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6 giugno 2009 6 06 /06 /giugno /2009 14:32
La rivoluzione spartachista: novembre 1918
 
spartachismo--consiglio-operai-e-soldati--dicembre-1918.jpgBerlino. Consiglio generale degli operai e dei soldati, dicembre 1918.

 

Roland Lewin

 

spartachisti--Friedrich-Ebert.jpgQuasi mezzo secolo fa, un anno dopo dopo la Rivoluzione d'ottobre, scoppiava la Rivoluzione tedesca. I comunisti russi erano fermamente persuasi che sarebbe stato il trampolino della Rivoluzione mondiale. Ora ciò non è accaduto perché il 9 novembre 1918 non ha segnato, come si credeva, l'avvento del proletariato d'oltre-Reno, ma soltanto la caduta del regime imperiale a vantaggio di un regime democratico borghese.

Questa importante sconfitta proletaria è essenzialmente dovuta alla divisione della classe operaria, ad una certa mancanza di organizzazione in seno al movimento rivoluzionario ed al tradimento della socialdemocrazia di destra sostenuta dai militari.

 

spartachisti1.jpegTruppe spartachiste

 

La rivoluzione tedesca non è stata opera di uno o più partiti. Essa è scoppiata spontaneamente, in seguito all'affondamento militare, alla disgregazione del regime imperiale e dell'esercito, all'esasperazione delle masse. È stata la logica conseguenza della prima guerra imperialista mondiale e della disfatta dell'imperialismo tedesco.

spartachismo--assemblea-operai-e-soldati-a-Berlino--novembr.jpg

Berlino. Assemblea degli operai e soldati, novembre 1918.

 

spartachisti--Philipp-Scheidemann.jpgDisordinata, senza direzione né precisi obiettivi, essa era animata ai suoi inizi da uno spirito profondamente libertario. Le rivendicazioni, allora essenzialmente sociali, ne sono una prova. Sorpresi da questo slancio popolare, i partiti di sinistra non la canalizzarono e non  seppero dargli un orientamento politico che tardivamente. I tre partiti più importanti sono: il partito socialdemocratico (riformista); alla sua sinistra, nato da una scissione, il partito socialdemocratico indipendente (rivoluzionario), all'estrema sinistra, il Smmkusbund, lega comunista non ortodossa e molto vicina al menscevismo.

spartachistiBerlino.jpg

 Barricate a Berlino

Dopo di essi vengono: gli O. R., militanti sindacalisti d'avanguardia; la sinistra radicale, il gruppo nazional-bolscevico e gli anarchici, soprattutto influenti nel sud della Germania. Il conflitto che andrà ad opporre i riformisti ai rivoluzionari e degenerare in guerra civile appare sin dal 9 novembre 1918, durante la proclamazione simultanea della Repubblica da parte delle due tendenze. Non si cristallizzerà che dopo un lungo e nefasto gioco di alleanze. Sino al 28 dicembre 1918, i maggioritari e gli indipendenti dividono insieme il potere.

spartachisti--truppe-di-operai-e-soldati-pattugliano-Monaco.jpgOperai e soldati pattugliano Berlino

spartachisti--Monaco-di-Baviera.jpg

In seguito, mentre gli spartachisti e gli indipendenti uniscono i loro sforzi per formare una opposizione efficace, i maggioritari si alleano deliberatamente con i corpi franchi reazionari, embrioni del futuro esercito professionale.

spartachisti4.jpegTrasporto di vittime o feriti

 

Il movimento rivoluzionario verrà infine vinto dalle forze armate.

Ignorata dagli storici, snaturata da alcuni pseudo-socialisti d'avanguardia (gli stessi che si ingegnano a conservare sotto silenzio l'insurrezione makhnovista), sconosciuta dal pubblico e caduta nell'obblio, la Rivoluzione tedesca non costituisce non per questo uno dei più gloriosi e tragici avvenimenti del nostro secolo.

 

Roland Lewin

 

[Traduzione di Ario Libert]


LINK pertinenti alla tematica trattata:


La guerra dei socialismi

La rivoluzione di novembre

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6 giugno 2009 6 06 /06 /giugno /2009 06:00



IL CREDO


Come prima opera inedita tratta dalla grande rivista di satira politica L'Assiette au Beurre (1901-1912), di cui avremo modo di parlare più dettagliatamente in seguito,
presentiamo il numero 163 del 14 maggio 1904, intitolato Le Credo (Il Credo). L'autore  è una singolarissima figura di artista libertario individualista, Gustave Henri Jossot (1866-1951),  che in questo numero parodia il celebre Credo del Concilio di Nicea pietra miliare dottrinaria della Chiesa cattolica e mostra quali siano realmente le vere divinità del moloch capitalistico: militarismo, autoritarismo, violenza, dominio dell'uomo sull'uomo. Niente di nuovo, insomma.





 

...CREDO...





 

…ad una sola Dea Onnipotente: l’AUTORITÀ…





 



… e alla temibile FORZA, sua figlia unica, Nostro Terrore.








 

 

Credo al Santo Spirito del RISPETTO…

 

 


 


 


...alla FAMIGLIA venerata…

 

 

 

…alla PROPRIETÀ intangibile.





 














 

 


… e anche al Mistero della TRINITÀ.





 

 

-Credo alla GIUSTIZIA degli Uomini (Brrr!!!...)…







 

…al SUFFRAGIO UNIVERSALE…











 

… alla LIBERTÀ…








 

…ALL’EGUAGLIANZA…








 

… alla FRATELLANZA…









 



-CREDO a tutta la Sacra Bottega Sociale…





 

 

… e al CAPITALE Eterno. E così sia!

 

 

 





 

[Traduzione di Ario Libert]



Bibliografia:

Elisabeth & Michel Dixmier, L'Assiette au beurre: revue satirique illustrée, 1901-1912, Maspero, Parigi, 1974. (La figura di Jossot è delineata alle pagine 303-321).



LINK esterni:

Link al sito da cui è stata tratta l'opera tradotta: L'Assiette au Beurre, Revue illustrée, satirique et libertaire de 1900, qui il lettore potrà visionare in lingua originale almeno una cinquantina di numeri della rivista; a questo collegamento materiale molto interessante posto in rete dal maggior specialista vivente dell'opera di Jossot: Goutte a goutte di Henri Viltard




LINK interni:
Felip Equy. Gustave Henri Jossot, una breve ma ben strutturata presentazione di Jossot risalente al 1992.



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5 giugno 2009 5 05 /06 /giugno /2009 17:06


Gustave Henri Jossot

 

di Felip Equy

 


  
Gustave Henri Jossot è nato a Digione in una famiglia benestante. Perde sua madre quando è ancora bambino e sopporta male l'ambiente familiare. Manifesta già disprezzo verso la famiglia: "I genitori sono degli scorpioni"; a proposito della sua matrigna, scrive: "Ero tormentato dal continuo fastidio di distruggerle una sedia sulla lamiera". Il liceo e l'esercito non gli lasceranno dei ricordi indelebili. Poi, come suo padre, va a lavorae in una compagnia di assicurazioni; non per molto tempo: una prima eredità gli permetterà di dedicarsi alla pittura ed al disegno. Nel frattempo aveva sposato una sarta e aveva così rotto con il suo ambiente di origine.



I suoi primi disegni



La sua formazione di pittore è abbastanza classica, ma si orienta molto presto verso la caricatura. I suoi primi disegni sono pubblicati nel 1891 in giornali umoristici (Le Rire), letterari e artistici. Il suo stile originale verrà presto notato dai lettori ed i critici. Un tratto spesso delimita gli oggetti ed i personaggi. Quest'ultimi sono schmatizzati all'estremo, i caratteri sono esagerati. I colori, dapprima tenui, diventano più violenti: nero, bianco e rosso. Jossot non si rifà a nessuna corrente. Lui stesso si è richiamato al Medioevo romanico, è vero che certi suoi personaggi fanno pensare ai doccioni [gargouilles]. Si è detto di lui che era un precursore dell'espressionismo. Le sue didascalie sono particolarmente curate: sono corte ed incisive.

I suoi disegni più interessanti verranno pubblicati in un breve periodo (dal 1901 al 1907). In fin dei conti, ci lascia una produzione poco abbondante. Non aveva preoccupazioni finanziarie (una seconda eredità gli pervenne nel 1899) e faceva l'apologia della pigrizia, cosa che è tanto più facile quando non si ha bisogno di lavorare. Durante questo periodocollabora a dei giornali satirici (L'Assiette au Beurre, Le Diable), anticlericali (La Raison, L'Action), anarchici (Les temps nouveaux). Ritroviamo i suoi disegni egualmente in L'Antivivisection e Internacia sociarevuo (rivista in esperanto). Pubblica anche tre albi di caricature, un romanzo illustrato, alcune cartoline postali, delle litografie e dei manifesti pubblicitari.

L'Assiette au Beurre è il giornale nel quale si trova il maggior numero dei suoi disegni. Egli collabora a 35 numeri (su 600 apparsi tra il 1901 e il 1913) di cui 18 sono interamente disegnati da lui. L'Assiette au Beurre era l'equivalente di Charlie Hebdo negli anni Settanta o di
La Grosse Bertha oggi. Si trattava di un giornale anticlericale, antimilitarista, anticapitalisa, in breve antitutto ma che non aveva nulla di anarchico. Il giornale si vendeva molto bene ed i suoi proprietari ebbero l'intelligenza di lasciare gli autori liberi di esprimersi liberamente. Vi hanno collaborato scrittori come Laurent Tailhade, Octave Mirbeau o Jehan Rictus. I più grandi disegnatori del momento vi presero parte: Aristide Delannoy, Jules Grandjouan, Steinlen. Pittori allora sconosciuti vi collaborarono prima di diventare delle celebrità: Juan Gris, Van Dogen.


Un gioco al massacro


Dal 1901 al 1904, Jossot se la prende nei suoi disegni con le istituzioni. I preti, i militari, i poliziotti, i giudici, i genitori, i framassoni: tutti vengono colpiti per il loro ruolo, è un vero gioco al massacro, tutte questi burattini vengono demoliti con una grande ferocità. A partire dal 1906, se la prende con l'individuo in ciò che ha di più mediocre: il pudore, l'onore, il rispetto, l'alcolismo. Il lavoro di demolizione di Jossot è totalmente anarchico, ma lui stesso non rivendicava quest'etichetta: "Il mio ideale (sarebbe) di non averne affatto", "questa sacra questione sociale è insolubile e lo resterà finché gli uomini rimaranno bestie e malvagi, il che può durare ancora molto tempo". I disegni di Jossot ignorano le lotte operaie, alla maniera di Georges Darien o di Zo d'Axa: "Intendo vivere come un uomo libero", "il bisogno del caricaturista (consiste) nel seminare nei cervelli pensanti idee liberatrici", "il mio sogno: comprare una casa (in cui) potrei a mio comodo fare dell'arte per ammazzare il tempo o aspettando che il tempo ammazzi me". Jossot è innanzitutto un osservatore sincero che rifiuta l'arrivismo e fugge come l apeste i salotti parigini.


Jossot e l'Islam


Benché non sia del tutto caduta nell'oblio, l'opera del caricaturista Jossot (1866-1951) meriterebbe una maggiore diffusione. I suoi migliori disegni datano dell'inizio del secolo, ma i soggetti da lui trattati sono sempre di attualità ed il suo grafismo, sorprendentemente moderno all'epoca, non è ancora invecchiato.
Dopo il 1907, le attività di Jossot non hanno più grande rapporto con l'anarchia. La sua figlia unica è morta all'età di 11 anni, attraversa un periodo di depressione. Viaggia molto. Alla fine del 1911 risiede in Tunisia e non tornerà più in Francia. Stranamente, il vecchio caricaturista anticlericale, dopo una crisi mistica, si convertirà nel 1913 all'Islam. Assumerà il nome di Abdul-I-Karim Jossot. Poiché è uno dei Rari Europei a vestirsi all'orientale, crea un certo scandalo per le strade di Tunisi. Ha oramai abbandonato la caricatura, ma dipinge paesaggi, degli olii e degli acquarelli. Conserva un occhio critico: durante la Guerra 1914/18, scrive sulle riviste pacifiste Le Bonnet Rouge (Il Berretto rosso); collabora anche ai giornali tunisini in cui denuncia i crimini del colonialsimo, ma in modo molto timido. Il suo individualismo lo spinge sempre a rifiutare la lotta politica e la violenza. La sua conversione all'Islam era legata ad un rifiuto delle idee occidentali di lavoro e di progresso.Pensava di trovare una religione senza culto, dogma e clero! Si stanca molto presto della preghiera del Venerdì alla Grande Moschea e comincia ad interessarsi al sufismo, una specie di libero pensiero dell'Islam molto mal visto dai musulmani ortodossi. Constatando che i suoi sforzi per acquisire la fede erano vanio, verso il 1930 rompe con ogni forma di religione organizzata. Nel 1938, pubblica un libro Le Foetus récalcitrant dove vi espone la sua definizione del caricaturista e propone un "vangelo" della pigrizia. Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Sidi Bou Said, un villaggio di pittori vicino a Tunisi e muori dimenticato.

Se i disegni di Jossot continuano ad interessarci oggi è perché essi attaccano le istituzioni e questo sono 90 anni dopo sempre le stesse. I suoi disegni non sono datati. Non ha fatto la caricatura a personalità e uomini politici dell'epoca ma a giudici, genitori, polizia, esercito... I suoi bersagli sono sempre i nostri. Così abbiamo potuto vedere i suoi disegni in L'Enragé (L'Arrabbiato) nel 1968 poi in Le Monde Libertaire  o in Libération ed anche sulle copertine di libri dedicati alla giustizia.



FELIP EQUY


MARZO 1992


 

 


[Traduzione di Ario Libert]



Link al post originale:
Jossot



Link interni:
Gustave-Henri Jossot, Il Credo
Gustave-Henri Jossot, Decorazioni
Gustave-Henri Jossot, Panurgismo
Gustave-Henri Jossot, La Doma
 

 

Gustave-Henri Jossot, Gli Ubriaconi

 

 

Gustave-Henri Jossot, Il Rispetto 

 

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1 giugno 2009 1 01 /06 /giugno /2009 06:50

Dopo la traduzione dei tre celebri scritti che Zo d'Axa scrisse appositamente per il suo giornale La Feuille in occasione delle elezioni legislative del 1898, ci sembra doveroso riferire della sua attività giornalistica proprio in relazione a quel celebre periodico dalla vita effimera uscito per di più in un periodo storico caratterizzato in Francia da grandi passioni che agitavano l'opinione pubblica dal famigerato caso legato al nome di Dreyfus ai numerosi scandali politico-finanziari che diedero fama alla Terza Repubblica borghesissima e cleptocratica.


La Feuille (1897-1899)


Didascalia: La Feuille n° 18 del 20 ottobre 1898. Disegno di Steinlen. Un semplice foglio. Sul recto, l'immagine sobria e potente. Sul verso, su quattro colonne, il testo dell'unico redattore, Zo d'Axa. Uno stile limpido, altero e d'effetto. Un grido. Un manifesto. Una rivolta. Un destino. In pieno caso Dreyfus, uno sciopero esplode. Nessun aiuto è da aspettarsi dai ricchi. È "lo sciopero degli ebrei". L'operaio ed il soldato si ritrovano, soli, faccia a faccia.


Di  Raymond Bachollet


Quest'articolo apparso in Le collectionneur français [Il Collezionista francese], n° 158 del giugno 1979, fa parte di una serie di cronache sulla storia delle riviste satiriche francesi pubblicate tra il 1880 ed il 1914, occasionalmente sul manifesto pubblicitario del XX secolo e sui loro disegnatori.


"A leggere certi giornali in cui lavoravano i semiassoldati della polizia e della stampa, si evidenzia che i pilastri della società temono, più della violenza, la semplice esposizione dei fatti"
(Zo d'Axa).


La prospezione che vi propongo ogni mese attraverso la stampa satirica degli anni tra 1880-1914 non si attiene ad una cronologia rigorosa ma vi invita a scoprire serenamente un universo ricco e sconcertante per la sua complessità, un po' come quando si esplora soli, una città sconosciuta o come ci si avventura in una foresta fitta, i sensi tesi, tessendo poco alla volta i reperti che allontanano l'angoscia dello smarrirsi...

È un sentiero selvaggio, quasi cancellato, pieno di rovi, di sole e di frutti amari che vi propongo oggi di prendere ed alla fine del viaggio, del vicolo cieco (?), la scoperta di un uomo, di un uomo "libero e solitario", questo tipo di uomo che abita i nostri sogni, così poco la nostra realtà: Zo d'Axa, fondatore di due riviste satiriche L'En Dehors [Stare Fuori] e La Feuille [La Foglia] nel 1897. Tre nomi indissolubilmente legati.


Un fine secolo turbolento

Per capirli a fondo, è necessario richiamare rapidamente il periodo agitato di fine XIX secolo che vide innanzitutto nascere con Proudhon ed il principe russo Bakunin la dottrina anarchica espandersi successivamente sui giornali e le riviste incaricate di assicurare una più ampia diffusione alle idee rivoluzionarie, preconizzando, tra le altre cose, la soppressione della proprietà; la distruzione dello Stato e della nozione di patria, responsabili di guerre, ingiustizie e del dominio  dell'uomo sull'uomo; la sparizione dell'esercito, celebre per le sue sconfitte, le sue conquiste coloniali, i suoi consigli di guerra, i suoi penitenziari e più ancora per la sua repressione degli scioperi operai... Dopo L'Avant-garde [L'Avanguardia], Le Révolté [Il Ribelle] di Kropotkin, nel 1879, Le Droit social [Il Diritto sociale] di Jean Grave, nel 1883, apparvero, a partire dal 1886, in occasione dei movimenti sociali di Decazeville, Fourmies, Carmaux e Lavallois, nuovi giornali come il popolare Père Peinard  [Padre Peinard] di Emile Pouget e L'En Dehors [Stare fuori] di Zo d'Axa.
   
Zo-d-Axa-wallotton.jpg
Didascalia: Zo d'Axa, disegno di Félix Vallotton. Ritratto apparso in Le Rire n°33 del 22 giugno 1895. Un uomo libero, generoso, impertinente. "Bisogna vivere sin da oggi, subito ed al di fuori di ogni legge, di tutte le regole, di tutte le teorie- anche anarchiche- che vogliamo lasciarci andare sempre alle nostre pietà, alle nostre passioni, ai nostri dolori, alle nostre rabbie, ai nostri istinti, con orgoglio di essere noi stessi".


Anche se le idee diffuse non preconizzavano sistematicamente "la propaganda attracerso i fatti", cioè l'azione diretta, questo periodo tragico fu contrassegnato da tutta una serie di attentati anarchici che iniziarono a Lione nel 1882 con l'esplosione del Teatro Bellecour e terminarono praticamente nella stessa città, nel 1894 con l'assassinio del presidente della Repubblica, Sadi Carnot, colpevole agli occhi di Sante Caserio, il suo assassino, di aver rifiutato la grazia agli anarchici condannati a morte e giustiziati negli anni successivi: Ravachol, Auguste Vaillant e Emile Henry, nipote del futuro colonnello Henry dell'Affare Dreyfus. Ciclo infernale in cui si alternarono Attentati, provocazioni poliziesche, rappresaglie e repressione. I deputati, contusi dalla bomba a chiodi di Vaillant, preparata con cura, sembra, nei laboratori della prefettura di polizia, erano maturi per votare, il 24 luglio 1894, le "leggi scellerate" destinate a proteggere la società dalle minacce anarchiche [1]. È per via loro che molti gestori e redattori di giornali anarchici, come Matha, gestore di L'En Dehors e Jean Grave, direttore di La Révolte, furono imprigionati e condannati a pene a volte severe... associazione di delinquenti, si diceva.


Un vecchio cacciatore d'Africa diventato giornalista


Quella volta, Zo d'Axa non fu direttamente disturbato e per giustificati motivi! Aveva lasciato da poco Sainte-Pélagie, prigione in cui veniva di scontare 18 mesi di detenzione. Colui che voleva Stare fuori [Endehors], da "dentro" la prigione aveva messo a profitto i suoi ozi forzati per raccontare in un libro De Mazas à Jerusalem [Da Mazas a Gerusalemme], i suoi guai con la giustizia, la sua prima incarcerazione a Mazas, altra prigione parigina, qualche anno prima, le sue tribolazioni attraverso l'Europa ed il Medio Oriente, il suo arresto a Gerusalemme e la sua condanna. Ma nonsi trattava che di una nuova serie di peripazie nella vita del nostro uomo! Alphonce Gallaud, era il nome di nascita di questo celebre indisciplinato- aveva in effetti conosciuto un'adolescenza tumultuosa. Non sopportava né la sua famiglia né l'esercito grazie a cui aveva malgrado tutto sperato ingenuamente di conoscere l'avventura, aveva disertato sia l'una sia l'altra.  È durante questo primo esilio che egli aveva intrapreso i suoi esordi nel giornalsimo, in Belgio poi in Italia. Amnistiato, aveva raggiunto la Francia e fondato L'Endehors con dei collaboratori, militanti anarchici per la maggior parte, come George Darine, Octave Mirbeau, Félix Fénéon, Sébastien Faure, Emile Henry, Victor Barrucand, scrittori e poeti.
 
La_Feuille-n-3-27-novembre-1897.jpg
Didascalia: La Feuille n° 3 del 27 novembre 1897. Disegno di Steinlen. L'accusa "Associazione di malfattori" spesso sostenuta ieri contro gli anarchici per imprigionarli, potrebbe forse essere applicata a certi dei suoi ufficiali che, protetti dalla ragion di Stato...


Nel primo numero di questa rivista, Zo d'Axa aveva definito L'En Dehors (colui che sta fuori) come colui che "nessuno arruola e che è guidato soltanto da una natura impulsiva , il passionale complesso, il fuori legge, il fuori scuola, l'isolato ricercatore dell'oltre!".

Zo-d-Axa--la-feuille--soldatino.jpg
Didascalia: La Feuille n° 4 del 17 dicembre 1897. Disegno di Steinlen. Difendere Dreyfus, certo. Ma che si fa per il "soldatino" indisciplinato Charles Hatier che, condannato a morte per aver dato uno spintone ad un superiore, attende ad Algeri il plotone di esecuzione?

Criticando violentemente le istituzioni ed i costumi, aveva proclamato, superbamente, la sua fede nella rivolta, "il suo desiderio di vita libera e girovaga, fuori dai binari della legge". Rifiutando di lasciarsi intruppare, anche sotto la bandiera dell'"ideale anarchico", non aveva esitato ad aiutare gli anarchici imprigionati e le loro famiglie. Aveva pagato caro il prezzo di questa solidarietà: prigione ed esilio. E il fuori da ogni mischia aveva fatto naufragio in mezzo a tempeste: debiti, perquisizioni, pignoramenti...


Un uomo che non urla con i lupi

1897. L'affare Dreyfus lacera il paese. Zo d'Axa non può tacere. C'è troppoda temere e troppo da sperare da una situazione politica così instabile ed esplosiva in cui si confrontano ben al di là dei fatti stessi delle forze antagoniste potenti il cui scontro violento potrebbe favorire l'avvento di una società migliore. La Feuille è lanciata in questa tormenta, "ad ogni occasione".
la-feuille02.jpg
Didascalia: La Feuille n° 6 del 21 gennaio 1898. Disegno di Steilen. Gli elettori di Meudon massacrarono l'altro giorno un vecchio cocchiere... Non appena un povero diavolo è senza difesa, vi sono dei valorosi che si si fanno avanti... I tacchi degli stivali colpiscono la testa. Tentare di strappare alla massa una delle vittime del loro linciaggio scatena delle rabbie da bestie a cui si tentasse di strappare la preda".

"Ci ritroviamo", scrive d'Axa nel primo numero, "quelli di L'En Dehors di un tempo. Ed altri arrivano audaci e nuovi. Riprendiamo la strada. Ecco La Feuille. Scriverà le sue brevi note sul verso della storia di quel tempo. Meglio di un settimanale remoto, più spontaneo di un quotidiano, con un titolo sempre nuovo, è il grido, la bozza, il manifesto".

Didascalia: La Feuille n° 11 del 3 maggio 1898. Disegno di Steinlen. Manifesto programma del candidato di La Feuille incollato sui muri di Parigi durante le elezioni legislative.Votate tutti per l'asino bianco Nullo. Sono la bestia che occorre alla bella democrazia".

"Ed è un'arma". La Feuille, scriverà Victor Méric [2], non era semplicemente "della carta con sopra dei caratteri neri, delle righe che si succedevano, della prosa che si svolgeva. Era una pubblicazione adatta ad incendiare le intelligenze, un petardo alla melinite adatto a far saltare le coscienze, qualcosa come un lampo improvviso nell'abisso opaco delle ignoranze, degli egoismi impauriti, delle vigliaccherie tenaci. La parola d'ordine lanciata alle ribellioni. Il gesto e il grido che tutti i seduti, tutti i ricurvi attendono per drizzarsi in piedi, più arditamente nella vita. Perciò questo "foglio" sconcertava gli spiriti. Non era affatto dreyfusarda come l'avremmo voluta... Essa si preoccupava poco dell'innocenza del capitano...".


Attacchi a tutto campo

"Se questo Signore (Dreyfus) non fu un traditore, scrive Zo d'Axa in La Feuille del 17 dicembre 1897, fu capitano". Cioè, un un ufficiale come gli altri, sciovinista, rigido, implacabile forse, inconsapevole, certo, della posta della propria causa. Certo, i militari, "questi mantenuti dalla pace, (che), nelle città di guarnigione, preparano meglio il pernod che la rivincita", il nostro libellista non li porta nel suo cuore. Sappiamo perché. Li ha conosciuti da vicino. E quando parla dei carceri militari, dei consigli di guerra che non esitano a fucilare il "soldatino" insubordinato, è alla sua esperienza che egli si richiama, esperienza d'altronde comune a molti dei suoi contemporanei, costretti allora ad un servizio militare di tre anni (Feuille 4: réhabilitation civile et exécution militaire [riabilitazione civile ed esecuzione militare]. Zo d'Axa si impegna dunque a fondo nella lotta; denuncia le macchinazioni militari, le manovre e le menzogne dello Stato maggiore (Feuille 17: En joue... faux [Mira... sbagliata]; è entusiasta di servire a questi Signori, nel suo Feuille 4, il capo d'accusa di Association de malfaiteurs [Associazione a delinquere] in nome del quale un buon numero di anarchici sono stati condannati, ma ritrae fianco a fianco l'esercito e la magistratura La Feuille 23: Saluons-les [Salutiamoli], perché la giustizia non è innocente: sempre comprensiva con i forti o i furbi Feuille 8: Mort-aux-vaches [Morte agli sbirri], è crudele con i piccoli ed anche con i bambini La Feuille 6: A propos de botte, [A proposito di stivali], insensibile e parziale con gli indifesi Feuille  22: On détrousse au coin des lois, [Si ruba negli angoletti delle leggi], inflessibile infine con coloro che hanno commesso dei reati d'opinione o si sono scontrato con i rappresentanti dell'ordine La Feuille 15: Le gendre et la veuve, [Il genero e la vedova].
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Didascalia: La Feuille n° 12 del 18 maggio 1898. Disegni di Steinlen. "Nella calda domenica di maggio in cui il popolo correva alle urne, l'asino bianco, il candidato di Nullo posto su un carro di trionfo e trainato dagli elettori, attraversò Parigi, la sua buona città". Un trionfo. Preso dalla polizia, il "candidato ufficiale" è ricevuto alla prefettura.
Si nota senza alcuna difficoltà che il polemista, benché si sia impegnato personalmente, non si lascia coinvolgere né in un campo né nell'altro: getta uno sguardo lucido, impertinente sul "grande affare" che gli serve da rivelatore e da trampolino per smontare per smontare, a partire da fatterelli di attualità, i meccanismi di una società che favoriscono i possidenti, siano essi ebrei o cristiani, e schiacciano i deboli. La grève des juifs [Lo sciopero degli ebrei], La Feuille 18, notevolmente illustrato da un artista come Steinlen, dai tratti sobri, ombrosi e potenti, permette di constatare con amarezza la mancanza di solidarietà dei ricchi ebrei in uno sciopero che rende servizio alla causa del "loro " capitano. Il soldato e lo scioperante esprimono in un faccia a faccia silenzioso ciò che li unisce e ciò che li separa, inevitabilmente.
Zo d'Axa se la prende anche con la stampa, la stampa scandalistica, quella che si arricchisce con il crimine (Feuille 2: "10 delitti per un soldo"), quella che pratica l'acchiappacitrulli, grazie al "terzetto" dell'epoca (Feuille 16: "Le dritte di La Patria")... La Patrie, il giornale di Millevoye, un antidreyfus notorio. Attacca in modo corrosivo la stampa nazionalista, militarista ed antisemita, lotta contro, con rammarico, sembra, Rochefort il ribelle, il quasi comunardo, l'esiliato di un tempo, che, nel suo Intransigeant moribondo, tradisce la causa rivoluzionariaFeuille 14: "Rochefirt è morto"). In quanto all'infame Drumont, lo assimila schiettamente per incitazione al crimine antisemita, a Vacher, uno squilibrato che trucida i pastorelli (Feuille 19: "Drumont e Vacher").
Tranquillamente, le foglie cadono... Tutti gli argomenti sono validi. Il linciaggio recente di un cocchiere lo porta a fustigare la bestialità e l aferocità della folla (FeuilleFeuille 7: "Le pecore di Boisdeffre"), il generale, capo dello stato maggiore responsabile dello scatenamento dell'Affare Dreyfus, il cui nome lo ha visibilmente ispirato [3]. "La Francia, constata Zo d'Axa con amarezza, è diventata una rana che si adesca con un paio di mutande rosse". Così, quando un gruppo di minatori di Pas-de-Calais canta la gloria dell'esercito, non può trattenere la sua collera: "Amate l'esercito, questo guardiano del vostro onore e della vostra dignità... va di lusso. Amate i fucili Lebel che sparano da soli, come a Fourmies, le baionette vicino ai pozzi in cui i vostri compagni fanno sciopero..." (Feuille 24: "L'operaio onesto").
Un altro soggetto affrontato nel primo e ultimo numero, lo preoccupa vivamente: si tratta della recente alleanza franco-russa. Questa unione "della Marsigliese e dello knut" è per lui un raggiro, di cui il popolo, un giorno farà le spese. "La penuria russa è contagiosa". Ma è certamente il suffragio universale che eccita di più l'estro del rivoluzionario, del perfetto individualista. Egli si compiace nel dimostrare in alcuni numeri (Feuilles 9, 11 e 12) che questa pratica repubblicana è un'enorme farsa. E questa farsa, in pieno periodo elettorale, egli la mette in scena. Benché sia un convinto sostenitore dell'astensione, farà campagna per "il" buon candidato. Ma questo futuro eletto non è altro che un asino bianco (come una scheda), chiamato Nul (Nullo) come un candidato, che conoscerà un vero successo il giorno dello scrutinio. Pagliacciata che terminerà alla prefettura della polizia. Con questo fatto, l'animale diverrà un "candidato ufficiale 6: "Argomenti che colpiscono"), lo spirito gregario della massa ed il suo gusto smodato per manifestazioni patriottarde!".
la-feuille09
Didascalia: La Feuille n° 19 del 3 novembre 1898. Disegno di Anquetin. Mostri vendicatori, nascosti nelle tenebre, all'ombra della croce, Drumond, il grande fratello predicatore dell'antisemitismo e Vacher, l'assaino mistico di giovani pastori, spiano la loro preda...
L'infanzia martire esiste. Zo d'Axa cita dei nomi e sfida i suoi dettrattori a smentire le sue affermazioni. Penetriamo con lui nell'universo allucinante delle colonie penitenziarie, queste caserme disciplinari dei bambini in cui i ragazzi sono percossi selvaggiamente, detenuti, incatenati, senza nutrimento, in celle umide in cui certi scelgono la morte (Feuille 20 e 21). Anche i suoi amici di ieri,  i retorici della Sociale, promettitori del benessere futuro, sono duramente strigliati: "È mentire promettere ancora dopo tante promesse... Ognuno la sua strada!"
Zo d'Axa ha detto tutto in questi 25 fogli. Perché riprtersi? Preferendo il silenzio, un silenzio che durerà trent'anni, ha ripreso la sua strada, solo con nel cuore"l'altera volontà di vivere".
"Al di fuori, basta osare!", questa era la sua insegna.
Un vicolo cieco? A voi la sentenza.
la-feuille04.jpg
Didascalia: La Feuille n° 21 del 1° dicembre 1898. Disegno di Maximilien Luce. Nelle colonie penitenziarie "con il bastone e con la fame, si fanno morire dei bambini". È il "Biribi" [Caserma punitiva del nord Africa] dei ragazzi.
Scheda tecnica di La Feuille.

Direttore-fondatore-redattore: Zo d'Axa.
Indirizzo: 25, rue de Navarin, Paris.
Editori e responsabili: in successione Pauvert, Polvliet, Fétis, Dupont, Lacour e Matteoda. Questi molteplici cambiamenti danno un'idea delle difficoltà economiche che Zo d'Axa ha dovuto incontrare per pubblicare la sua serie di Feuille.
Numeri editi: La collezione completa è costituita di 25 numeri; da La Feuille 1, datata 6 ottobre 1897 a La Feuille 25, datata 28 marzo 1899.
Periodicità: il ritmo di apparizione è irregolare, mensile o bimensile: la data di stampa è indicata, in piccoli caratteri, in basso e a destra del verso.
Costo: la rivista è venduta a 5 centesimi i tre primi numeri, 10 centesimi successivamente. L'abbonamento per 50 numeri, a 3 franchi all'inizio, passa a 6 franchi da La Feuille n° 4; poi ritorna a 3 franchi per 25 numeri.
Tiratura: sconosciuta. Si può ragionevolmente pensare che la diffusione di un giornale così "fastidioso" non abbia che potuto essere che limitata.
Vendita: Si effettua per numero, per abbonamento. Con possibilità di vendita all'ingrosso. Il numero 7 è stato distribuito in anteprima ai lettori di L'Aurore. In seguito, la collezione compèleta di 25 numeri è stata venduta con una copertina arancione in cui appare, oltre il titolo della rivista e del suo redattore, la lista dei disegnatori e l adata, Parigi 1900. Si trova spesso, unitamente a questa collezione, un manifestino che annuncia la pubblicazione di un libro di 300 pagine, edito dalla Société libre d'édition des gens de lettres, che riprende la maggior parte dei testi apparsi in La Feuille e la totalità dei suoi disegni: Les Feuilles de Zo d'Axa. Un manifesto di lancio della rivista, stampata in nero e giallo, è stato pubblicato in due formati dalla tipografia Verneau. Parigi.


CARATTERISTICHE DELLA RIVISTA.

Di grande formato (45x31,5 cm), La Feuille comporta, sul recto, un grande disegno a piena pagina; sul verso, il testo; da ogni lato, il titolo dell'articolo del giorno;
I disegni, tutti inediti, sono stampati in bianco e nero, ad eccezione dei due primi che offrono uno o due toni supplementari;
Non si trova alcuna traccia di annunci pubblicitari;
La stampa è realizzata in tipografia; il nome dell'incisore, Berrin et Cie, appare in numerose tavole. Delle tirature litografiche dei disegni di Steinlen sono state realizzate a parte;
All'eccezione di La Feuille n° 17, i disegni sono presentati nel senso dell'altezza;
La Feuille 11 e La Feuille  12, per poter essere affisse, sono state stampate su un solo lato e in un formato doppio. La Feuille 11 reca anche la consueta presentazione;


COLLABORATORI DELLA RIVISTA.

Zo d'Axa è l'unico redattore della rivista e Steinlen, il principale disegnatore: 17 numeri su 25 sono in effetti illustrati da lui. Hermann Paul fornirà tre disegni, mentre gli altri disegnatori Willette, Léandre, Couturier, Anquetin e Luce non illustreranno che un solo numero. Si noterà, cosa rara, che i disegni non sono accompagnati da nessuna didascalia. Il testo, in questa rivista, rivendica il primo posto.
La violenza trattenuta delle immagini di Steinlen, lungi dal porre in evidenza servilmente il testo, rivalizza molto bene con la foga irrispettosa di Zo d'Axa. Qualità che contribuiscono a dare a La Feuille un posto d'onore nella stampa di quest'epoca. Un posto importante sottolineato da André Salmon: "L'Assiette au Beurre, a suo parere, aperta ad ogni ispirazione sovversiva", sarebbe a suo avviso, l'erede diretta del giornale di Zo d'Axa. Giudizio a cui mi allineo.
NOTE

[1] Questa legge rafforzava l'apparato repressivo già accresciuto con la legge del 12 dicembre 1893. Il Terrore nero, di André Salmon, traccia in modo rilevante la storia del movimento anarchico francese.
[2]  Victor Méric, in Scene e cavaletti, dedica a Zo d'Axa, il primo capitolo del suo libro, Librairie Valois, Paris 1931.
(3) Charles Le Mouton de Boisdeffre.


Un antico riferimento
Gli estimatori di Zo d'Axa, di Steinlen, o di La Feuille  devono sapere che un'associazione "le Vent du Ch'min", oggi scomparsa, ha ristampato verso il 1979 nel suo formato originale, la serie completa dei 25 "feuilles", con una presentazione di Léo Champion.

Un riferimento recente
La nipote di Zo d'Axa, Béatrice Arnac, ha pubblicato Zo d’Axa, l’En Dehors, un libro di 284 pagine, illustrato con molti documenti, per le édition culturelle, Route Condé, 1612O BASSAC.

[Traduzione di Ario Libert]


Link al post originale:
La Feuille (1897-1899)

Link interni:
Zo d'Axa. Il Candidato di "La Feuille"; Agli Elettori; E' stato eletto, 1898
Breve biografia di Zo d'Axa scritto da sua nipote Béatrice Arnac d'Axa


LINK alla raccolta dei numeri di "La Feuilles" da Internet Archive:
Les Feuilles, 1900
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25 maggio 2009 1 25 /05 /maggio /2009 05:00

L'interessante sito La Bouche de Fer, oltre ad interessanti articoli possiede anche una rilevante sezione fumettistica curata da un certo OLT, in cui sono narrate attraverso una o più tavole vicende epocali del movimento anarchico o di alcune sue figure del politiche. La prima storia che presentiamo, la più lunga della serie, riguarda Nestor Makhno e si sviluppa per 12 tavole. Sulla figura di Makhno e del suo movimento di resistenza proporremo prossimamente anche degli articoli inediti. 

MAKHNO













 













 
























 














 











 




























 

[SEGUE]



[Traduzione di Ario Libert]

Link:
La Bouche de Fer [Makhno]
  
  

LINK pertinenti:

Satira libertaria. OLT

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24 maggio 2009 7 24 /05 /maggio /2009 08:00

Allo scopo di far conoscere Zo d'Axa, un interessante esponente della grande famiglia libertaria di orientamento anarchico, presentiamo  tre articoli tratti dal suo celebre giornale La Feuille che il giornalista, anzi polemista, francese scrisse in occasione delle elezioni legislative del 1898 in pieno caso Dreyfus.

Elevando la Provocazione ad arte, Zo d'Axa, propose attraverso il suo organo di informazione di candidare un asinello bianco degno di apparire nel consenso parlamentare come collega dei legislatori nazionali. La proposta, come si può leggere negli articoli presentati ebbe un grandissimo successo e fu al centro di una grande agitazione che d'Axa seppe gestire magnificamente evitando incidenti, accontentandosi di dissacrare un rito  già all'epoca percepito come osceno ed esso stesso provocatorio.


L'asino fu chiamato, molto astutamente, Nul, e cioè Nullo, di modo che i suoi sostenitori invitando a votare per lui invitavano in realtà ad annullare le schede, cioè invitavano all'annullo della scheda elettorale, in francese: annulle omofono di asino Nullo: âne Nul.

La campagna conobbe un successo enorme tanto da rimanere celebre a distanza di decenni. Gli opuscoli contenenti questi tre articoli di Zo d'Axa furono continuamente ristampati ed oggi sono facilmente reperibili in rete presso vari siti. Noi abbiamo attinto al materiale reso disponibile dall'Istituto Internazione di Storia Sociale di Amsterdam per i testi e per le illustrazioni dal blog Caricatures & caricature. Le note sono nostre e dovrebbero aiutare ad afferrare un po' meglio il contesto storico. I disegni sono di Léandre. Questo primo articolo  uscì sul su La Feuille in data 8 aprile 1898.

 

Il Candidato di “la feuille”.

 

la-feuille--01.jpgDisegno originale di Léandre per il numero di Il candidato di La Feuille del 1898.

 

 

la-feuille--le-candidat.jpg Il numero di La Feuille del 1898 in cui era proposto quale candidato NUL.

 

ALLE URNE! 

Il periodo elettorale è aperto: corse campestri, concerti, frasi e fraseggiatori- il periodo!- periodo roboante in cui scorrono tutti i motivetti ben noti.

Le note gravi dei contrabbassi opportunisti, la voce dei pifferi socialisti, il cappello cinese dei radicali che si suona con piedi e mani, dirigono l’accattivante frastuono che fa rinnovare i mandati.

È il preludio alla grande orchestra- canto e ricatti, frottole… Si suonano il Triangolo e la Croce.

Tutte le promesse suonano in campo ed il tamburo batte per la città. La pelle d’asino antisemita riunisce i figli della patria: figli di truppa e figli da coro.

Nei collegi elettorali, carillon, conservatori, l’accordo è più sconcertante: quando Marcel Sembat dà il La, André Vervoort lancia il Do.

Benché turbati, gli elettori si apprestano a riprendere il ritornello. Sotto la bacchetta dei direttori d’orchestra tutti i votaioli si metteranno a cantare. Pazienza se non cantano bene, Candidati! Ai vostri tromboni. Popolo sovrano! Attenzione… Rinnoveremo il parlamento. Uno, due! Uno, due! Popolo! Alle urne!... Sinistra, destra! È per la Repubblica! Uno, due! Sinistra, destra! A misura…

E voi, gli astensionisti! Quelli che non marciano al passo, al dito, con gli sguardacci e con il bastone- fate attenzione! La misura non vale nulla… 

 

Semplici Riserve 

Avevo sempre creduto che l’astensione era il linguaggio muto che conveniva servirsi per indicare il proprio disprezzo per le leggi e i loro creatori.

Votare, mi dicevo, è rendersi complici. Ci si assume la propria parte per le decisioni prese. Le si ratifica anticipatamente. Si fa parte della banda e della truppa.

Come rifiutarsi di inchinarsi davanti alla Cosa legiferata se si accetta il principio della legge brutale del numero?

Non votando, al contrario, sembra perfettamente logico non sottomettersi mai, resistere, vivere in rivolta.

Non si è firmato il contratto.

Non votando, si resta se stessi. Si vive come un uomo che nessun Pinco Pallino deve vantarsi di rappresentare.

Si disdegna Tortallacrema.

Soltanto così si è sovrani, perché non si è cancellato il proprio diritto, perché non si è delegato nessuno. Si è padroni del proprio pensiero, coscienti di un’azione diretta.

Si possono disdegnare le chiacchiere.

Si evita l’idiozia di far affermare il parlamentarismo e di eleggere, allo stesso tempo, i membri del parlamento.

Evito di insistere. Si perde fede nel popolo stesso: gli ultimi elettori sghignazzano.

Il contadino rinuncia a implorare. L’operaio sogna ad altri mezzi…

Nulla di buono è uscito dall’Urna.

Mai, a causa della miseria, vi sono stati così tanti suicidi. Cosa si è fatto contro la disoccupazione? Cosa non si è fatto contro il pensiero? Leggi eccezionali, leggi scellerate…

Presto, più del suffragio, sarà lo schifo ad essere universale.

Considero prudente decretare presto il famoso voto obbligatorio. Senza ciò, nel ventesimo secolo, presumo che i funzionari sarebbero i soli a risultare come elettori.

Voterebbe, in ordine, lo stato maggiore.

Voterebbero anche i magistrati, gli assistenti e gli agenti di polizia.

L’Urna, da cui nulla di buono esce, diverrebbe il vaso di Pandora- il gendarme.

 

Candidature e Candidature 

Queste osservazioni correnti e qualche altra ancora erano bastate, sinora, ad allontanarmi dal piattino dell’elemosina in cui gli eletti trovano venticinque franchi. Non avevo fatto ad alcun candidato l’elemosina richiesta di una scheda elettorale.

Avevo torto.

Ecco che si parla, molto a proposito, delle candidature dette di protesta.

Non si tratta più di nominare dei politici; i filosofi entrano in lizza [1]. L’orizzonte si apre verso il pane gratuito. Si manifesta per l’amnistia. Ci si pronuncia contro gli ebrei, si plebiscita per Dreyfus.

Eccole, le idee generali!

È finito il tempo dei programmi. Millerand mostra delle piattaforme. Non è più questione di trespoli…

La verità è in marcia. Se è stanca, prima del traguardo è bene offrirle una sedia.

Sembra che si stia per eleggere un deputato; ma è l’Idea che sta per sedersi.

 

Il Dovere dei Buoni Francesi

 

Arriva un momento in cui si capisce l’opera che potrebbe compiere un parlamento veramente democratico.

Un’ora risuonante- in genere quella in cui si pone la propria candidatura- un’ora risuonante, argentina, in cui si avverte l’urgenza della politica alla camera dei deputati. Vi sono sicuramente molte cosa da fare in seno alla camera- quel seno che non si sapeva vedere.

Dall’alto della tribuna parlamentare, le parole acquisiscono in portata. Si ripercuotono sin nei più piccoli borghi del paese.

Si commentano all’estero.

Gli stranieri spiano. Non dimentichiamolo. I buoni Francesi hanno un dovere:

Eleggere un parlamento degno di essi.

 

Degli Uomini

 

Allora si agita il problema di una rappresentanza veramente nazionale. Ma quali uomini vi sono qualificati? Quali cittadini bisogna scegliere?

Cerco tra i più grandi.

Millevoye, Dérouléde esitano… E Rochefort, meno avena selvatica, si dedica alla vita di famiglia.

C’è malgrado tutto Edouard Drumond, inflessibile come ai giovani tempi; ma il Maestro ci è sottratto da dei Cabili che non votano. Cosa è rimasto a Marsiglia in cui cantavano per lui i poeti:


I tuoi discepoli formati alla scuola del Maestro,

Non ignorano la devozione;

Su di essi nessun neo potrà mai nascere:

L’hanno promesso in un giuramento.

 

Ah! Questa promessa… ah! Questi nei… Drumond è partito lo stesso verso inquietanti Casbah.

Già l’Africa acclama il Maestro di cui tutte le donne baciano la mano. Ma sarà deputato di Algeri? È in arabo che si acclama, in spagnolo, in maltese. Vi sono dei brindisi italiani. Ve ne sono altri in maccheronico. Non si sa ancora esattamente cosa pensano gli elettori.

Tuttavia si può sperare. Il tempo è bello. La fisionomia del Maestro, la sua figura caratteristica, impressiona favorevolmente gli antisemiti chiaroveggenti. Sin dal suo primo apparire si solleva un clamore: Morte agli Ebrei!...

L’eco risponde: Viva Drumond!

Non sono che rose e fiori, banchetti in onore del Maestro. I marabutti, familiarmente, lo chiamano Sidi Cuscus.

 

Il più degno

 

La conquista di alcuni feudi elettorali da questi o quei capi di partito sarebbe d’altronde insufficiente per modificare la situazione. Si sogna piuttosto una specie di boulangismo che permetterebbe alle persone oneste di manifestare nel contempo, e senza la minima ambiguità, su tutta la superficie del paese. Si vorrebbe che un grido popolare riassumesse le aspirazioni, le rabbie, o, almeno, il disprezzo di una nazione di cui ci si è troppo beffati…

È impregnato di questo pensiero che siamo andati, nel suo rifugio, a far visita ad un Maestro a cui nessuno avrebbe mai pensato, un modesto a cui nessuno negherà il suo esatto significato.

Oggi, ho l’onore di presentare questo maestro al popolo.

Lo si chiama Mastro Aliboron [2]. Tutto ciò sia preso in considerazione. L’asino per cui sollecito il suffragio dei miei concittadini è un compare dei più graditi, un asino leale e ben ferrato. Pelo curato e fine garretto, bella voce.

Un asino, vi dico- quattro zampe e due grandi orecchie. Un asino che raglia e deve pensare, vedendo brulicare i bipedi,

 

    … i giudici, gli ufficiali giudiziari,

I clericali, i procuratori, i sergenti, i cancellieri:

Parola mia, non più di noi, l’uomo non è che una bestia!

 

Un asino non troppo intelligente, un saggio che non beve che acqua e indietreggerebbe di fronte ad un calice di vino.

A parte questo, il tipo compiuto di un deputato maggioritario.

 

Votate per lui!

 

Non mi piace adulare il popolo. Ecco il candidato che si merita. A Roma, ai tempi della decadenza, la plebe acclamava un cavallo come console.

L’asinello deve trionfare nella repubblica opportunista.

Non ho parlato di boulangismo? In bene! Sì, un boulangismo, ma senza generale con il pennacchio, senza cavallo nero decorativo:


È un asino, un asino, un asino,

È un asino che ci occorre.

 

E l’asino è pronto. Sta per correre alle riunioni. Lo si vedrà per le strade di Parigi. I suoi amici spiegheranno il suo programma e gli astensionisti stessi, per una volta, andranno a votare.

È un asino bianco.

Si chiama Nullo.

Le schede bianche, le schede annullate, conteranno infine- e saranno contate…

Da subito grandi manifesti illustreranno sui muri il manifesto del candidato.

Un comitato si costituisce: degli scrittori, degli artisti, qualche oratore dei club. Preziose collaborazioni sono state acquisite. Che i Filistei diffidino: l’Asino trotta verso palazzo Borbone.

 

Votate per Lui!!

 

Un regime si sotterra con allegria.

Sarebbe ingannarsi, in parte, credere ad uno scherzo, a qualche burla di Montmartre.

Reazionari, conservatori, socialisti disingannati, tutti gli scoraggiati di questa repubblica costituiscono una maggioranza che può, sorridendo, esprimersi.

Bisogna votare per l’asino Nullo [3].

Non facciamoci illusioni: si tenterà di impedire al nostro eletto di raggiungere la scuderia del quai d’Orsay [4]. Lo si perseguiterà forse. Il deposito comunale lo aspetta sicuramente.

Ma vedremo l’autorità di cui gode di cui godrà la nuova Camera, quando, all’oratore in preda all’effetto da tribuna, qualcuno dalle gallerie griderà:

-Basta! Chiedo la parola per il vostro collega l’Asino bianco.



NOTE:

[1] In Francese la parola lice, oltre al significato di lizza può significare anche cagna da caccia, (sarà un caso?).

[2] Aliboron è il nome che la tradizione letteraria francese associa all'asino ed è stato reso celebre dalle favole di Jean de la Fontaine

[3] L'âne nul, omofoneticamente suona allo stesso modo di annulle, cioè annullamento. L'asino bianco, quindi, era un invito ad andare a votare ed annullare le schede, visto che, giustamente, come ogni persona onesta sa, dopo ogni elezione le cose rimangono tali e quali se non peggio in quanto esse mostrano la docilità del gregge elettorale a farsi prenderer in giro ed obedire compatto.

[4] Si tratta ovviamente della celebre "stalla del Parlamento" parigina.


Link al sito dell'Istituto Internazionale di Storia Sociale:
http://www.iisg.nl/collections/zodaxa/feuilles109.php

Link al sito di Le Grenier ses Insoumis contenente l'immagine utilizzata:
http://pagesperso-orange.fr/Tresors.Oublies/LaFeuille/DAxa-Candidat.htm









 

AGLI ELETTORI







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AGLI ELETTORI

 

ELETTORI,


presentandomi ai vostri suffragi, vi devo alcune parole. Eccole:

Di vecchia famiglia francese, oso dirlo, sono un asino di razza, un asino nel buon senso della parola- quattro zampe e pelo dappertutto.

Mi chiamo Nullo, come lo sono i miei concorrenti candidati.

Sono bianco, come lo sono molte delle schede elettorali che cu si ostinava a non contare e che, ora, torneranno a me.

La mia elezione è assicurata.

Comprenderete che parlo franco.

 

             CITTADINI,


Vi si inganna. Vi si dice che l’ultima Camera composta da imbecilli e truffatori non rappresentava la maggioranza degli elettori. È falso.

Una Camera composta da deputati babbei e da deputati truccatori rappresenta, al contrario a meraviglia, gli Elettori che siete. Non protestate: una nazione ha i delegati che si merita.

Perché li avete nominati?

Non disturbatevi tra di voi, per convenire che più cambia più è la stessa cosa, che i vostri eletti si burlano di voi e non pensano che ai loro interessi, alla vanagloria o al denaro.

Perché dovreste rieleggerli domani?

Sapete molto bene che tutto un blocco di coloro che invierete a sedere in Parlamento venderanno i loro voti contro un assegno e faranno commercio di cariche, funzioni e tabaccherie.

Ma per chi l tabaccherie, i posti, le sinecure se non per i Comitati di elettori che si pagano in tal modo?

Gli addestratori dei Comitati sono meno ingenui della truppa.

La Camera rappresenta l’insieme.

Occorrono degli stupidi e dei furbacchioni, occorre un Parlamento di imbecilli e di Robert Macaire per personificare allo stesso tempo tutti i votaioli professionisti ed i proletari depressi.

E questo, siete voi!

Vi si inganna, buoni elettori, vi si beffa, vi si adula quando vi si dice che siete belli, che siete la giustizia, il diritto, la sovranità nazionale, il popolo-re, degli uomini liberi. Si raccolgono i vostri Voti ed è tutto. Non siete che dei frutti… delle Pere.

Vi si inganna ancora. Vi si dice che la Francia è sempre la Francia. Non è vero.

La Francia perde, giorno dopo giorno, ogni significato nel mondo- ogni significato liberale. Non è più il popolo coraggioso, che corre dei rischi, seminatore di idee, distruttore del culto. È una Marianna inginocchiata di fronte al trono degli autocrati. È l’autoritarismo rinascente più ipocrita che in Germania - una tonsura sotto il berretto militare.

Vi si inganna, vi si inganna incessantemente. Vi si parla di fraternità e mai la lotta per il pane è stata più aspra e mortale.

Vi si parla di patriottismo, di patrimonio sacro- a voi che non possedete nulla.

Vi si parla di probità; e sono i pirati della stampa, dei giornalisti pronti a tutto, maestri disonesti o maestri incantatori, che cantano l’onore nazionale. I sostenitori della Repubblica, i piccolo borghesi, i signorotti sono più duri verso i pezzenti dei padroni degli antichi regimi. Viviamo sotto il controllo dei caposquadra.

Gli operai debilitati, i produttori che non consumano, si accontentano di rosicchiare pazientemente l’osso senza midollo che è stato loro gettato, l’osso del suffragio universale. Ed è per delle frottole, per delle discussioni elettorali che essi muovono ancora la mandibola- la mandibola che non sa più mordere.

Quando a volte dei figli del popolo scuotono il loro torpore, essi si trovano, come a Fourmies, di fronte al nostro vigile esercito… Ed il ragionamento dei fucili mette loro del piombo in testa.

La giustizia è eguale per tutti. Gli onorevoli pieni di mazzette di Panama viaggiano in carrozza e non conoscono il calesse. Ma le manette stringono i polsi dei vecchi operai infermi che si arrestano come vagabondi!

L’ignominia dell’ora presente è tale che nessun candidato osa difendere questa Società. I politici imborghesiti, reazionari o allineati, maschere o nasi finti repubblicani, vi gridano che votando per essi, le cose andranno meglio, andranno bene. Coloro che vi hanno già preso tutto vi chiedono ancora qualcosa:

date i vostri voti, cittadini!

Gli accattoni, i candidati, i ladruncoli, i galoppini hanno tutti un modo speciale di fare e rifare il Bene pubblico.

Ascoltate i bravi operai, i medicastri del partito: vogliono conquistare il potere… allo scopo di meglio sopprimerli.

Altri invocano la Rivoluzione, e costoro si ingannano ingannandovi. Non saranno mai degli elettori che faranno la Rivoluzione. Il suffragio universale è stato creato appositamente per impedire l’azione virile. Il buffone si diverte a votare…

E poi anche se qualche evento facesse precipitare degli uomini in strada, anche con un colpo di forza, una minoranza agirebbe, cosa aspettarsi poi e cosa sperare dalla massa che vediamo brulicare- la massa vile e senza pensiero.

Andate! Andate, gente della massa! Andate elettori! Alle urne… E non lamentatevi più. Basta. Non cercate di impietosire sul destino che vi siete costruito. Non insultate, successivamente, i Padroni che vi siete dati.

Questi padroni ve li meritate, se vi rubano. Essi valgono indubbiamente di più; valgono venticinque franchi al giorno, senza contare i piccoli profitti. E va bene così:

L’Elettore non è che un candidato fallito.

Al popolo dai calzerotti lanosi, piccoli risparmi, piccole speranza, piccoli commercianti rapaci, pesante populo addomesticato, ci vuole un Parlamento mediocre che svende e che sintetizza tutta la bassezza nazionale.

Votate elettori! Votate! Il Parlamento promana da voi. Una cosa è in quanto deve esistere, perché non può essere altrimenti. Fate la Camera a vostra immagine. Il cane ritorna sul suo vomito- voi fate ritorno sui vostri deputati…

 

             CARI ELETTORI,

 

Facciamola finita. Votate per loro. Votate per me.

Sono la Bestia che occorre alla Bella Democrazia.

Votate tutti per l’asino bianco Nullo, i cui calci sono più francesi dei ragliamenti patrio tardi.

I mattacchioni, i falsi brav’uomini, il giovane partito della vecchia guardia: Vervoort, Millvoye, Drumont, Thiébaud, fior fiore di letamaio elettorale, cresceranno meglio sotto il mio escremento.

    Votate per loro, votate per me!

                      Il Pubblico Affissatore: Zo d’Axa (3 maggio 1898).

 

 

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Ascoltate l’edificante storia di un grazioso asinello bianco, candidato alla Capitale. Non è un racconto di Mamma Oca né una storia di Il Giornalino. È una storia vera per i vecchi ragazzi che ancora votano:

 

Un burricco, figlio del paese di La Fontaine e di Rabelais, un asino così bianco che il Signor Vervoot ne ha mangiato ghiottamente, tramava al gioco elettorale un mandato di legislatore. Giunto il giorno delle elezioni, questo burricco, candidato-tipo, rispondente al nome chiaro di Nullo, fece una manovra dell’ultima ora.

In una calda domenica di maggio in cui il popolo correva alle urne, l’asino bianco, il candidato Nullo, aggiogato ad un carro trionfale e trainato dagli elettori, attraversò Parigi, la sua buona città.

Ritto sulle zampe, orecchie al vento, erigendosi fiero dal veicolo tappezzato dai suoi manifesti- dal veicolo a forma d’urna! La testa alta tra il bicchiere d’acqua e il campanello presidenziale, egli passò tra le indignazioni e gli applausi ed le battute…

L’Asino vide Parigi che lo guardava.

Parigi! La Parigi che vota, la calca, il popolo sovrano ogni quattro anni… Il popolo abbastanza allocco da credere che la sovranità consista nel nominare dei padroni.

Come parcheggiati davanti ai Comuni, stavano branchi di elettori, degli inebetiti, dei feticisti che reggevano la scheda elettorale con cui dicevano: abdico.

Il Signor Tal dei Tali li rappresenterà. Li rappresenterà tanto meglio in quanto non rappresenta nessuna idea. E ci riuscirà! Si faranno delle leggi, si pareggeranno dei conti. Le leggi saranno delle catene in più, i bilanci, delle nuove imposte…

Lentamente, l’Asino percorre le strade.

Al suo passaggio, i muri si ricoprono di manifesti che membri del suo comitato aveva affisso, mentre altri distribuivano i suoi proclami alla folla:

“Riflettete, cari cittadini. Sapete che i vostri eletti vi ingannano, vi hanno ingannato e vi inganneranno- e malgrado tutto andate a votare… Votate dunque per me! Eleggete l’Asino!... Non sono più bestia di voi tutti”.

Questa franchezza, un po’ brutale, non piaceva a tutti.

-Ci insultano, urlavano gli uni.

-Si ridicolizza il suffragio universale, gridavano gli altri più giustamente.

-Lurido Ebreo!

Ma delle risate echeggiavano sonore. Si acclamava il candidato. Valorosamente l’elettore si burlava e di se stesso e dei suoi eletti. I cappelli si agitavano e così i bastoni da passeggio. Delle donne gettavano dei fiori…

L’Asino passava.

Scendeva dall’alto di Montmartre recandosi verso il Quartiere Latino. Attraversò i grandi boulevards, i grandi viali alberati, il Croissant dove si cucinano, senza sale, le notizie ordinarie vendute nei giornali. Vide le Halles, i mercati coperti, dove dei morti di fame, degli uomini del Popolo-Sovrano, frugano in cumuli di rifiuti; i Quais, i lungofiume dove degli Elettori eleggono i ponti come alloggi…

Cuore e cervello!... Era Parigi. Era questa la Democrazia!

Siamo tutti fratelli, vecchi vagabondi! Compatite il borghese” Ha la gotta… ed è vostro fratello, gente senza pane, uomo senza lavoro e madre stanca che, questa sera, rientrerete a casa vostra per morire con i figli…

Siamo tutti fratelli, giovano coscritti! È fratello tuo, l’ufficiale, laggiù, bustino da donna e fronte bassa. Saluta! Attenti! La mano nella fila… Il Codice ti spia- il Codice militare. Dodici pallottole sulla pelle per un gesto. È la tariffa Repubblicana. [1]

L’Asino arrivava davanti al Senato.

Costeggiò il Palazzo da cui il veicolò uscì tra la calca; seguì esteriormente, ahimè! i giardini troppo verdi. Poi fu la volta del boulevard Saint-Michel. Alla terrazza dei caffè, dei ragazzi battevano allegramente le mani. La folla in continua crescita si contendeva i proclami. Degli studenti si aggiogavano al carro, un professore spingeva le ruote…

Verso le tre comparvero dei poliziotti.

Dalle dieci del mattino, da ogni stazione di polizia al commissariato, il telegrafo ed il telefono segnalavano lo strano passaggio dell’animale sovversivo. L’ordine di comparizione era stato emesso: Arrestate l’Asino! E, ora, gli agenti di polizia di guardia sbarravano la strada al candidato.

Vicino a piazza Saint-Michel, il fedele comitato di Nul fu intimato dalla forza armata di ricondurre il suo cliente al commissariato più vicino. Naturalmente il Comitato passò oltre- attraversò la Senna. E presto il carro sostava davanti la Palais de Justice.

Più numerosi, gli agenti circondarono l’asino bianco, impassibile. Il Candidato era arrestato alla porta di questo Palazzo di Giustizia da cui i deputati, i corrotti, tutti i grandi ladri uscivano liberi.

 

Nella marea popolare, il carro era scosso da movimenti di rollio. Gli agenti, brigadieri in testa, avevano afferrato le stanghe e si erano passati la seccatura. Il Comitato non insisteva più: si era messo a bardare gli agenti…

Così fu lasciato l’asino bianco dai suoi più accesi sostenitori. Come un volgare politico, l’animale aveva voltato gabbana. La polizia lo scortava, l’Autorità guidava il suo Cammino… sin da quell’istante. Nullo non era che un candidato ufficiale! I suoi amici non lo riconoscevano più. La porta della Prefettura apriva i suoi largi battenti- e l’asino entro come se fosse casa sua.

…Oggi se ne parliamo è per far notare al popolo, popolo di Parigi e delle Campagne, operai, contadini, borghesi, fieri Cittadini, cari Signori, è per rendere noto a tutti che l’asino bianco Nullo è stato eletto. È stato eletto a Parigi. È stato eletto in Provincia. Sommate le schede bianche e contate le schede nulle, aggiungetevi le astensioni, voti e silenzi che normalmente si riuniscono per significare o il disgusto o il disprezzo. Un po’ di statistica per piacere e constaterete facilmente che, in tutte le circoscrizioni, il signore proclamato fraudolentemente deputato non ha un quarto del suffragio. Da lì, per i bisogni della causa, questa locuzione imbecille: Maggioranza relativa- tanto varrebbe dire che, la notte fa relativamente giorno.

Così l’incoerente, il brutale Suffragio Universale che non si appoggia che sul numero- e non ha nemmeno per se stesso il numero- perirà nel ridicolo. A proposito delle elezioni di Francia, i giornali del mondo intero hanno, senza malizia, accostato i due fatti salienti della giornata:

“Sin dal mattino, verso le nove, il Signor Félix Faure andava a votare. Nel primo pomeriggio, verso le tre, l’Asino bianco era stato arrestato”.

Ho letto questa cosa in trecento giornali. L’Argus ed il Courrier de la Presse mi hanno sovraccaricato con i loro ritagli. Ce n’erano in inglese, in valacco, in spagnolo; sempre comunque capivo. –Ogni volta che leggevo Félix ero sicuro che si parlava dell’asino.




--stato-eletto--2.jpg





NOTE

[1] Zo d’Axa si riferisce all’episodio di insubordinazione di cui lui stesso trattò nel n° 4 del 17 dicembre del 1897 del suo giornale La Feuille e di cui si rese protagonista il giovane soldato Charles Hatier di stanza ad Algeri condannato al plotone di esecuzione per aver dato uno spintone ad un suo superiore [N. d. T.]
 

Zo-d-Axa--la-feuille--soldatino.jpg

Immagine tratta dal Blog Caricatures & caricature.

 

 

Documentazione relativa ai tre scritti politico-satirici scritti da Zo d'Axa per le elezioni legislative del 1898.

Il primo è una nota editoriale all'edizione della raccolta di alcuni articoli di La Feuille in volume e risale al 1900. Il secondo invece è l'introduzione ad una riedizione di un gruppo anarchico chiamato Groupe Maurice-Joyeux e risale al 2003 e consisterebbe nella ristampa di un opuscolo del 1936 che oltre a raccogliere i tre articoli di Zo d'Axa scritti per le elezioni legislative del 1898, comprendevano anche uno scritto antielettoralistico del 1878, intitolato Testa di Legno e Orecchie d'asino, dotato di due splendide illustrazioni e che presto traduremo e collocheremo in rete, scritto da un gruppo anarchico di Bel-Air, nello stesso spirito che era stato quello di Zo d'Axa.

 

[1° documento]

Nota dell’Editore.- Durante il periodo elettorale il manifesto programmatico fu realmente incollato sui muri e il giorno dello scrutino il candidato satirico attraversò realmente Parigi, da Montmartre al Quartiere Latino, fendendo la folla entusiasta o scandalizzata che manifestava rumorosamente. Viale del Palazzo, l’asino fu dovutamente arrestato dalla polizia che si sentì in obbligo di trainare il suo carro per condurlo al canile e se non vi fu allora scontri tra i sostenitori dell’Asino ed i rappresentanti dell’Ordine è per via del fatto che, come raccontarono i giornali dell’epoca, grazie al direttore di La Feuille che gridò: Non insistiamo, ora è un candidato ufficiale!

[2° documento]

Introduzione dell’edizione Maurice-Joyeux del 2003, riproposizione di un opuscolo del 1936.


Qualche parola…

 

I testi che proponiamo in extenso per il lettore nelle pagine che seguono, sono state pubblicate nell’aprile del 1936 nel n° 160 di La Brochure mensuelle diretto dal nostro compagno Bidault.

Questo grande libellista, quel “rivoltoso per temperamento”, che fu Zo d’Axa, redasse i tre primi: Le candidat di la feuille, Aux Électeurs, Il est élu, in occasione delle elezioni legislative del 1898 che si svolsero in pieno caso Dreyfus e altri scandali politico-finanziari!

Li fece apparire in La Feuille- pubblicazione di cui egli assicurava la redazione e l’apparizione “ad ogni occasione”- con la collaborazione amichevole di grandi disegnatori dell’epoca: Steinlen, Luce, Anquetin, Willette, Hermann-Paul, Léandre e Couturier.

Testi, sempre di attualità, si tratta di una vigorosa denuncia della monumentale truffa costituita dal suffragio universale. Da qui la derisione e le risate in occasione di una memorabile campagna elettorale  a Parigi, orchestrata da Zo d’Axa stesso, in favore di un candidato: un asino bianco, chiamato Nullo a giusta causa!

Quest’ultimo, simbolo dell’astensione e del rifiuto della farsa elettorale, fu portato in processione su un carro di trionfo a Parigi, da Montmartre al boulevard Saint-Michel, il giorno delle elezioni in mezzo alle risate e le battute della folla! L’arrivo degli sbirri pose fine a questa manifestazione antipatriottica del miglio gusto!

In quanto al quarto testo- Testa di Legno e Orecchie d’Asino- Fu pubblicato sotto forma di un opuscolo nel 1883 dal gruppo anarchico “Le drapeau noir de Bel-Air” [La bandiera nera di Bel-Air]. Un documento dunque… di un’epoca che nessuno qualificherebbe come eroica”.

Gruppo Maurice-Joyeux





[3° documento]

Zo-d-Axa--Groupe-Maurice-Joyeux--1936.jp

Copertina di La Brochure mensuelle [L'opuscolo mensile],  n° 160, edito nell’aprile del 1936, in cui furono riproposti i tre scritti di Zo d'axa, più un altro del 1878, Testa di Legno e Orecchie d'Asino, del Gruppo anarchico di Bel-Air.



[Traduzione di Ario Libert]

Link all'articolo presente presso l'Istituto Internazionale di storia sociale di Amsterdam:
Zo d'Axa

Considerazioni marginali del curatore del presente blog in relazione ai tre scritti di Zo d'Axa.




aliboron-copia-1.jpg

 

La fotografia rappresenta Frédéric Gérard, detto père Frédé con il suo asinello Lolo e cioè in un certo senso Aliboron, cioè il nome popolare che si dà in Francia a qualsiasi asino, come noi chiamiamo un gatto qualsiasi micio. Il simpatico vecchietto era gestore del famosissimo Lapin Agile, il cabaret posto sul colle di Montmartre, cioè di uno dei tanti punti d'incontro della Bohème parigina della Belle Epoque. Insieme al suo asinello, père Frédé aveva girovagato per anni per i quartieri di Montmartre vendendo frutta e verdure di stagione. Divenne in seguito il proprietario di un altro famoso locale Bohémien Le Zut, chiuso a causa di una mega rissa che durò un'intera notte. Diventato gestore del Lapin Agile, Frédé si dedicava anche alla vendita di pesce con il suo asinello quale fonte di integrazione dei propri guadagni. Questa pittoresca figura intratteneva la clientela cantando canzoni popolari e suonando la chitarra o il violino. Si meritò soprattutto la gratitudine dei bohémien chiudendo molto spesso più di un occhio sui loro debiti accontentandosi a mo' di saldo del debito del loro canto di accompagnamento o di qualche loro poesia, disegno o quadro.

Tornando al presente post ci chiediamo: è Lolo, l'asinello bianco descritto da Zo d'Axa nel suo scritto Il candidato di La Feuille, ad essere stato trasportato a bordo di un carro trionfale dalla collina di Montmartre sino al Boulevard Saint-Michel tra l'ilarità di una grande folla obbligando la polizia ad intervenire per ristabilire "l'ordine"? Chissà? Anche se Lolo non era bianco... ma il colore gli venne probabilmente attribuito perché appunto le schede annullate, cioè l'annulle (foneticamente: L'âne nul) era di solito una scheda elettorale su cui l'elettore non aveva apposto alcun segno.

Zo d'Axa, naturalmente, come altre centinaia di artisti versanti in cattive acque ma pieni di idee innovative, era un frequentatore del locale. Uno dei tanti quindi tra gli avventori socialisti rivoluzionari, anarchici, prostitute e ladruncoli di varia taglia e foggia. Non è assolutamente da escludersi che il popolarissimo asinello Lolo a cui gli avventori non potevano che voler bene, in parte perché ne era una loro effige sotto forma animale ed in parte perché non potendo non stimare il suo generoso proprietario non potevano non volergliene anche perché  gli era d'aiuto a sbarcare il lunario.
 

Boronali--Coucher-de-Soleil-sur-l-Adriat



Detto ciò passiamo ora ad un altro avvenimento di cui fu protagonista sempre Aliboron, cioè Lolo, questa volta con  un vero e proprio nome d'arte di Boronali, e cioè dell'anagramma del nomignolo popolare con cui si designa l'asino in Francia da secoli.

Tramonto del sole sull'Adriatico, è il titolo del quadro riportato qui sopra e appunto "dipinto" dall'asinello Aliboron ed esposto al Salon des Indépendants nel 1910. Altro celebre scherzo quindi di cui fu protagonista l'asinello di père Frédé, grazie allo spirito iconoclasta della bohème di Montmartre. La composizione attirò da una parte la disapprovazione di molti esaminatori ma anche l'approvazione di alcuni, fin ché lo scrittore Dorgèles non ne rivelò la vera origine e provenienza e cioè che il quadro era stato ottenuto attaccando un pennello alla coda di Lolo, alias Boronali, testimoni Warnod e Depaquit, il risultato fu appunto Coucher de soleil sur l'Adriatique. Il quadro fu infine venduto per la somma di 30 luigi e devoluta poi in beneficenza ad un orfanotrofio. Fine del nostro colto gossip.

Boronali-in-azione.jpg

Lolo in azione! Foto documento dello scherzo perpetrato dai Bohémiens di Montmartre alla critica artistica. Come si può vedere sul lato destro della foro, il tizio che dà da mangiare a Lolo è chiaramente il buon vecchio père Frédé. L'asinello è legato ad un albero, un pennello gli è stato legato  alla coda si può vedere chiaramente. Il neo artista non può che scodinzolare dalla gioia sia per l'attenzione e l'affetto tributatogli da tutta quella gente sia sopratutto per gli abbondanti bocconcini che sta ricevendo dai suoi numerosi mecenati.

 

 
[Note esplicative e traduzione di Ario Libert]

 


Link all'opera originale tratta dal sito dell'Istituto di Storia sociale di Amsterdam:

Nota biografica su Zo d'Axa; scritta da sua nipote Béatrice Arnac d'Axa e presente sul sito dell'Istituto di Storia Sociale di Amsterdam
Saggio di Raymond Bacholet sulla rivista creata da Zo d'Axa La Feuille (1897-1899)
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23 maggio 2009 6 23 /05 /maggio /2009 09:11
Prensentiamo un nostro primo lavoro di traduzione adatto a far conoscere una figura singolare di anarchico individualista: Zo d'Axa, di cui offriremo anche traduzioni di opere giornalistiche e letterarie sue nonché di saggi sulla sua figura e  sulle riviste ed attività giornalistiche. Tutto ciò ovviamente per contribuire a renderlo un po' più noto anche nel nostro paese in cui egli è assolutamente un emerito sconosciuto.
Zo  d'Axa





Béatrice Arnac d'Axa

Zo d'Axa nato nel 1864, da una famiglia alto borghese discendente del navigatore Gallaud de la Pérousse, nipote del fornitore di latte del Principe imperiale, figlio di un alto funzionario della Ferrovia di Orléans, studente dell'École centrale des arts et manufactures, in seguito ingegnere del municipio di Parigi. Suo zio, veterinario, incaricato dell'acquisto di stalloni arabi per il re Luigi Filippo, scrisse nel 1833 una relazione pittoresca dei suoi viaggi in Africa. Sua sorella, Marie, scultrice, molto erudita, trascorrerà molti anni in Oriente ed nel Tibet Proibito dove viaggerà vestita da uomo in compagnia di uno sherpa. Pubblicherà nel 1929 una storia del buddismo, premiato dall'Académie française, che sarà un'autorità in materia.

Dopo studi mediocri al Collège Chaptal, Zo d'Axa frequenta l'accademia militare di saint-Cyr. Eccellente cavaliere e schermidore, si arruola a 18 anni, avido di cambiamenti, nei cacciatori d'Africa. Diserta presto portando con sé la moglie del capitano! Rifugiatosi a Bruxelles, si dedica al giornalismo alle "notizie del giorno", poi diventa per un po' segretario del teatro dell'Alcaza e poi dell'Eden. Rifiutando di "fare carriera" in Belgio, ma dopo avervi pubblicato un saggio poetico Au Galop (Al Galoppo), risiede a Roma, frequenta villa Medici, dove incontra dei pittori dell'epoca: Vanutelli, Montald, Biséo, ecc., per i quali poserà spesso. Diventa il cronista attratto dal giornale L'Italie, responsabile della critica d'arte. Nel 1889, l'amnistia gli permette di rientrare in Francia dopo otto anni di assenza e di viaggi costellati da molte avventure sentimentali; è un ardente!

Negli anni 90, l'anarchismo non può che svilupparsi. La povertà, la miseria sono grandi. Il popolo non è ancora anestetizzato dalle droghe, gli inquinamenti ed altre fascinazioni erotico-politico-frivole e televisive che saranno le delizie dei loro nipoti. La mano manipolatrice del potere non si è ancora abbattuta pesantemente sullo spirito umano. Le idee corrono ancora sorrette dal coraggio e dall'individualità. Zo d'Axa ne diventerà con forza uno dei suoi rappresentanti. Dà senza contare. Ci mostra l'anima del movimento. Senza essere anarchico, lo dirà egli stesso al tribunale dopo una condanna, sta semplicemente dalla parte della vittima, per l'innocente, per quello che soffre, per la giustizia, per la verità. Ultimo "moschettiere", "paladino sviato", la sua sensibilità, la perfetta padronanza della sua scrittura ci trascina, ancora oggi, a rivivere in una visione cinematografica queste pagine della nostra storia recente. Riesce a commuoverci con degli avvenimenti dimenticati...

Perquisizioni, arresti, imprigionamenti, non spezzeranno mai, al contrario, la sua energia e la sua azione. Con parole violente ma misurate, perfezionista (è capace di rifare 10 volte una frase!) in L'Endehors, il suo primo giornale, libertario e letterario, massacra letteralmente la società dall'alto in basso, senza pietà. L'En Dehors è presto perseguitato, il gestore Matha, l'autore Lecoq e d'Axa sono condannati. È la sua prima condanna. Nello stesso periodo Ravachol è arrestato. Egli lancia una sottoscrizione per i figli dei detenuti, distribuisce il denaro alle famiglie. Lo si arresta per associatore a delinquere! Il fatto di aiutare delle famiglie bisognose di persone compromesse dimostra una complicità... Imprigionato a Mazas, rifiuta di rispondere agli interrogatori o di firmare qualunque cosa. Lo si mette in isolamento. Niente visite. Niente avvocato. L'Endehors continua ad uscire. I suoi collaboratori sono suoi amici... È in una cantina vicino al boulevard Rochechouart che si è installata la redazione. C'è un organo ed a volte la compagna di Zo d'Axa, Beatrice Salvioni, viene a suonarlo.

La repressione continua. I redattori di La Révolte e di Père Peinard sono anch'essi a Mazas così come altri anarchici. In capo ad un mese, Zo d'Axa è posto in libertà provvisoria. "La nostra povera libertà, sempre provvisoria..." egli dirà. Mazas non calma nulla, la prigione è l'argomento decisivo, più virulento che mai, riprende le sue lotte. Un articolo di Jules Méry, giudicato offensivo per l'esercito, gli vale nuove persecuzioni. Esasperato, parte per Londra. Incontra Charles Malato, Matha, Louise Michel, che fu amica di suo nonno, Darien, Pouget, Malatesta, i pittori Luce, Pissaro, Whistler. Dopo alcuni mesi, parte per l'Olanda con una truppa di musicisti ambulanti. A Rotterdam, si fa reclutare su una chiatta che lo porta a Mayence attraverso il Reno. Vivra otto giorni nella Foresta Nera con dei boscaioli. Poi si reca a Milano dove capita in mezzo ad un processo contro gli anarchici. È arrestato in piena notte, alle tre. Gli si mettono le manette per condurlo a piedi al commissariato. Si rifiuta di camminare e dice ai poliziotti: "Portatemici di forza!". Zo d'Axa è espulso dall'Italia.

A Trieste, si imbarca per il Pireo con dei disertori italiani. Organizzano insieme una rivolta a bordo, "era seme di rivoltosi, ci si intendeva...", disse. Arriva in Grecia e dorme tra le rovine del Partenone. L'Oriente lo affascina. Desidera recarsi a Costantinopoli. La città lo incanta, Arrestato e poi rilasciato, abbandona Costantinopoli per Jaffa dove arriva il primo gennaio 1893. È arrestato, guardato a vista per alcune settimane. Evade durante un temporale, si rifugia al consolato del Regno Unito, per principio inviolabile, che sarà violato contro ogni regola diplomatica per riprenderlo. Incatenato è imbarcato sulla nave La Gironde" per Marsiglia. È posto ai ferri. Al suo arrivo, Zo d'Axa trascorre alcuni giorni nella prigione di Marsiglia. Trasferito a Parigi, trascorre 18 mesi a Sainte Pélagie come politico, avendo rifiutato di firmare una domande di grazia. Nel luglio del 1894 è liberato.

Pubblica De Mazas à Jérusalem (Da Mazas a Gerusalemme) che ha scritto in prigione. Successo; critiche unanimi; ci si inchina di fronte al valore e la personalità dell'opera. Jules Renard, Laurent Tailhade, Octave Mirbeau, Lucien Descaves, Georges Clémenceau, Jean de Mitty, Adolphe Retté che dice di lui "questo anarchico fuori dall'anarchia", rendono omaggio a Zo d'Axa. Indifferente agli elogi come all'infamia, i suoi collaboratori dispersi o rinnegati, ricoperto di debiti, il suo giornale muore, tace e viaggia... sino all'Affare Dreyfus. Si è a favore o contro. Quando si è coinvolto nell'affare Dreyfus, era per la giustizia, contro l'esercito, molto più che per Dreyfus stesso. Lucido, Zo d'Axa afferma: "se questo signore non fu un traditore, fu un capitano; passi..."

Il suo nuovo giornale, La Feuille, appariva "in ogni occasione". Occasioni, ve ne erano! Steinlen, Luce, Anquetin, Willette, Hermann-Paul, Léandre, Couturier lo illustrano. Vi si tratta dell'attualità del 1898 e 1899. Nessuno è risparmiato, dall'alto in basso della scala sociale. Quando si intenerisce , è per i bambini delle colonie penitenziarie. Sarà all'origine dell'abolizione dei carceri minorili. Durante le elezioni il candidato di La Feuille, un asino, portato in giro per Parigi, susciterà scandalo. Il giorno dello scrutinio, Zo d'Axa percorre la citta su di un carro trainato dall'asino bianco. Boulevard du Palais, la polizia ferma la processione che si è ingrossata di una folla numerosa e allegra. È portato alla canile municipale; chiasso; Zo d'Axa ha l'ultima parola lasciando l'asino: "La cosa non ha più importanza, ora è un candidato ufficiale!".

1900. Zo d'Axa ne ha abbastanza. Ha detto quel che aveva da dire, senza illusioni, parte di nuovo. America del Nord, del Sud, Cina, Giappone, India, Africa. refigurando il "grande reportage", invierà delle serie di articoli ad alcuni giornali in cui emergerà sempre l'assetato di giustizia. Negli Stati Uniti, andrà a visitare la vedova di Bresci che uccise il re italiano Umberto I e vivrà tra gli indiani. Ritornando, molti anni dopo, vivrà a bordo di una chiatta a seconda del caso del suo umore, dei fiumi e dei canali. Si ferma un giorno a Marsiglia e vi rimarrà sino alla sua morte volontaria e deliberata. È disincantato, ha fatto il giro del mondo, ha trovato ovunque gli uomini "cavernosamente" malvagi. Ha taciuto per 20 anni.

Molti di coloro che lo ritenevano un dilettante hanno cambiato e tradito la causa umanitaria. Lui non è cambiato e non cambierà. È refrattario a tutti i miraggi. Quello della rivoluzione sovietica "che andrà a vedere da vicino" non lo convincerà affatto. Ha creduto soltanto, un tempo, all'individuo. La sua dirittura idealista, quasi malaticcia non gli permette di integrarsi nella società così come è. Nel 1921 un errore giornalistico gli offre l'occasione di fare una messa a punto in un articolo rimasto famoso, pubblicato in Le Journal du Peuple [Il giornale del popolo]; sempre magistrale nella scrittura, aristocraticamente asociale. Perché le nostre società ed i nostri regimi sono malvagi, ci saranno sempre degli uomini molto forti, molto arditi, molto coraggiosi, molto altruisti e quasi sempre stranamente sconosciuti, per erigersi, peini di coscienza e di volontà, credendi o non credenti, per affrontare il marciume... Per amore della verità, su cui essi non gettano alcun velo quando esce dal pozzo.
 

Béatrice Arnac d'Axa


[Traduzione di Ario Libert]


LINK al post originale:
Nota biografica su Zo d'Axa presente sul sito dell'Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam.


LINK interni:
Tre articoli di Zo d'Axa del 1898 e tratti dal suo giornale La Feuille presenti sul sito dell'Istituto di Storia Sociale di Amsterdam.
Saggio di Raymond Bacholet concernente la rivista fondata da Zo d'Axa La Feuille (1897-1899), tratto dal sito Caricatures et caricature.
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16 maggio 2009 6 16 /05 /maggio /2009 14:05

Una tradizione dalle radici più profonde ed antiche dell'Homo Hierarchicus

Speriamo, sinceramente, con questo nostro blog, di poter contribuire a dare degli stimoli, senz'altro modesti anche se magari interessanti, alla comprensione del presente, sia nelle sue strutture profonde sia in quelle ideologiche, attraverso la valorizzazione di un patrimonio di riflessione storiografico e teorico molto vasto e trasversale; ma anche attraverso il dovuto risalto di reali processi di prassi emancipativa svolta da organizzazioni o movimenti autenticamente antiautoritari. Ci riproponiamo cioè di dare il giusto rilievo ad una tradizione che potremmo chiamare semplicemente quanto giustamente libertaria.

Herman GorterSiamo consapevoli che questo termine appartiene  di diritto, per più di un motivo al movimento anarchico, ma siamo anche convinti che esso possiede però anche valenze molto più ampie e complesse, tanto da essere spesso stato usato in modo inappropriato se non provocatorio ed offensivo da chi non ha nulla da condividere con la condanna al sistema classista che conosciamo con il nome generico di capitalismo, valga per tutti l'esempio l'aberrante del cosiddetto e sedicente anarco-capitalismo.

mattick01Molto spesso infatti, singole personalità o movimenti politici o ideologici, a cui magari lo stato di cose presenti non era ritenuto tanto gradito, e quindi di una gamma ideologico che può andare potenzialmente dall'estrema destra all'estrema sinistra, ha avuto modo magari di fregiarsene in un modo o in un altro. Il termine inoltre è anche molto attraente in sé in quanto si presta tranquillamente anche ad essere declinato in campo etico, filosofico, estetico, artistico, letterario, ecc. per cui ciò potrebbe facilmente generare ancor più confusione.

Liebknecht KarlIl discrimine di fondo consisterà soprattutto nel porre in dovuto rilievo i contributi sia di singole personalità nel campo dell'azione come della produzione teorica o artistica quanto quelli di movimenti politici o culturali, nel criticare e superare, in relazione ai contesti storici in cui essi operarono, l'oppressione sociale, denunciandola nei loro scritti, discorsi o azioni concrete e più in generale e molto spesso, anche nella loro stessa vita in cui tentarono di essere all'altezza dei loro sistemi di valori libertari. 

jossotIl termine tradizione vuole riferirsi quindi sia ad una continuità politico teorica che si rifletta coerentemente poi nella prassi dei singoli o di movimenti sia a contributi che abbiano supportato gli elementi qualificanti del libertarismo antiautoritario e quindi autenticamente socialista e democratico, cioè che non si impantani in vuoti e logori formalismi giuridici e demagogici come un'altra tradizione, autoritaria, sia essa collaborazionista con il sistema dominate capitalistico come le correnti socialdemocratiche oppure apparentemente anticapitalistiche, come quella staliniana o facente riferimento in qualche modo all'esperienza storica dell'Urss, ma anche alle altre forme di capitalismo di Stato congeneri come quelle dei regimi totalitari di Cina, Corea, Vietnam o Cuba per non citarne che i più noti, creatori di oppressione, gerarchie, dogmi e ideologie e che rifiutiamo proprio in nome del libertarismo.

bakuninI principi supremi del libertarismo oltre ad essere molto semplici e pochi sono spesso gli stessi di quelli milantati dalle cosiddette democrazie, cioè da quelle formazioni socioeconomiche che hanno storicamente portato alla massima perfezione, in nome della libertà, della democrazia e della solidarietà, il totalitarismo.

proudhon coloriI libertari hanno sempre denunciato e combattuto tali regimi,  indipendentemente dalla loro denominazione, denunciandone il vuoto verbalismo, retorico quanto falso e in palese contraddizione con i semplici fatti quotidiani. Hanno tentato di rendere evidente e ingiustificabile l'oppressione e soprattutto le diseguaglianze materiali tra gli esseri umani. Ancor più hanno sempre rifiutato con chiarezza di farsi complici sotto qualunque forma del sistema di dominio.

 

Tali assunti di fondo rendono quindi comprensibile come mai se il termine libertario ha un suo forte peso nella tradizione politico-culturale anarchica essa possa essere usata anche per filoni di pensiero che pur non facendone parte ne condividono questi principi qualificanti. In fin dei conti, anche se non proprio ben risaputo, nel profondo della storia umana una serie di eventi traumatici hanno determinato le aberranti realtà storiche classiste in cui gli esseri umani hanno vissuto per migliaia di anni, e continuano ancora a vivere, un'esistenza indegna di essere così chiamata.

Il libertarismo poggia infatti su considerazioni estremamente progredite, in campo politico come in quello etico-morale, che rimettono in causa l'organizzazione sociale ritenendola giustamente la principale responsabile dei mali e non certo proponendo immagini alternative e idilliache di come esse dovrebbero essere realmente affinché possano garantire una corretta ed autentica socialità.  L'immagine dell'innata malvagità del singolo essere umano, è inoltre, altrettanto giustamente denunciata come ideologicamente interessata al mantenimento dello stato di cose, a giustificazione dell'oppressione esistente.
 

Stiamo quindi parlando di una serie di indirizzi critico-ideologici facenti riferimento a figure e movimenti inquadrabili generalmente nel socialismo di matrice libertaria, cioè di quel pensiero antisistemico, di critica e denuncia del capitalismo e delle sue politiche su scala mondiale così come su scala nazionale, e di organizzazione del dissenso che consegue a questa critica stessa.

La storia del socialismo, con le sue innumerevoli ed inevitabili sfaccettature andrebbe infatti, secondo noi, specialmente dopo il miserabile affondamento del sedicente "comunismo" incarnato per la prima volta nella forma dell'Urss, setacciata attraverso la fondamentale categoria del libertarismo, la sola in grado di isolare i lasciti teorici e culturali nonché gli esempi validi storicamente a livello di prassi politica, di quanto di autenticamente socialista ci sia mai stato.

surreal--dal---l-aurora.jpgIn questa categoria dovrebbero essere inoltre sussunti tutti i concetti che hanno reso importante quest'unico punto d'approdo degno di interesse elaborato dal pensiero umano negli ultimi due secoli, l'unico cioè in grado da una parte di dare spiegazioni delle miserie umane su scala sociale e storica e allo stesso tempo di proporre rimedi plausibili e fattibili.

Il-potere-cieco--Schlichter.jpgDemocrazia, libertà, solidarietà umana, non trovano infatti che senso nell'organizzazione dei rapporti umani effettivi, sulla base di relazioni cioè che l'attuale strutturazione classista non può che falsamente ed incongruamente promettere all'infinito o millantare come potenzialmente esistenti e quindi perfettibili, addirittura ed oscenamente sostenuti in queste operazioni persino da organizzazioni che si vorrebbero "di sinistra".

Questo superamento dell'esistente già a partire dall'analisi del presente, sin d'ora, senza attendismi elettoralistici miranti unicamente a sostenere l'attuale stato di cose in nome di un impossibile miglioramento da parte del sistema politico classista, unico responsabile dello squallore esistente, è ovviamente esso stesso nient'altro che una demagogica menzogna ideologica la cui più che secolare storia è sotto gli occhi di tutti purché la si voglia vedere e conoscere e che da parte nostra ci impegneremo a denunciare e divulgare in questo blog, aiutati in ciò dai migliori contributi che potremo reperire e spesso rielaborare grazie alla rete.

È ovvio che un blog come il nostro si ripropone soprattutto di rimuovere una gravissima forma dell'oblio dell'essere, ottenuta soprattutto attraverso la scrittura della storia da parte di chi ha vinto e continua a vincere e con ciò stesso detiene oltre che ai mezzi di produzione materiale dell'esistente anche un monopolio nel campo della produzione intellettuale e scientifica. Dimenticare è infatti il più grave dei delitti di cui si possa macchiare chi denuncia l'oppressione sociale, perché come è facilmente constatabile già da una superficiale conoscenza storica, si è con ciò condannati a ripetere, o meglio risubire, gli errori ed orrori perpetrati in passato.

Allo scopo di essere quanto maggiormente possibile chiara e funzionale La Tradizione Libertaria si articolerà in numerose categorie, facendo riferimento ad esse sarà quindi possibile per il lettore, ottenere con il tempo una certa organicità argomentativa e speriamo anche un minimo di esaustività. Cercheremo di essere molto attenti nel creare un'ottima circolarità tra i singoli post grazie a link sempre aggiornati ad ogni uscita. Cercheremo inoltre di valorizzare anche il materiale di una certa validità presente in rete anche in lingua italiana sia segnalandolo attraverso link sia inserendoli nei post magari accompagnandoli con commenti più o meno brevi.

Il reperimento di materiale concernente personalità e tematiche attuali e quindi scritti recenti sono anch'essi al centro della nostra attenzione, in quanto, appunto, il nostro blog tratta sì di una tradizione, ma di una tradizione vivente e non scomparsa, per il semplice fatto che è inevitabile che periodicamente delle singole personalità o degli strati di popolazione si ribellano al presente in cui si ritrovano prigionieri nella loro stessa esistenza.

La denuncia di un'altra tradizione, diametralmente opposta a quella libertaria, e perciò camaleonticamente autoritaria, gerarchica, antidemocratica, antiumanistica, ecc., è ovviamente da noi consideratapiù che degna della massima attenzione. Come già accennato, dimenticare è tragico e condanna il futuro a ripetere più gli errori che le personalità e gli eventi virtuosi del passato ed è inoltre tra i migliori e più potenti alleati del potere.

Rosa Luxemburg 02Ogni epoca e ogni cultura verranno quindi vagliate attraverso la categoria del libertarismo a dimostrazione del suo status di opposizione controculturale dell'esistente. Eventi remoti come vicini a noi nel tempo saranno perciò riproposti a dimostrazione di come la soppressione storica sia efficacemente all'opera da parte dei custodi delle più varie ortodossie e come l'antiautoritarismo e la critica ai dogmi sia veramente una costante della storia umana recente quanto antica.

 

[Ario Libert]

 

16 maggio 2009

 

Linkografia libertaria (in continuo aggiornamento):  

Anarcopedia, multilingue. Un sito militante e con cui collaboriamo sempre volentieri.

Vis-a-vis, italiano. Importante sito in cui sono presenti numerosi scritti del grande marxologo libertario Maximilien Rubel.

Connessioni, per la lotta di classe, Italiano. Rivista cartacea e digitale, che raccoglie contributi di Bologna, Milano e Pistoia. Nata nel 2010, vicina alle posizioni consiliari, attenta alla critica dell'economia politica e all'inchiesta sociale. È per lo sviluppo di nuovi rapporti sociali nella lotta di classe, riprendendo e attualizzando le tematiche storiche consiliari. È probabilmente una delle poche realtà autenticamente marxiste e libertarie, cioè appartenenti al marxismo antibolscevico.

L'anatra di Vaucanson, Italiano, rivista di critica sociale che si serve principalmente degli strumenti teorici elaborati dalla critica del valore.

Krisis, Italiano, raccolta di numerosi articoli tradotti del movimento della Wertkritik.

Critique de la Valeur. Wertkritik, importantissimo sito di materiale internazionale, inglese, tedesco e francese con molte traduzioni in italiano, il movimento teorico detto Wertkritik (teoria del valore), si propone da più di due decenni di reinterpretare la teoria critica di Marx, soprattutto attraverso ricerche attinenti soprattutto il carattere feticistico della produzione delle merci, la dimensione astratta di ogni forma di lavoro, la distinzione tra valore e ricchezza materiale e la natura del capitale stesso considerato come soggetto automata.

Bataille Socialiste, anche in italiano, materiale interessantissimo molto spesso originale, digitalizzato con cura, soprattutto in francese e in inglese.

Smolny, francese. Sito ricchissimo di materiale storico anche molto datato ma più che importantissimo, notevole la sezione emeroteca.

Plus Loin, francese, formidabile sito ricchissimo di materiale storico di altissimo livello.

Réfractions. Recherche et expressions anarchistes, francese, rivista di ricerche ed espressioni anarchiche, numerosi saggi ben strutturati e sempre profondi.

Anarchy Archive, inglese, ricco di materiale anche digitalizzato.

La Bouche de Fer, in francese.

Centre International de Recherche sur l'Anarchie, Informazioni bibilografiche copiose da questo centro esistente sin dal 1965.

Enciyclopédie Anarchiste, francese. Edizione on line della celeberrima opera enciclopedica del 1934 curata all'epoca dai maggiori esponenti anarchici francesi.

A Contretemps, francese, Bollettino di critica bibliografica anarchica. 

Michel Bakounine, francese, Blog tematico dell'Atelier de création libertaire.
Variations. Revue internationale de Théorie critique, in francese, rivista interessantissima fortemente segnata dalla Scuola di Francoforte di cui tenta di conservare e alimentare lo spirito critico.
Divergences. Revue libertaire internationale, francese, Rivista di analisi della situazione politica, sociale, economica internazionale.
Comprendre avec Rosa Luxemburg, francese, un blog dedicato alla grande figura legata alla tragica ma illuminante esperienza storica del consiliarismo tedesco.
La Presse Anarchiste, Notevolissimo sito francofono in cui sono riprodotti i numeri delle più importanti riviste anarchiche dell'ultimo secolo e mezzo. In continuo aggiornamento.                   
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Presentazione

  • : La Tradizione Libertaria
  • : Storia e documentazione di movimenti, figure e teorie critiche dell'esistente storico e sociale che con le loro azioni e le loro analisi della realtà storico-politica hanno contribuito a denunciare l'oppressione sociale sollevando il velo di ideologie giustificanti l'oppressione e tentato di aprirsi una strada verso una società autenticamente libera.
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