore a qualche altro paese dell'Europa orientale), ma non all'Europa occidentale. E su questo punto, come ho già detto, che commettete sbagli. A causa di questa falsa concezione, voi vi trasformate da capo marxista in capo opportunista. A causa di questa concezione, voi, capo marxista radicale per la Russia e probabilmente per qualche altro paese dell'Europa orientale, cadete nell'opportunismo quando c'è di mezzo l'Europa occidentale. E la vostra tattica spingerebbe l'intero Occidente alla sconfitta se venisse accettata. E quello che voglio dimostrare respingendo nei dettagli la vostra argomentazione.

Compagno, mentre leggevo lo sviluppo dei vostri argomenti, ero costantemente perseguitato da un ricordo.

Mi sembrava di essere tornato al congresso del vecchio partito socialpatriota olandese e di ascoltarvi un discorso di Troelstra. Quando costui dipingeva agli operai i grandi vantaggi della politica riformista, quando parlava degli operai che non erano socialdemocratici e che avremmo dovuto portare a noi mediante compromessi. Quando parlava delle alleanze che potevamo fare (transitoriamente beninteso...) con i partiti di questi operai; quando parlava delle «divisioni» tra i partiti borghesi che bisognava utilizzare. E’ più o meno cosi, anzi esattamente così, parola per parola, che voi, compagno Lenin, parlate a noi dell'Europa occidentale!!!

Dovetti spesso prendere la parola a nome dell'opposizione durante gli anni che hanno preceduto il 1909, anno della nostra espulsione.

E mi ricordo come noi, i compagni marxisti, fossimo seduti in fondo alla sala, in piccolo numero, quattro o cinque: Henriette Roland-Holst, Pannekok e alcuni altri. Troelstra si espresse come fate voi, fu persuasivo, trascinante. E mi ricordo anche come in mezzo al tuono degli applausi, delle brillanti frasi riformiste e delle calunnie contro i marxisti, gli operai della sala si girarono per contemplare questi « idioti », questi asini e questi imbecilli infantili, cosi come li aveva qualificati Troelstra, e cosi come fate voi parola più parola meno. E in questo modo che, probabilmente, sono andate le cose al congresso dell'Internazionale di Mosca, quando voi avete parlato contro i marxisti «di sinistra». Lui, Troelstra — alla pari di voi — espose le sue idee con tanta persuasione, tanta logica, che io stesso pensai per un momento che forse aveva ragione.

noMa sapete quello che pensai allora ascoltando quando cominciavo a dubitare di me stesso? Avevo un mezzo che non mi ingannava mai. Si trattava d'un punto del programma del partito: Tu devi sempre agire e parlare in modo da destare e fortificare la coscienza di classe degli operai. Mi chiesi allora la coscienza di classe degli operai viene rafforzata da quello che dice quest'uomo oppure no? E capii subito che la risposta era negativa e che, di conseguenza, avevo ragione io.

Ho provato la stessa cosa leggendo il vostro opuscolo. Ascoltavo i vostri argomenti opportunisti a favore dell'alleanza con i partiti non comunisti, del compromesso con i borghesi. Mi sentivo trascinato. Tutto sembrava cosi brillante, cosi chiaro e bello, e cosi logico nella vostra esposizione. Ma poi mi sono ripetuto, come una volta, la domanda che da qualche tempo ho imparato ad opporre agli opportunisti del comunismo: quello che dice questo compagno è fatto per stimolare la volontà delle masse verso l'azione, verso la rivoluzione, quella vera, nell'Europa occidentale, si o no? E la mia testa e il mio cuore hanno risposto contemporaneamente di no al vostro opuscolo.

Allora, compagno Lenin, ho saputo immediatamente, con tutta la certezza che un uomo può avere, che voi avete torto.

Penso di raccomandare questo mezzo ai compagni della sinistra. Compagni, in tutte le lotte difficili contro i comunisti opportunisti, lotte che ci attendono in tutti i paesi (qui in Olanda durano già da tre anni), se volete sapere se avete ragione e perché, ponetevi la domanda che io mi sono posto.

Voi, compagno, vi servite nella vostra lotta contro di noi soltanto di tre argomenti, che appaiono sempre o isolati o mischiati gli uni agli altri, nel vostro opuscolo. Eccoli;

1) utilità della propaganda nel parlamento per la conquista degli operai e degli elementi piccolo-borghesi;

2) utilità dell'azione parlamentare per lo sfruttamento delle «divisioni» tra i partiti e per il compromesso con questi o quelli;

3) esempio della Russia in cui questa propaganda e questi compromessi hanno dato cosi eccellenti risultati.

Altri argomenti non ne avete. Mi accingo ora a rispondere ai tre punti, nell'ordine.

Esaminiamo il primo argomento, quello della propaganda in parlamento. Questo argomento è di peso assai scarso. Infatti gli operai non comunisti, e cioè i socialdemocratici, i cristiani e i sostenitori di altre tendenze borghesi, di solito non sanno nulla attraverso i loro giornali di quelli che possono essere i nostri interventi parlamentari. Noi li tocchiamo soltanto con le nostre riunioni, i nostri opuscoli e i nostri giornali.

Noialtri — parlo spesso a nome della KAPD — li influenziamo soprattutto con l'azione (in tempi di rivoluzione, cioè in tempi come quelli che stiamo vivendo). In tutte le città e in tutti i villaggi di qualche importanza, essi ci vedono al lavoro. Vedono i nostri scioperi, le nostre battaglie di strada, i nostri Consigli. Capiscono le nostre parole d'ordine. Ci vedono marciare all’avanguardia. Ecco la migliore propaganda, quella decisiva per eccellenza. Ma essa non si fa in parlamento,

Gli operai non comunisti, gli elementi piccolo-borghesi e piccolo-contadini possono dunque essere agevolmente raggiunti, senza ricorrere alla lezione parlamentare. Qui devo confutare in modo particolare un brano dell'opuscolo sulla «malattia infantile» che dimostra chiaramente fino a dove, compagno, vi conduce l'opportunismo.

Secondo voi il fatto che gli operai passino in massa al partito degli indipendenti e non al partito comunista, è la conseguenza dell'atteggiamento negativo dei comunisti di fronte al parlamento. Cosi le masse operaie di Berlino sarebbero state pressoché conquistate alla rivoluzione con la morte dei nostri compagni Liebknecht e Rosa Luxemburg, e con gli scioperi coscienti e le battaglie di strada dei comunisti. Non sarebbe mancato altro che un discorso del compagno Levi in parlamento! Se costui avesse pronunciato tale discorso, gli operai sarebbero passati dalla nostra parte e non nel campo equivoco degli indipendenti!! No, compagno, questo non è vero; gli operai sono andati inizialmente verso l'equivoco perché temevano ancora la rivoluzione, quella che non ammette equivoci. Il passaggio dalla schiavitù alla libertà procede con esitazione.

Siate prudente, compagno. Guardate dove già vi conduce l'opportunismo.

Il vostro primo argomento è senza valore.

E se noi riteniamo che la partecipazione al parlamento (durante la rivoluzione in Germania, in Inghilterra e in tutta l'Europa occidentale), rafforza negli operai l'idea che i capi ci sapranno fare, e indebolisce l'idea che gli operai stessi devono fare tutto da soli, vediamo come questo argomento non solo non significa nulla di buono, ma è, addirittura, molto dannoso.

Passiamo al secondo argomento; l'utilità dell'azione parlamentare (in periodo rivoluzionario) per approfittare delle divisioni tra i partiti e fare compromessi con questo o quel partito.

Per confutare questo argomento (in particolare per quanto riguarda l'Inghilterra e la Germania, ma anche, in generale per l'intera Europa occidentale), devo entrare nei dettagli un po' più di quanto non ho fatto per la prima questione. Una cosa del genere mi rimane difficile di fronte a voi, compagno Lenin; e tuttavia occorre farla. L'intera questione dell'opportunismo rivoluzionario (giacché si tratta qui non più dell'opportunismo nel riformismo ma nella rivoluzione) è per noi dell'Europa occidentale una questione di vita o di morte. In se stessa la confutazione è facile. Abbiamo criticato già cento volte questo argomento quando Troelstra, Henderson, Bernstein, Legien, Renaudel, Vandervelde, ecc..., in una parola, tutti i socialpatrioti se ne servivano. Già Kautsky, quando era ancora Kautsky, l'aveva confutato. Si trattava dell'argomento fondamentale dei riformisti. E mai avremmo pensato di doverlo combattere in voi. E tuttavia dobbiamo tarlo. Cosi sia!

Il vantaggio conferito dall'utilizzazione parlamentare delle «divisioni» è insignificante cosi come sono state insignificanti, dopo molti anni e decine di anni, queste stesse «divisioni». Tra i partiti della grande borghesia, come in quelli della piccola borghesia, ci sono soltanto divisioni insignificanti. E’ cosi in Germania e in Inghilterra. Questa realtà non data dalla rivoluzione, ma risale a molto tempo prima, all'epoca dello sviluppo lento. Tutti i partiti, ivi compresi quelli della piccola borghesia e dei piccoli contadini, si sono schierati già da molto tempo contro gli operai.

Le divergenze che hanno sull'atteggiamento da assumere verso gli operai (e a causa di cio verso altre questioni) sono diventate minime, sono spesso addirittura scomparse.

Ciò è innegabile, in teoria e in pratica. E’ cosi in Europa occidentale, in Germania e in Inghilterra.

La teoria ci insegna che il capitale è concentrato nelle banche, nei trust e nei monopoli in modo formidabile.

In effetti, in occidente e particolarmente in Inghilterra e in Germania, queste banche, trust e cartelli hanno integrato quasi tutto il capitale dei diversi rami dell'industria, del commercio, dei trasporti, e perfino in gran parte dell'agricoltura. A causa di ciò l'intera industria, piccola o grande, tutti i trasporti, piccoli o grandi, l'intero commercio, piccolo o grande, e la maggior parte dell'agricoltura, di quella grande e di quella piccola, sono diventati completamente dipendenti dal grande capitale. E si incorporano in esso.

Il compagno Lenin dice che il piccolo commercio, il piccolo trasporto, la piccola industria e l'agricoltura oscillano tra il capitale e gli operai. Ciò è falso. Era vero nel caso della Russia e una volta anche da noi. Ora però nell'Europa occidentale, in Germania e in Inghilterra essi dipendono cosi completamente dal grande capitale che non oscillano più. Il piccolo bottegaio, il piccolo industriale, il piccolo commerciante, sono del tutto subordinati alla potenza dei trust, dei monopoli, delle banche. Questi ultimi li riforniscono di merci e di crediti. Perfino il piccolo contadino dipende, con la sua cooperativa e le ipoteche, dai trust, dai monopoli e dalle banche.

Compagno, questa parte della mia dimostrazione della va-lidità della linea di sinistra è la più importante; da essa dipende qualsiasi tattica per quanto riguarda l'Europa e l'America.

Compagno, di quali parti sono composti questi strati inferiori che si trovano vicini al proletariato? Da negozianti, artigiani, impiegati subalterni e piccoli contadini.

Esaminiamoli dunque nell'Europa occidentale. Venite con me, compagno, non soltanto in un grande magazzino — qui la dipendenza dal grande capitale è evidente — ma in una modesta bottega dell'Europa occidentale, in mezzo ad un quartiere di proletari poveri. Che cosa vedete? Tutte o quasi tutte queste merci, abiti, generi alimentari, attrezzi, combustibili, ecc. non soltanto sono prodotti della grande industria, ma molto spesso sono distribuiti dai trust. E questo non è vero soltanto per le città ma anche nella campagna. I piccoli commercianti sono, già ora per la maggior parte, dei depositari del grande capitale. In particolare del capitale finanziario.

Chi sono gli impiegati subalterni? Nell'Europa occidentale sono per la maggior parte dei servitori del grande capitale o dello Stato e degli enti locali i quali ultimi dipendono, a loro volta, dal grande capitale e, dunque, in ultima analisi, dalle banche. La percentuale degli impiegati dello strato più vicino al proletariato, posto direttamente alle dipendenze del grande capitale, è molto grande nell'insieme dell'Europa occidentale, enorme in Germania e in Inghilterra, cosi come negli Stati Uniti e nelle colonie inglesi.

Gli interessi di questi strati sono dunque legati agli interessi del grande capitale, e quindi, delle banche.

Ho già parlato dei contadini poveri e abbiamo visto che per il momento non sono suscettibili di essere conquistati dal comunismo per via dei motivi che ho già ricordato e anche per il fatto che essi sono alle dipendenze del grande capitale per quanto riguarda i loro macchinari, le loro vendite e le loro ipoteche.

Che cosa ne consegue, compagno? Che la società e lo Stato moderno europeo-occidentale (e americano) formano un grosso complesso strutturato fino alle sue branche e ai suoi rami più lontani, e che è dominato, messo in movimento, e regolato interamente dal capitale finanziario; che la società è qui un corpo organizzato, organizzato sul modello capitalista ma pur tuttavia organizzato; che il capitale finanziario è il sangue di questo corpo che scorre in tutti i membri e li nutre; che questo corpo è un tutto organico e che tutte le sue parti devono a questa unità la loro estrema vitalità in modo che tutte gli restano attaccate fitto alla morte reale. Tutte eccetto il proletariato che è quello che crea il sangue, il plusvalore.

A causa di questa dipendenza di tutte le classi dal capitale finanziario e dalla potenza formidabile di cui dispone, tutte le classi sono ostili alla rivoluzione e il proletariato è solo.

E poiché il capitale finanziario è la potenza più elastica e duttile del mondo, e sa centuplicare ulteriormente la sua influenza con il credito, riesce a tenere legati la classe, la società e lo Stato capitalistici, anche dopo questa terribile guerra, dopo la perdita di migliaia di miliardi, e in una situazione che ci appare già come la sua bancarotta.

Esso, al contrario, riesce a unire più strettamente tutte le classi attorno a sé (con l'eccezione del proletariato) e organizza la loro lotta comune contro il proletariato. Questa potenza, questa elasticità questo mutuo sostegno di tutte le classi, sono capaci di sussistere ancora per molto tempo dopo lo scoppio della rivoluzione.

Certamente il capitale è terribilmente indebolito. La crisi arriva e, con essa, la rivoluzione. E io credo che la rivoluzione sarà vittoriosa. Ma esistono due cause che mantengono ancora la solidità del capitalismo: sono la schiavitù spirituale delle masse e il capitale finanziario.

La nostra tattica deve dunque prendere per base l'importanza decisiva di questi fattori.

Esiste infine un'altra causa grazie alla quale il capitale finanziario organizzato realizza l'unione di tutte le classi della società di fronte alla rivoluzione. Si tratta del gran numero dei proletari. Tutte le classi pensano che se potessero ottenere dagli operai (che in Germania sono più di venti milioni) giornate lavorative di dieci, dodici e quattordici ore, sarebbe ancora possibile uscire dalla crisi. Anche su questo terreno formano un fronte unico.

Questa è la situazione economica dell'Europa occidentale.

In Russia il capitale finanziario non raggiungeva questo livello di potenza e, di conseguenza, le classi borghesi e piccolo-borghesi non erano solidali. Esistevano divisioni al loro interno. E per questo che là il proletariato non era solo.

In queste cause economiche risiede la base dei fatti politici. E per questi motivi che nell'Europa occidentale le classi inferiori di cui abbiamo parlato, votano come schiavi sottomessi per i loro padroni, per i partiti della grande borghesia e aderiscono a questi partiti. I ceti medi non hanno, per cosi dire, dei loro partiti in Germania e in Inghilterra, né ce li hanno, in generale, nell'Europa occidentale.

Le cose erano già andate molto avanti, in questa direzione, prima della rivoluzione e prima della guerra. Ma la guerra ha accentuato questa tendenza in una misura formidabile con lo sciovinismo e l'union sacrée. Ma soprattutto con la gigantesca concentrazione di tutte le forze economiche. E la rivoluzione ha cominciato a imprimere a questo sviluppo una estrema intensità: raggruppamento di tutti i partiti della grande borghesia e avvicinamento alla loro politica di tutti gli elementi piccolo-borghesi e piccolo-contadini (la rivoluzione russa non è scoppiata per nulla: ora si sa ovunque quello che c'è da aspettarsi).

Riassumendo: grande borghesia, agrari, classe media, contadini medi, strati inferiori della borghesia e dei contadini, formano tutti insieme un blocco contro gli operai in Europa occidentale, e soprattutto in Germania e in Inghilterra. Grazie al monopolismo, alle banche, ai trust, all'imperialismo, alla guerra e alla rivoluzione, tutti si sono accordati su questo terreno. La proletarizzazione, è vero, ha fatto dei progressi enormi per via della guerra. Ma tutto (quasi tutto) ciò che non è proletario, si aggrappa con forza ancora maggiore al capitalismo, lo difende con le armi alla mano se occorre e combatte il comunismo.

Compagno, devo ripetere qui l'osservazione già fatta a proposito della questione contadina (primo capitolo). Io so molto bene che non dipende da voi ma dai poveri uomini del nostro partito il fatto di non avere la forza di orientare la tattica derivante dalle linee generali, di subordinarla a piccole manovre particolari, e di concentrare l'attenzione sui frammenti degli strati in questione che ancora sfuggono alla dominazione, alla malia del grande capitale.

Non contesto che esistano tali frammenti, ma dico che la verità concreta, la tendenza generale nell'Europa occidentale, consiste nell'integrazione di questi strati nella sfera del grande capitale, Ed è su questa verità generale che deve fondarsi la nostra tattica!

Io non contesto neanche che possano ancora verificarsi delle divisioni. Affermo soltanto questo: la tendenza è, e resterà ancora per molto tempo durante la rivoluzione, quel a dell'union sacrée e pretendo che sia meglio, per gli operai dell'Europa occidentale, concentrare la loro attenzione più su questo blocco delle classi nemiche che sulle loro divisioni. Infatti qui spetta a loro, agli operai, in primo luogo, il compito di fare la rivoluzione e non ai loro capi e ai loro delegati nei parlamenti.

Non dico neanche, qualunque sia l'uso che i poveri di spirito possano fare delle mie parole, che ci sia identità tra gli interessi reali di queste classi inferiori e quelli del grande capitale. So bene che le prime sono oppresse da quest'ultimo. Affermo solo questo: queste classi si legano ancora più fortemente di prima al grande capitale perché anche esse vedono ora la rivoluzione proletaria prospettarsi come un pericolo.

Per esse il dominio del capitale significa una certa sicurezza, la possibilità di avanzare, di migliorare la loro situazione, o quantomeno, la fede in questa possibilità. Oggi il caos minaccia tutto ciò, ma la rivoluzione significa innanzitutto un caos ancora più completo. E’ per questo che stanno dalla parte del capitale nel suo tentativo di mettere fine al caos con tutti i mezzi, di aumentare la produzione, di obbligare gli operai ad accrescere il lavoro e a subire pazientemente una vita di privazioni. Per queste classi la rivoluzione proletaria nell'Europa occidentale è il rovesciamento e la distruzione di ogni ordine, di ogni sicurezza della vita, per quanto modesta possa essere. A causa di ciò esse sono tutte dalla parte del capitale e ci resteranno ancora per molto tempo, anche durante la rivoluzione.

Devo infatti far notare ancora una volta che sto parlando della tattica da seguire durante l'inizio e il corso della rivoluzione. So che alla fine della rivoluzione, quando la vittoria sarà vicina e il capitalismo frantumato, le classi di cui parlo verranno verso di noi. Ma noi dobbiamo stabilire la nostra tattica per l'inizio e per la durata della rivoluzione e non per la sua fine.

Dunque, secondo la teoria, tutto quanto ho detto finora, non poteva essere diverso. Secondo la teoria queste classi dovevano restare unite. Questo è certo dal punto di vista teorico. Lo è anche nella pratica: ecco quello che sto ora per dimostrare.

Già da molti anni tutta la borghesia, tutti i partiti della borghesia nell'Europa occidentale, ivi compresi quelli di cui fanno parte i piccolo-borghesi e i piccolo-contadini, hanno smesso di fare alcunché a favore degli operai. Essi si sono tutti schierati come nemici del movimento operaio, a favore dell'imperialismo e della guerra.

Già da molti anni non esisteva più alcun partito in Inghilterra, in Germania, nell'Europa occidentale, utile alla causa operaia. Tutti combattevano questa classe e in ogni questione [15].

La legislazione del lavoro era abrogata, la regolamentazione peggiorata. Venivano promulgate leggi antisciopero e approvate imposte sempre più alte.

L'imperialismo, il colonialismo, il navalismo e il militarismo erano sostenuti da tutti i partiti borghesi, compresi quelli piccolo-borghesi. Le differenze tra liberale e clericale, conservatore e progressista, grande e piccolo borghese, andavano sparendo.

Tutto quello che i socialpatrioti e i riformisti dicevano dei disaccordi tra i partiti, delle divisioni utilizzabili — un piatto che voi, Lenin, riscaldate oggi — era già una barzelletta. Era una barzelletta in tutti i paesi dell'Europa occidentale. E lo si è ben visto nel luglio-agosto del 1914.

Fin da allora essi erano tutti d' accordo. E in pratica sono diventati ancora più uniti per via della rivoluzione.

Uniti contro la rivoluzione e, per questo, in ultima analisi, contro gli operai, perché soltanto la rivoluzione può recare un miglioramento reale a tutti gli operai. Contro la rivoluzione tutti i partiti si mettono d' accordo senza divisioni.

E poiché in seguito alla guerra, alla crisi e alla rivoluzione, tutte le questioni sociali è politiche sono praticamente legate con quella della rivoluzione, queste classi sono finalmente d'accordo su tutte le questioni, e si erigono contro il proletariato su tutti i terreni, nell’Europa occidentale.

In breve, anche praticamente, il trust, il monopolio, la grande banca, l'imperialismo, la guerra, la rivoluzione, hanno saldato tutte le classi di grandi e piccoli borghesi e tutte le classi contadine dell'Europa occidentale, in un blocco antioperaio [16].

Si tratta dunque di una certezza, nella pratica cosi come nella teoria. Nella rivoluzione nell'Europa occidentale, e soprattutto in Inghilterra e in Germania, non c'è da fare affidamento sull'esistenza di «divisioni» di qualche importanza tra le classi in questione.

Devo qui aggiungere qualche cosa di personale. Voi criticate il Bureau di Amsterdam; citate un tesi del Bureau. Tra parentesi tutto quello che ne dite è inesatto. Ma voi dite anche che prima di condannare il parlamentarismo il Bureau di Amsterdam aveva il dovere di fare un'analisi dei rapporti di classe e dei partiti politici in modo da giustificare questa condanna. Scusatemi, compagno, ma questo non rientrava nei doveri del Bureau. Il fatto su cui si basa la nostra tesi, il fatto cioè che tutti i partiti borghesi, dentro e fuori del parlamento, sono da molto tempo e continuano a restare i nemici unanimi degli operai, che essi non manifestano divisioni interne su questo punto, è già da lunga data una cosa provata e generalmente ammessa dai marxisti, almeno in Europa occidentale. Non dovevamo perciò metterci ad analizzare una cosa del genere.

Al contrario: spettava a voi il compito di provare che esistono "divisioni" importanti e tra questi partiti politici, a voi che volete portarci all'opportunismo.

Volete portarci a fare dei compromessi nell'Europa occidentale. Quello che Troelstra, Henderson, Scheidemann, Turati ecc., non hanno realizzato ai tempi dell'evoluzione, voi volete farlo nell'epoca della rivoluzione. Siete voi che dovete provare che ciò è possibile.

Dovete dare non delle prove russe, cosa che in verità è troppo comoda, ma prove europeo-occidentali. Voi avete soddisfatto questo dovere nella maniera più penosa. Nulla di sorprendente giacché avete assimilato, quasi esclusivamente, la esperienza della Russia, cioè di un paese molto arretrato, e non l'esperienza moderna europeo-occidentale.

Non trovo in tutto il vostro opuscolo, che ha per contenuto proprio la questione della tattica, oltre agli esempi russi dei quali mi occuperò presto, che due esempi europeo-occidentali: il putsch di Kapp in Germania, e, in Inghilterra, il governo di Lloyd George-Churchill con l'opposizione di Asquith.

Pochissimi esempi e tra i più penosi, veramente, quando si tratta di dimostrare che esistono realmente delle divisioni tra i partiti borghesi, e in particolare tra i partiti socialdemocratici.

Se ci fosse mai stato bisogno di dimostrare che non esistono divisioni importanti tra i partiti borghesi (qui si tratta anche dei partiti socialdemocratici) di fronte agli operai, dutante la rivoluzione, il putsch di Kapp darebbe questa dimostrazione. I kappisti si guardarono bene dal compiere rappresaglie, dall'uccidere o imprigionare i democratici, i centristi e i socialdemocratici. E quando costoro tornarono al potere, si astennero rigorosamente dal castigare, uccidere o imprigionare i kappisti, I due partiti anzi rivaleggiarono in ardore nell'uccidere i comunisti.

Il comunismo allora era ancora troppo debole: solo per questo i due partiti non organizzarono un dittatura comune. La prossima volta, quando il comunismo sarà più forte, essi organizzeranno una dittatura comune.

Spettava o spetta ancora a voi, compagno Lenin, di dimostrare come i comunisti avrebbero potuto utilizzare le divisioni (?) in parlamento: naturalmente in modo da procurare vantaggi agli operai. Era vostro dovere indicare che cosa i deputati comunisti avrebbero dovuto dire per mostrare questa divisione agli operai e per utilizzarla; naturalmente con lo scopo di non fortificare i partiti borghesi. Voi non potete farlo perché non esiste alcuna seria divisione tra questi partiti durante la rivoluzione. Ora è proprio di questo che stiamo parlando. Ed era vostro dovere dimostrare che, se si fossero manifestate divisioni del genere in casi particolari, sarebbe stato più vantaggioso attirare l'attenzione degli operai su di esse anziché sulla tendenza generale all'union sacrée.

Era ed è vostro compito, compagno, prima di dirigerci, di dirigere noi nell'Europa occidentale, dimostrare dove sono queste «divisioni» in Inghilterra, nell'Europa occidentale.Neanche que

sto potete fare. Parlate di una «divisione» tra Churchill, Lloyd George ed Asquith, che gli operai dovrebbero utilizzare. Ciò è completamente penoso. Non voglio neanche discuterne con voi. Perché ognuno sa che da quando il proletariato industriale ha una qualche forza in Inghilterra, le «divisioni» di questo genere sono state e sono quotidianamente provocate artificiosamente dai partiti e dai capi della borghesia per ingannare gli operai, per attirarli da una parte all'altra e viceversa, all'infinito, mantenendoli cosi eternamente deboli e subordinati. A tale fine qualche volta fanno addirittura entrare due avversari (?) nello stesso governo. Lloyd George e Churchill. E il compagno Lenin si lascia catturare in questa trappola quasi centenaria! Vuole persuadere gli operai inglesi a basare la loro tattica su questo inganno! All'epoca della rivoluzione! ... Ma domani i Churchill, Asquith e Lloyd George si uniranno contro la rivoluzione e allora voi, compagno, avrete ingannato e indebolito il proletariato inglese con una illusione. Voi, compagno, avevate il dovere di dimostrare, non con un linguaggio generico, magnifico e brillante (come fate nel vostro ultimo capitolo), ma esattamente, concretamente, con degli esempi, con fatti molto dettagliati e molto chiari quali sono in fin dei conti i conflitti e le differenziazioni -non russi, né insignificanti o artificiali- ma reali, importanti, europeo-occidentali. Questo non lo fate in nessun punto del vostro opuscolo. Fino a quando non ci darete queste prove noi non vi crederemo.

Quando ce le darete, vi risponderemo. Fino a quel momento vi diremo: si tratta di pure illusioni che servono soltanto a ingannare gli operai e a portarli su una strada sbagliata. La verità è, compagno, che voi sbagliate nel porre sullo stesso piano la rivoluzione russa e la rivoluzione nell'Europa occidentale. A vantaggio di chi? E dimenticando che esiste negli Stati moderni, vale a dire europeo-occidentali (e nordamericani), una potenza che è al di sopra delle diverse categorie di capitalisti— proprietari fondiari, industriali e commercianti — il capitale finanziario. Questa potenza, che è identica all'imperialismo, unisce in un sol blocco tutti i capitalisti e con essi i piccolo borghesi e i contadini.

Ciononostante vi resta ancora qualcosa da rispondere. Voi dite: «Esistono divisioni tra i partiti operai e i partiti borghesi. E da queste noi possiamo trarre profitto». Ciò è esatto.

Bisogna innanzitutto riconoscere che le divisioni tra socialdemocratici e borghesi erano ridotte quasi a zero durante la guerra e la rivoluzione, tanto che, generalmente, sono scomparse. Ciò detto, è e resta possibile l'esistenza di una divisione del genere. E forse si presenterà ancora. Dobbiamo perciò parlarne. Tanto più che a questo proposito voi invocate il governo inglese «puramente» operaio Tomas-Henderson-Clynes, ecc., contro Sylvia Pankhurst in Inghilterra, e il governo eventuale «puramente socialista» di Ebert-Scheidemann-Noske-Hilferding-Crispien-Cohn contro il Partito comunista operaio tedesco [17].

Voi dite che la vostra tattica, che valorizza agli occhi dei proletari i governi operai e che stimola la loro formazione, è la tattica chiara e vantaggiosa, mentre la nostra che si oppone alla loro formazione è la tattica dannosa.

No, compagno! La nostra posizione di fronte all'eventualità di un governo «puramente» operaio, oppure del governo di coalizione tra partiti operai e borghesi — lo spiraglio si allarga in crepa — è anch' essa molto chiara e molto vantaggiosa per la rivoluzione.

E’ possibile che noi lasceremmo in piedi un governo del genere per qualche tempo. Ciò potrebbe essere necessario e costituire un progresso del movimento. In questo caso, se non ci è ancora possibile andare oltre, noi lo lasceremo sopravvivere, lo criticheremo col massimo di severità e lo rovesceremo, non appena possibile, per sostituirlo con un governo comunista.

Ma non collaboreremo a instaurare un simile governo con l'azione parlamentare ed elettorale, non lo faremo proprio noi, nell'Europa occidentale e in piena rivoluzione.

Non collaboreremo con un governo del genere perché nell'Europa occidentale gli operai sono soli nella rivoluzione. per questo che tutto -  ascoltate bene - tutto, dipende qui dalla volontà d'azione degli operai, e dalla loro chiarezza di idee. Ora la vostra tattica, questo compromesso a favore degli Scheidemann, degli Henderson, Crispien, e di questi o di quelli dei vostri amici — che si tratti di un indipendente inglese, di un comunista opportunista dello Spartakusbund o di un membro del British Socialist Party, fa lo stesso — la vostra tattica nel parlamento, e fuori del parlamento, è buona soltanto a confondere le idee degli operai facendo loro eleggere qualcuno che essi sanno già in anticipo essere un furbo; al contrario, la nostra tattica li illumina indicando il nemico come nemico. E per questo che nell'Europa occidentale, nella nostra situazione, noi adottiamo questa tattica e respingiamo la vostra, anche se dovessimo, a causa di ciò, passare nell'illegalità, perdere la rappresentanza in parlamento e sacrificare per una volta la possibilità di utilizzare le "divisioni"esita (nel parlamento?!).

Il vostro consiglio è ancora uno di quei consigli che provocano confusioni e determinano illusioni.

Ma allora, e i membri dei partiti socialdemocratici? Degli Indipendenti? Del Labour Party? Dell'Indipendente Labour Party? Non bisogna cercare di conquistarli?

Ebbene gli operai e i membri piccolo-borghesi di questi partiti noi, la sinistra, vogliamo conquistarli (nell’Europa occidentale) con la nostra propaganda, le nostre riunioni e la nostra stampa; e, più ancora, col nostro esempio, le nostre parole d'ordine e la nostra azione nelle aziende. Ciò nel corso della rivoluzione. Quelli che non saranno conquistati in questo modo, attraverso Ia stampa, l'azione, la rivoluzione, sono perduti fin da ora, in qualsiasi modo e devono soltanto andare al diavolo.

Questi partiti socialdemocratici, partiti indipendenti, partiti laburisti e simili, in Inghilterra e in Germania sono formati da operai e da piccolo-borghesi. Noi possiamo far venire dalla nostra parte i primi, conquistare poco a poco tutti gli operai. Ma non avremo che un numero ristretto di piccolo-borghesi, e i piccolo-borghesi, al contrario dei piccolo-contadini, non hanno una grande importanza economica. Quei pochi che verranno a noi, saranno stati conquistati con la propaganda, ecc...

Ma il maggior numero — ed è su questo che si basano Noske e consorti — è parte integrante del capitalismo e si stringe sempre di più attorno ad esso a mano a mano che la rivoluzione avanza. Siamo divisi dai partiti operai, dagli indipendenti, dai socialdemocratici, dal Labour Party, ecc., abbiamo spezzato il contatto con essi, perché non li sosteniamo alle elezioni? No, al contrario; cerchiamo di stabilire un contatto con questi partiti ogni volta che sia possibile. Ad ogni occasione li invitiamo all'azione comune: allo sciopero, al boicottaggio, all'insurrezione, alle battaglie di strada e soprattutto alla formazione di consigli operai, di organizzazioni di fabbrica. Li cerchiamo ovunque. Ma non più, come accadeva prima, sul terreno parlamentare. Quest'ultima tattica appartiene, nell'Europa occidentale, ad un'epoca superata. Noi li cerchiamo nell’officina, nelle organizzazioni e nella strada. E là che li si può oggi raggiungere; è là che noi conquistiamo gli operai. Questa è la nuova tattica che succede alla pratica socialdemocratica. E’ la pratica comunista.

Voi, compagni, pretendete di spingere i socialdemocratici, gli indipendenti ed altri nel parlamento e nel governo per dimostrare che sono dei furbi. Volete utilizzare il parlamento per dimostrare che esso non è buono a nulla.

Ciascuno alla sua maniera: voi prendete gli operai con un modo pieno di malizia; li spingete verso il nodo scorsoio e li lasciate impiccare. La nostra maniera, invece, è quella che li aiuta ad evitare la corda. Facciamo questo perché qui è possibile farlo. Voi seguite la tattica dei popoli contadini, noi quella dei popoli industriali. Non c'è in queste parole alcuna ironia, né sarcasmo. Io ammetto che la vostra via è stata corretta da voi. Ma soltanto voi non dovete imporci — sia nelle piccole questioni, sia in quelle grandi come le questioni dei sindacati e del parlamentarismo — l'applicazione di ciò che è buono in Russia ma disastroso qui. Devo infine farvi un'altra critica: voi dite e sostenete ad ogni occasione che la rivoluzione nell'Europa occidentale è impossibile fino a quando le classi inferiori vicine al proletariato non saranno state sufficientemente scosse, neutralizzate o conquistate. Poiché ho ora dimostrato che esse non possono essere scosse, neutralizzate o conquistate nella prima fase della rivoluzione, quest'ultima risulterebbe impossibile, se si ammettesse che la vostra tesi è corretta (questa osservazione mi è già stata rivolta da parte vostra e, tra gli altri, dal compagno Zinov'ev). Ma per fortuna la vostra affermazione in questa questione di estrema importanza — in questa alternativa che decide della rivoluzione — non si basa su alcunché di serio. Prova soltanto, una volta di più, che voi vedete ogni cosa con gli occhi dell'Europa dell'est. Dimostrerò questo nell'ultimo capitolo.

Credo di aver cosi dimostrato che il vostro secondo argomento a favore del parlamentarismo scaturisce in massima parte dall'ingegno opportunista e che da questo punto di vista anche il parlamentarismo deve essere sostituito con un'altra forma di lotta, sprovvista di certi inconvenienti e dotata dei massimi vantaggi.

Ammetto infatti che la vostra tattica possa dare qualche vantaggio. Il governo operaio può recare qualcosa di buono, e anche una maggiore chiarezza. Anche in un regime di illegalità la vostra tattica, può risultare vantaggiosa. Lo riconosciamo. Ma cosi come un tempo dicevamo ai revisionisti e ai riformisti: -Mettiamo lo sviluppo della coscienza degli operai al di sopra di ogni altra cosa, anche al di sopra dei vantaggi immediati-, oggi diciamo a voi, Lenin, e ai vostri compagni e alla destra: -Mettiamo al di sopra di ogni altra cosa la crescita delle masse nella volontà d'azione-. E’ a questo fine, come un tempo a quell'altro, che tutto deve essere indirizzato nell'Europa occidentale. E guardiamo allora se ha ragione la sinistra... o Lenin! Non ho alcun dubbio. Noi avremo la meglio su di voi e, al tempo stesso, dei Troelstra, Henderson, Reandel e Legien.

Mi occupo ora del vostro terzo argomento: gli esempi russi. Li citate varie volte. Un tempo li ho ammirati. Sono sempre stato con voi, fin dal 1903. Anche quando non conoscevo i vostri obiettivi precisi — le comunicazioni erano impedite — come al tempo della pace di Brest-Litovsk, vi ho difeso con i vostri argomenti. La vostra tattica fu certamente notevole per quanto riguarda la Russia ed è grazie ad essa che i russi hanno vinto. Ma ciò significa qualcosa per l'Europa occidentale? Nulla, o molto poco, secondo me. Siamo d'accordo per quel che riguarda i soviet, la dittatura del proletariato, come strumenti per la rivoluzione e l'edificazione. E anche la vostra tattica verso gli Stati stranieri è stata — almeno fino ad oggi — un esempio per noi. Ma diverso è il discorso per la vostra tattica nei paesi europeo-occidentali. E ciò è naturale.

Come potrebbero essere mai identiche la tattica da applicare nell'Europa orientale e quella per l'Europa occidentale? La Russia è un paese provvisto di una agricoltura largamente preponderante, di un capitalismo industriale che solo in parte è altamente sviluppato e che, nel suo insieme, resta relativamente molto piccolo. Per giunta era in gran parte alimentato dal capitale straniero. Nell’Eurapa occidentale, soprattutto in Germania e in Inghilterra, è vero il contrario. Da voi le vecchie forme del capitale sussistono sulla base del capitale usurario; da noi si registra la preponderanza quasi esclusiva del capitale finanziario altamente sviluppato. Da voi: residui feudali, vestigia addirittura dell'epoca delle tribù e della barbarie. Da noi, soprattutto in Inghilterra e in Germania: un insieme — agricoltura, commercio, trasporti, industria — diretto dal capitalismo più avanzato, Da voi: enormi sopravvivenze della schiavitù, contadini poveri, classe rurale media pauperizzata. Da noi: relazioni dirette dei contadini poveri con la produzione moderna, con i trasporti, la tecnica e gli scambi; classi medie della città e della campagna — anche negli strati più bassi — in contatto diretto con i grandi capitalisti

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