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Storia e documentazione di movimenti, figure e teorie critiche dell'esistente storico e sociale che con le loro azioni e le loro analisi della realtà storico-politica hanno contribuito a denunciare l'oppressione sociale sollevando il velo di ideologie giustificanti l'oppressione e tentato di aprirsi una strada verso una società autenticamente libera.

Eventi libertari. Abel Paz - La Comune asturiana, da: "Durruti e la rivoluzione spagnola", capitolo XXII, pp. 337-343; co-edizione Biblioteca Franco Serantini, Zero in Condotta, La Fiaccola, 2010.

La Comune asturiana

Tra le personalità appartenenti alla reazione spagnola, il più avveduto era sicuramente Gil Robles. Il leader della CEDA comprese che la problematica spagnola non era di tipo politico ma sociale e che il pericolo imminente di una profonda rivoluzione proletaria era pronto a concretizzarsi in qualsiasi momento. E la ragione di ciò stava nel fatto che, anche se la CNT non era riuscita con la sua linea radicale a scatenare la rivoluzione, aveva però saputo alimentare un clima prerivoluzionario permanente.

Tutta la strategia politica di Gil Robles era tesa proprio a interrompere questo processo facendolo abortire e proprio questo fu ciò che fece il 5 ottobre, ponendo il Partito socialista di fronte al dilemma tra l'accettare il ministero cedista o lo scendere in piazza. L'accortezza di Gil Robles si tradusse nel saper scegliere il momento giusto in cui provocare la rivoluzione in Spagna, senza mettere in pericolo i privilegi della classe dirigente. Su che cosa contava Gil Robles rischiando di attizzare situazioni sicuramente molto difficili da manovrare? Sulla stessa complessità spagnola, che aveva creato i suoi supposti nemici, trasformando un problema sociale in un problema politico. Così facendo, coloro che si ritenevano avversari di Gil Robles diventavano di fatto suoi alleati oggettivi.

I baschi, riducendo il loro problema a una questione di competenze, allontanavano il progetto rivoluzionario perché neutralizzavano l'azione delle masse operaie. Identico fenomeno, ma più grave, avvenne nella regione catalana, e abbiamo visto in quale maniera operasse la Generalitat de Catalunya nei riguardi del movimento operaio, ossia della CNT. Quanto al Partito socialista, frenando la sua base operaia e impedendo la formazione di un'autentica alleanza tra la CNT e la UGT, creava le condizioni per la logica sconfitta proletaria.

L'epicentro del pericolo per Gil Robles stava nelle Asturie, perché in quella regione esistevano proprio le condizioni di base per una rivoluzione proletaria: un socialismo più rivoluzionario che nel resto della Spagna, una CNT non logorata da movimenti sovversivi e l'unione di forze operaie in un'alleanza che specificava chiaramente che il suo obiettivo rivoluzionario, essendo nel fondo essenzialmente sociale, comprendeva quello politico di sostituire il sistema capitalista e statale con un sistema socialista basato sulla democrazia operaia diretta. Il concretizzarsi delle condizioni rivoluzionarie nelle Asturie obbligava Gil Robles a fare abortire questa insurrezione, per evitare che, per contagio, si andassero creando nel resto della Spagna situazioni simili. La tattica impiegata dai socialisti e dai catalanisti favorì il compito della reazione di soffocare la rivoluzione asturiana. Tutte le chiacchiere riguardo al fatto se a Barcellona, dopo la sconfitta catalanista, la CNT poteva essersi impadronita della situazione, rimasero semplici chiacchiere. I rivoluzionari autentici erano stati collocati dal potere della Generalitat di fronte a tre possibilità: rimanere al di fuori della rivolta (ed era quello che voleva la Generalitat); prendervi parte, come auspicava il manifesto del Comité regional (ma questo implicava, dopo lo scontro tra la polizia di Dencàs e i lavoratori del Sindicato de la Madera, aprire il fuoco contro i catalanisti per poter poi attaccare le forze dell'esercito nelle caserme); oppure, dopo la sconfitta, lanciarsi avventurosamente contro un esercito che già teneva strategicamente il capoluogo, rafforzato da unità scelte, richiamate dall'Africa e sbarcate a Barcellona il pomeriggio del 7 ottobre. La CNT optò di fatto per la prima alternativa e, dopo la resa dei catalanisti, mise in salvo la maggior quantità di armi possibile, cercando di evitare che si producesse un massacro tra i lavoratori, che era l'obiettivo di Gil Robles in Catalogna.

La profonda rivoluzione che si scatenò nelle Asturie il 5 ottobre deve essere interpretata come la prova generale di quello che avrebbe potuto essere la rivoluzione in Spagna sotto l'alleanza rivoluzionaria delle forze operaie. Nonostante la sconfitta militare dei lavoratori asturiani, fu una grande vittoria proletaria che ebbe enormi ripercussioni nel movimento operaio spagnolo.

Gli effetti della rivolta socialista in Spagna rimasero ben presto limitati a nuclei e propositi che non furono raggiunti neppure in parte. A Bilbao, il Partido nacionalista vasco (PNV) predicò l'astensione. Il suo organismo sindacale, la STV, consigliò agli operai di andare al lavoro solo se non incontravano difficoltà o pericoli. Insisteva che nessuno si impegnasse in iniziative non concordate con la STV. A Bilbao venne indetto lo sciopero più o meno generale, ma passivo. Nelle località vicine - Portugalete, Hernani, Eibar, ecc. - si costituirono dei comitati rivoluzionari e si giunse a scontri armati.

A Madrid lo sciopero fu generale: chiusero i negozi, i giornali non uscirono e la circolazione stradale si fermò del tutto. Il 5 e il 6 la città visse momenti di tensione: i dimostranti si scontrarono con la polizia nei quartieri proletari - Cuatro Caminos, Tetuán, Atocha, Delicias, ecc. - e tentarono di assaltare le Poste centrali e la stessa Dirección general de Seguridad, il che provocò sparatorie sulla Gran Via, in calle de Alcalá e alla Puerta del Sol. Ma, come era sempre accaduto in precedenza ai socialisti in tutte le loro rivolte, appena cominciò la lotta il loro stato maggiore venne catturato, questa volta nello studio del pittore socialista Luis Quintana, dove avevano stabilito il quartier generale. Con quell'arresto l'insurrezione rimase acefala e il moto rivoluzionario poteva dunque considerarsi ormai fallito. Tuttavia, le notizie che arrivavano dalle Asturie parlavano di violenti combattimenti e il governo cominciò a prendere le sue misure a riguardo.

Alle 21, il ministro degli Interni, Eloy Vaquero, parlò per radio diffondendo il consueto comunicato caratteristico di tutti i governi in situazioni simili: «La tranquillità regna sulla Spagna»; il che non impedì che il governo si riunisse frettolosamente alle 23 per studiare la situazione. La prima disposizione fu di instaurare la censura sulla stampa e il presidente del Consiglio dichiarò ai giornalisti «che si era in presenza di una sollevazione rivoluzionaria, che costringeva il governo a dichiarare nelle Asturie lo stato di guerra».

Il giorno 6 il governo di Lerroux estendeva lo stato di guerra su tutta la Spagna e ordinava al generale Batet di soffocare i disordini catalanisti a Barcellona. Per dare maggior forza alle cose, Lerroux parlò per radio annunciando che sarebbe stato implacabile contro gli anarchici asturiani e i separatisti catalani. Il ministro della Guerra del gabinetto Lerroux, Diego Hidalgo, diede incarico al generale Franco di preparare un piano di attacco alle Asturie. E alle due del mattino del 7 ottobre, dopo aver conferito col generale Batet che gli annunciò che per le sei del mattino la rivolta catalana sarebbe stata liquidata, il ministro della Guerra se ne andò a dormire, lasciando al generale Franco e al tenente colonnello Yagüe il compito di studiare la maniera più efficace per liquidare la rivolta asturiana.

Nella giornata del 7 ottobre, Lerroux ricevette numerose persone che gli offrirono il loro incondizionato appoggio in quei momenti difficili. Tra di essi c'era José Antonio Primo de Rivera, per il quale Lerroux provava «vivissima simpatia». Nella notte, il governo si riunì di nuovo e il ministro della Guerra, a conclusione del Consiglio dei ministri, dichiarò che «nelle Asturie gli sforzi uniti degli eserciti di terra e di mare stavano per raggiungere i loro obiettivi». Il ministro degli Interni, da parte sua, affermò che «la totale sottomissione dei ribelli asturiani era questione di ore».

Il pomeriggio del 9 si riunirono le Cortes, in assenza dei deputati della sinistra. Il governo ricevette i complimenti per la sua rapidità d'azione. E in quel luogo si disse, tra le quinte, che quello stesso giorno a Barcellona Manuel Azaria era stato arrestato e rinchiuso su una nave ormeggiata nel porto di quella città. La rivolta organizzata dal Partito socialista, senza guida fin dall'inizio, si poteva considerare fallita, ma ciò che era fallito nel resto di Spagna aveva subito assunto nelle Asturie le proporzioni di una profonda rivoluzione proletaria. La rivolta era iniziata alle tre del mattino del giorno 5, con l'attacco da parte di un gruppo di lavoratori con candelotti di dinamite a tutte le caserme della Guardia Civil della regione mineraria. Verso mezzogiorno erano cadute nelle mani dei lavoratori 23 caserme della Guardia Civil con tutte le loro armi. La caserma di Mieres si arrese con le sue 45 guardie e il 6 ottobre capitolarono le caserme della Rebolleda, Santullano e Sama.

A Oviedo gli operai non erano riusciti a impadronirsi della città, ma si lottava contro la Guardia Civil e l'esercito. Il comandante militare decretò lo stato di guerra e cominciò a inviare truppe nella zona dove i rivoluzionari resistevano o addirittura erano completamente padroni della situazione. Vennero così inviate Guardias de Asalto a Manzaneda, occupata dai rivoluzionari, ma non poterono raggiungere il loro proposito in quanto glielo impedì una colonna di lavoratori che si difendeva a Armatilla, a Pico del Castillo e dall'altra parte della valle, a Santianes.

Nel frattempo, le colonne operaie che si erano rapidamente organizzate avanzavano su Oviedo per entrare nel capoluogo. A Gijòn si combatteva per le strade e i lavoratori riuscirono a controllare completamente il quartiere di Cimadevilla, erigendo barricate alle sue entrate.

Ad Avilés i rivoluzionari erano padroni della situazione e occuparono le officine del gas e la centrale elettrica.

A La Felguera, nella cui fabbrica di armi lavoravano tremila operai, in maggioranza appartenenti alla CNT, si ordinò alla Guardia Civil di arrendersi e al suo rifiuto si mise sotto assedio la caserma, che cadde nelle mani dei minatori allo scoccare della mezzanotte. Gli abitanti, padroni della situazione, diffusero un manifesto, intestato CNT-FAI e firmato dal Comitato rivoluzionario, che diceva:

La rivoluzione sociale ha vinto a La Felguera; il nostro dovere è di organizzare la distribuzione e il consumo nella dovuta forma. Chiediamo a tutti buonsenso e prudenza. Esiste un Comitato di distribuzione, a cui si deve rivolgere chiunque abbia necessità [1].

In tutta la valle di Turón venne proclamata la Repubblica socialista, che assunse caratteri antiautoritari nelle zone a orientamento anarchico e carattere burocratico in quelle a orientamento marxista; in questo senso, la rivoluzione asturiana gettò le basi della coesistenza dei due sistemi. Uno studio accurato dei rapporti che si stabilirono nei quindici giorni di vita di questa Repubblica socialista sarebbe di notevole importanza come esperienza inedita di convivenza rivoluzionaria.

Il 5 il governo, da Madrid, aveva ordinato al generale Bosch, comandante militare di León, di partire con le sue truppe verso le Asturie. Poiché il trasferimento dei soldati non poteva avvenire col treno, perché il ponte di Los Fierros era stato fatto saltare, si dovettero utilizzare dei camion; ma, al suo arrivo, la truppa composta da due reggimenti di fanteria venne bloccata a Vega del Rey dalla resistenza operaia che, ben protetta, creò in quella località un fronte che tenne per due settimane. La stessa cosa accaduta al generale Bosch accadde al generale López Ochoa che, partendo dalla Galizia verso le Asturie, verrà fermato dalla resistenza operaia nella gola di Peñaflor.

Il giorno 8 le colonne operaie che accerchiavano Oviedo si lanciarono all'attacco e una di esse entrò attraverso il quartiere di San Lázaro, dopo aver sgominato una compagnia di Guardias de Asalto, al Caño del Aguila. Occupata la collina del convento de las Adoratrices, vennero accolti con grida di entusiasmo dalle donne di quei quartieri operai. Da un altro settore della città entrarono gruppi di minatori che, aprendosi il passo con candelotti di dinamite per le calles Fierro, Santo Domingo e Guillermo Estrada, si impadronirono alle due e mezzo del pomeriggio del Comune. Per le calles Leopoldo Alas e Arzobispo Guisasola, i carabineros tentarono di fermare l'avanzata di una colonna di minatori al comando del sergente Diego Vázquez, ma furono travolti dai candelotti di dinamite e dalle grida di "Viva la Rivoluzione sociale!". Alle tre del pomeriggio, questa colonna era completamente padrona del quartiere e occupava l'ospedale. La riunificazione di tutte le colonne di minatori impegnate nell'attacco a Oviedo fece indietreggiare i suoi difensori, che si rifugiarono nella caserma Pelayo e nella cattedrale. Caduta nelle mani dei minatori, la fabbrica di armi rivelò il suo contenuto: 21.000 fucili, trecento fucili mitragliatori e numerose mitragliatrici.

Nelle Asturie, mentre ancora si combatteva, i rivoluzionari cominciarono immediatamente a organizzare la vita sotto forme differenti, ossia secondo un socialismo caro alla popolazione, che aboliva la proprietà privata dichiarandola collettiva. I centri metallurgici erano caduti nelle mani dei lavoratori e così la fabbrica di armi di Trubia, le fabbriche di La Felguera e altre intensificarono la produzione, soprattutto di munizioni, riuscendo a fabbricare trentamila cartucce al giorno a La Felguera. Tuttavia, ben presto sarebbe emersa l'insufficienza della produzione per le migliaia di combattenti che erano pronti a morire per la Comune asturiana.

A Oviedo si installò il Comitato provinciale rivoluzionario, che teneva i contatti coi diversi comitati rivoluzionari dei paesi, ma nel costituirlo nacque già il primo screzio tra socialisti e anarchici. L'alleanza firmata tra UGT e CNT stabiliva, naturalmente, che la direzione della lotta spettasse a entrambe le organizzazioni, mentre la Federación socialista asturiana, approfittando della situazione, costituì il Comitato provinciale in base alla sua sola rappresentanza, estendendola poi al Partito comunista, che non era né firmatario del patto rivoluzionario né rappresentativo nella regione. Le preoccupazioni che gli anarchici di La Felguera avevano riguardo alla sincerità rivoluzionaria dei socialisti, venivano confermate. Alla vigilia dell'insurrezione, si era tenuto un plenum confederale a Gijón, nel corso del quale si erano scontrati i punti di vista dei militanti locali e di quelli di La Felguera. I primi, ferventi sostenitori dell'Alianza, credevano fermamente nella sincerità rivoluzionaria dei socialisti; i secondi ne dubitavano; e si pronunciarono contro ogni patto o impegno precedente. Il loro punto di vista era l'unità sulla base del fatto rivoluzionario compiuto.

Il comitato rivoluzionario di Gijón, considerando che il neonato Comitato provinciale di Oviedo costituiva il tallone d'Achille della Comune asturiana, vi inviò dei rappresentanti, per stabilire il contatto col Comitato provinciale e ottenere armi e munizioni, «con risultati nulli», scrive Peirats [2].

Nei paesi, i comitati rivoluzionari si costituirono in due modi differenti: nei luoghi di influenza libertaria vennero nominati mediante assemblea; mentre in quelli di influenza socialista furono i comitati del partito a fungere da esecutivi. Anche i bandi e i proclami dei paesi avevano significato differente: i libertari chiamano la popolazione alla solidarietà e alla concordia per portare avanti la lotta; i socialisti "ordinavano e comandavano", annunciando misure draconiane per chi non si sottometteva alle direttive del comitato. Nonostante queste differenze, l'ondata rivoluzionaria, sospinta dall'entusiasmo collettivo, dilagò in tutta la regione, senza entrare in troppe discussioni, considerate inutili di fronte ai gravi pericoli che già nascevano e crescevano nella regione rivoluzionaria.

A Madrid, le notizie che giungevano al Ministero della Guerra erano disastrose: il generale Bosch non avanzava di un passo e anche il generale López Ochoa era bloccato. Per fortuna (pensavano al governo) il generale Franco, prevedendo tali difficoltà, aveva impartito l'ordine di imbarco per Gijón alle truppe della Legione straniera e ai regulares di stanza in Marocco. Il Marocco, ancora; cancro della Spagna. Appena proclamata la Repubblica, il 14 aprile 1931, i movimenti marocchini avevano chiesto la loro autonomia e un'amministrazione propria, ma la delegazione inviata da Tetuàn a Madrid non riuscì a convincere delle sue giuste richieste il governo social-repubblicano. E questo governo mise in pratica, se possibile, una politica di colonizzazione ancor più brutale di quella che aveva realizzato la monarchia appena deposta... Di che cosa potevano lagnarsi in ottobre i socialisti se Franco faceva rientrare le truppe dal Marocco e se tra queste c'erano truppe indigene che si accanivano, e con ragione, contro gli spagnoli? Non erano forse gli spagnoli a mantenere la colonizzazione in Marocco? Il generale Franco utilizzava, dunque, per la repressione, ciò che la Repubblica aveva lasciato in piedi. Non era quindi Franco il responsabile dell'istituzionalizzazione della repressione con truppe marocchine, ma tutto ciò era conseguenza della politica dei socialisti e dei repubblicani che avevano istituzionalizzato la colonizzazione.

Le navi da guerra Libertad, Jaime I e Miguel de Cervantes, cariche di truppe africane, fecero rotta per Gijón. Il primo ad arrivare fu l'incrociatore Libertad, che iniziò il 7 ottobre un intenso cannoneggiamento, proteggendo così lo sbarco di un battaglione di fanteria della Marina. Gli abitanti di Gijón, ben fortificati, fermarono l'avanzata dei soldati a Serin. Ma mancavano di armi e munizioni e il Comitato provinciale non pareva allarmarsi per la grave situazione di Gijón. Il Comitato rivoluzionario si mise in contatto con La Felguera, chiedendo munizioni, armi e uomini, ma nonostante il rapido aiuto ricevuto, dinanzi all'intenso cannoneggiamento e agli sbarchi delle truppe (regulares del Marocco, Legione straniera e 8° Battaglione di Cazadores de Africa), il 10 ottobre, dopo tre giorni e tre notti di battaglia infernale, Gijón dovette cedere. Da quel momento, perduta la zona del litorale cantábrico, come avevano previsto quelli di Gijón, la Comune asturiana aveva le ore contate. López Ochoa, fermato a Grado, deviò la sua marcia verso Avilés per piombare su Oviedo. Truppe da sbarco, composte dal Tercio e da regulares, passarono attraverso El Musel sotto la protezione della flotta.

Come conseguenza della caduta di Gijón e dell'avanzata delle truppe controrivoluzionarie, il giorno 11 venne ordinata, su decisione del Comitato provinciale rivoluzionario, la ritirata generale, dando per fallita la rivolta; ordine che incontrò una viva opposizione da parte dei combattenti. Da quella data si cominciò a concedere un certo credito alle forze della CNT. José Maria Martínez, ispiratore dell'Alianza nelle Asturie, morì in missione per il Comitato provinciale rivoluzionario, a Sotiello, il 12 ottobre.

Le truppe controrivoluzionarie, visto il ravvivarsi della resistenza, vennero assistite dall'aviazione, che cominciò con dei bombardamenti che provocarono un tremendo massacro. Gli aerei gettarono anche dei volantini che invitavano alla resa:

Ribelli delle Asturie, arrendetevi! È l'unico modo per salvarvi la vita: la resa senza condizioni e la consegna delle armi entro ventiquattr'ore. La Spagna intera, con tutte le sue forze, è contro di voi, disposta a schiacciarvi senza pietà, come giusta punizione per la vostra criminale pazzia [...]. Tutto il danno che vi hanno inferto i bombardamenti e le armi delle truppe non sono altro che un semplice avvertimento di quanto avrete, implacabilmente, se prima del calare del sole non avrete rinunciato alla ribellione e consegnato le armi. Dopo di che, vi attaccheremo fino a distruggervi senza tregua né perdono3.

Nonostante queste minacce, i rivoluzionari asturiani continuarono a combattere fino al giorno 18, quando il Comitato provinciale rivoluzionario mise fine alla resistenza con un manifesto in cui si dice che, «dopo aver dimostrato la capacità delle masse lavoratrici [...], si ritiene necessaria una pausa nella lotta». Ma si dichiara anche: «Questa ritirata è considerata onorevole, perché è un'interruzione del cammino», visto che «il proletariato si può sconfiggere, ma mai vincere». Lo spirito di questo manifesto è impregnato delle parole scritte da Karl Liebknecht, alla vigilia del suo assassinio: «Vi sono sconfitte che sono vittorie e vittorie che sono più disonorevoli delle sconfitte».

La vittoria che il governo riportò sui rivoluzionari asturiani fu la più vergognosa delle vittorie, perché non seppe neppure rispettare la sola e unica condizione che i minatori avevano posto prima di arrendersi: che le truppe mercenarie non occupassero la regione asturiana. E il generale Arande, dopo aver dato la sua "parola d'onore", offrì le Asturie come bottino di guerra con "carta bianca" alla Legione straniera e ai regulares...

NOTE

[1] J. PEIRATS, La CNT nella rivoluzione spagnola, cit.

[2] Ibid.

[3] Per la rivoluzione nelle Asturie, si possono consultare le seguenti opere: M. VILLAR, El anarquismo en la revolución de Asturias, Barcelona, «Solidaridad Obrera», 1935 [nuova ed.: Madrid, Fundación de estudios libertarios A. Lorenzo, 1994. N.d.C.]; S. DE MADARIAGA, España, cit.; A. RAMOS OLIVEIRA (autore socialista), Historia de España, siglos xixy XX, Barcelona, Grijalbo, 3 voli.; V. ALBA (simpatizzante del POUM), La Alianza Obrera. Historia y análisis de una táctica de unidad en España, Madrid, Júcar, 1978; F. SOLANO PALACIO (anarchico), La revolución de Octubre. Quince días de comunismo libertario, Barcelona, «Tierra y Libertad», 1936 [nuova ed.: Madrid, Fundación de estudios libertarios A. Lorenzo, 1994. N.d.C.] e il socialista R. LLOPIS, Octubre 34. Estampas de la revolución española. Ciudad de Mexico-Parigi, Tribuna, s.d.

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